di memoria, cultura e molto altro...
Ravenna, 17 Novembre 2018
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Franco Gàbici è Premio Guidarello di Giornalismo.
Giuseppe Berto, Tomasi di Lampedusa, Guido Morselli: tre storie di stupidità editoriale
All’inizio di novembre del 1958, e dunque sessant’anni fa, faceva la sua comparsa sui banconi delle librerie Il Gattopardo, il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, un nobile siciliano che aveva dedicato tutta la sua vita alla stesura del romanzo che purtroppo, però, non ebbe la soddisfazione di veder pubblicato. Tomasi, infatti, morì nel luglio del 1957 portando nella tomba la delusione cocente di illustre bocciature come spesso succede nella storia della nostra benamata letteratura, dove il successo molto spesso è legato agli umori e ai gusti dei “lettori” delle case editrici. Faccio l’esempio di Giuseppe Berto e del suo Il male oscuro che uscì da Rizzoli nel 1964 ma che rischiò grosso se non fosse intervenuto provvidenzialmente l’editore stesso, il “vecchio” Angelo, uomo di pochi studi (aveva “fatto” solo la terza elementare) ma dotato in compenso di grande fiuto.
Le cose andarono così. Berto mandò il dattiloscritto all’editore Rizzoli (“dattiloscritto”?, diranno i giovani lettori. Ma che roba è? Massì, quei fogli di carta battuti a macchina, con la mitica “Lettera 22”, tutti pieni di cancellotti e correzioni…) ma ben tre “lettori” della casa editrice fecero pollice verso. Questo libro, insomma, non s’aveva da fare. Ma a questo punto entra in scena Giancarlo Vigorelli che si reca dal vecchio Rizzoli per dirgli che era veramente un controsenso che un libro scritto da Berto, autore assai stimato nel mondo del cinema, debba essere cassato da tre oscuri “lettori”. Il “vecchio” Rizzoli, a farla corta, annusa l’affare e chiama subito il capo dei “lettori” per chiedere i nomi di quelle tre “teste di…” che avevano bocciato il libro. E il libro si stampò ed ebbe successo.
Per il povero Lampedusa, invece, non ci fu nessun “Angelo” e le cose andarono male perché Mondadori, ad esempio, gli fece sapere, con la gentilezza tipica di chi rifiuta i manoscritti, che il lavoro era sì interessante ma seppure con vivo rammarico non se ne sarebbe fatto nulla. La moglie di Tomasi, condivise la delusione del marito scrivendo sul suo diario “Refus de ce cochon de Mondadori”. Anche i nobili sanno perdere le staffe!
Poi arrivò il no di Elio Vittorini che a quei tempi dirigeva la famosa collana “I Gettoni” della Einaudi. Il romanzo è giudicato “serio e onesto”, il linguaggio però è “piuttosto vecchiotto”. Inoltre è troppo “saggistico” e pure “squilibrato” e pertanto non può essere accettato nel gotha dei “Gettoni”. E il povero Tomasi commenta amaro: “Come recensione non c’è male, ma pubblicazione niente”.
Dopo la morte di Tomasi, però, il vento cambia. La moglie Licy, infatti, riceve una telefonata dall’amico Giorgio Giargia che la informa dell’interesse per il lavoro di suo marito da parte della Feltrinelli. C’è di mezzo Giorgio Bassani che dirige la collana “I Contemporanei”. Il Bassani aveva ricevuto il dattilo da Elena Croce, figlia di Benedetto, dopo che questo (il dattilo, s’intende) era rimasto a poltrire nella portineria del palazzo romano dove aveva sede il Partito repubblicano del quale Elena era simpatizzante. Buono questo romanzo, dice Bassani e chiede a Elena informazioni sull’autore. Gli risponde che non lo sa perché il dattilo è anonimo ma secondo lei potrebbe trattarsi di una attempata zitella siciliana.
E invece era Tomasi. E fu subito successo, con tanto di Premio Strega e ben 250 mila copie vendute. Poi venne il film di Luchino Visconti e “Il Gattopardo” entrò veramente nella storia.
Pochi anni dopo si verificò un altro caso di miopia editoriale. Guido Morselli, bolognese, classe 1912, picchia e bussa alle porte degli editori coi suoi manoscritti. Macché, niente. E lui non ce la fa a sopportare tutti quegli smacchi e nel 1973 la fa finita. Poi succede che qualcuno si accorge di lui e arriva postumo il successo con “Dissipatio H.G.”, un romanzo fantascientifico che Adelphi pubblicò alcuni anni dopo la scomparsa dell’autore. “H.G.” sta per “Humani Generis” e pertanto il titolo potrebbe tradursi come “La dissoluzione del genere umano”. Forse quel titolo latino, in un mondo in cui ormai non si conosce più nemmeno l’italiano, avrà sicuramente spaventato. Un saggio di Linda Terziroli e Silvio Raffo definisce Morselli “Un gattopardo del nord” (Pietro Macchione Editore). Nord e Sud, dunque, hanno un loro “Gattopardo”. Mirabile esempio di “par condicio” letteraria.
Franco Gàbici
Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).
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