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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale

Ravenna, 15 febbraio 2004

 

 

 

 

 

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I Formiconi fra fantascienza e realtà
Secondo recenti studi pare proprio che siano esistiti sulla Terra insetti giganti...

I formiconi sono esistiti per davvero. Li ricordo benissimo in quel famoso film di fantascienza che si intitolava "Assalto alla terra" (titolo originale "Them!"), anno 1954. Il regista Gordon Douglas, quello dell`"Avamposto degli uomini perduti" e di "Nevada Smith", per fare alzare l'adrenalina al pubblico seduto in sala inventò per l'occasione dei formiconi che avevano raggiunto la stazza di un ippopotamo a causa delle pericolose "radiazioni", una parola magica che aveva fascino e che faceva paura, un po' come "gnomone" o "simonia" nei "Dubliners" del vecchio Joyce.
Avevo undici anni all'epoca e già andavo interessandomi di faccende atomiche perché da grande sarei diventato un grande fisico che avrebbe risolto i problemi dell'umanità. In tutti i film di fantascienza, infatti, c'era sempre il fisico che cavava le castagne dal fuoco, indossava il camice bianco, gli occhiali di tartaruga e la solita sberlona di ragazza che alla fine cadeva inevitabilmente fra le sue braccia: ah, fare il fisico era sicuramente il mestiere più bello del mondo, con gli occhiali sul naso e le belle donne ai piedi. Poi, invece, la vita ti confeziona ben altre storie e il tempo vola via che è una bellezza e manco te ne accorgi, ti corichi la sera con la testa piena di sogni e con la preoccupazione di essere interrogato e ti alzi al mattino che sei già adulto o, peggio ancora, vecchio il che vuol dire che il tempo è un cane randagio che non si fa imbrigliare da nessun guinzaglio e che va dove vuole. Quando penso al tempo non cavo fuori la solita storia che citano tutti, quella di Sant'Agostino tanto per capirci, che dice più o meno così, cos'è il tempo, se nessuno me lo chiede lo so, se qualcuno me lo chiede non lo so e credo che avesse proprio ragione, ma io voglio invece ricordare Ennio Flaiano che così scriveva: "Il mio sofisma preferito è che soltanto gli orologi fermi; o comunque guasti, hanno idea esatta del tempo. E lo dimostrerò: abbiasi un orologio fermo, per esempio, alle ore 8, e si consideri un qualsiasi parallelo, per esempio l'equatoriale: ora, tutti i punti di questa linea si troveranno, incessantemente, uno alla volta alle ore 8: il che dimostra come quest'ora esista sempre".
Ma lasciamo il tempo e torniamo ai formiconi, che io credevo appartenessero soltanto al mondo della fantascienza e invece la notizia che ho letto su "La Stampa" del 6 febbraio demolisce questa mia convinzione perché parla di insetti giganti vissuti sul nostro pianeta non so mai quanti milioni di anni fa, quando apostrofare uno con la frase "sei un verme" non era per niente offensivo perché i vermi a quel tempo erano dei marcantoni lunghi più di un metro e anche l'allegra combriccola degli scorpioni, dei coleotteri, dei lepidotteri, dei ditteri e di tutto lo schifame insettivoro poteva vantare le dimensioni del gatto di casa per via di certe scorpacciate di ossigeno che, a detta degli esperti, avevano per così dire gonfiato le loro dimensioni.
Pensando a questi formiconi ippopotameschi mi è venuto fatto di immaginare che se a quei tempi Kafka avesse scritto le "Metamorfosi" il racconto avrebbe avuto sicuramente una impostazione diversa perché Gregor Samsa (il nome del protagonista delle "Metamorfosi" mi suggerisce un “bifronte senza capo”, che mi viene in mente proprio adesso mentre sto scrivendo, perché se non lo sapete sono un amante dell'enigmistica e sono pure amico di Stefano Bartezzaghi, e dunque il gioco potrebbe essere questo: "A Xxxxx verrà sicuramente l'xxxx" la cui soluzione sarà offerta alla fine di questa "Bollicina" tanto per suscitare nel mio lettore un po' di suspence). Dunque, dicevo che le "Metamorfosi" sarebbero state del tutto diverse perché il vecchio Samsa si sarebbe sì svegliato trasformato in uno schifoso scarafaggio, ma la sua stazza lo avrebbe indotto a sfondare la porta, poi avrebbe girovagato per tutta la casa alla ricerca del padre e una volta scovatolo lo avrebbe strangolato risolvendo in modo sbrigativo l'atavico conflitto col padre, con buona pace di Sigmund. Anche la letteratura, dunque, può essere influenzata dalle dimensioni degli insetti. Chi lo avrebbe mai pensato.

Franco Gàbici

Soluzione del gioco enigmistico: "A Samsa verrà sicuramente l'asma".
Gnomone e simonia sono citate da Joyce nel racconto che apre "Dubliners".
La citazione di Flaiano è tratta da "Autobiografia del blu di Prussia".


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 


 

 

 

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