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Ravenna,
22 Dicembre 2006
Fra Comete - non
"stelle comete" - Regali e... "E' luneri de smembar"
D itemi
voi come si fa a non parlare di comete adesso che il Natale è alle
porte.
Ma non voglio parlarvi delle comete che stanno sui presepi, ibridi
mostruosi che la gente continua a chiamare “stelle comete” (e chissà per
quanto tempo ancora dovrà scorrere l’acqua della divulgazione
scientifica perché la gente si ficchi nel cranio che le comete non si
chiamano “stelle comete”, ma “comete”!), ma voglio parlarvi dell’ultimo
scoop spaziale che ha per protagonista questi oggetti chiomati che tanto
hanno affascinato (e spaventato) l’uomo.
Avrete letto sui giornali o ascoltato alla tivù che la grande scoperta
di fine anno è questa: fra i materiali della coda della cometa Wind-2
sono state trovate molecole di carbonio, vale a dire i mattoni della
vita e pertanto si conclude che la vita sia stata portata sulla terra
dalle comete.
L’idea, per la verità, non è nuova, anzi l’ha sempre sostenuta Fred
Hoyle, l’astronomo inglese che non ha mai creduto all’ipotesi del Big
Bang e che ha sempre stupito i suoi colleghi per le sue idee fuori dalle
righe. Hoyle, che è morto alcuni anni fa, sosteneva infatti che la vita
fosse stata portata sulla terra dalle comete e credeva anche che fossero
questi corpi celesti a portare addirittura le influenze! Hoyle fu anche
un apprezzato scrittore di fantascienza e forse i suoi lavori più famosi
sono stati “La nuvola nera” e “A come Andromeda”. “La nuvola nera” fu
pubblicata in Italia da Feltrinelli con la traduzione di Luciano
Bianciardi, mentre “A come Andromeda” ha avuto il suo quarto d’ora di
celebrità grazie ad uno sceneggiato televisivo che andò in onda
all’inizio degli anni Settanta. Lo sceneggiato, che aveva nel cast Paola
Pitagora, Luigi Vannucchi e Tino Carraro, non era niente male.
Ma torniamo alle comete, che mai come in questo periodo invadono i
nostri cieli, tutti illuminati dalle lampadine natalizie per dare (così
si crede) allegria alla gente che gira impazzita per le strade col solo
scopo di svuotare il portafoglio per il rito dei regali.
I regali!
Costituiscono per la maggior parte dei casi la fiera dell’inutilità e
vanno ad arricchire il già sostanzioso patrimonio che ognuno di noi si è
costruito in casa propria e formato dal libro mai letto (mi ha regalato
questo libro, ma per chi mi ha preso?), dalla penna stilografica che
ormai non scrive più per via che l’inchiostro si è incrostato,
dall’indumento mai indossato, dal portachiavi d’argento che è diventato
tutto nero, dai vari portafortuna e da tutta una congerie di baggianate
che anno dopo anno aumentano sempre di più.
Ma l‘imperativo è regalare, sempre regalare, fortissimamente regalare. E
tutti stiamo al gioco e avvertiamo l’arrivo del Natale come un cerchio
che inesorabilmente si chiude sulle nostre frette e sul tempo che non ci
troviamo mai perché fare un regalo significa uscire di casa con
l’automobile, perdere tempo per trovare un parcheggio e poi vagabondare
per mille negozi alla ricerca della gentile commessa che ti aiuti a
risolvere il problema e soprattutto ti offra un prodotto che costi poco
ma che ti faccia fare bella figura di fronte alla persona beneficiata
che non ti dirà mai ma guarda che schifo che mi hai regalato, ma si
profonde in mille ringraziamenti della serie ma guarda è proprio quello
che desideravo oppure non dovevi disturbarti, tutte falsità perché
provate voi a non regalare nulla alle persone e vedrete che bei musi
lunghi vi troverete intorno. E allora via coi regali!
Ma torniamo alle comete.
Il ricordo rotola lontano per fermarsi all’anno scolastico 1961-62,
ultima tappa del mio liceo, quando la professoressa di scienze ci
spiegava i ritorni della Halley, una cometa famosissima che sarebbe
passata sulle nostre teste nel 1986, una data spaventosamente lontana
per noi studenti che eravamo in attesa dello spauracchio dell’esame di
maturità, questo esame che da un po’ di tempo a questa parte viene fatto
oggetto di riforme e anche in questi giorni il ministro di turno ha
annunciato la sua, si vuole rinnovare l’esame e ridare alla scuola
credibilità perché ormai la nostra scuola è allo sbando, basta leggere
le cronache di questi ultimi tempi che ci regalano perle a non finire,
dalle professoresse a luci rosse ai ragazzi legati alle sedie fino
all’ultima notizia dell’insegnante che è entrato in classe travestito da
donna.
Mah, qui ci sarebbe da parlare all’infinito, ma non guastiamo
l’atmosfera del Natale con queste tristezze. E allora Buon Natale a
tutti voi, cari amici, e anche Buon Anno. Già sono pronte le nuove
agende e stanno già per essere attaccati alle pareti i calendari. Da
tempo lungo le strade girano i venditori d’almanacchi.
Dalle nostre parti è assai diffuso un calendario, chiamato “E’ luneri di
smembar”, che vende giornate felici da almeno centocinquant’anni.
Almanacchi, almanacchi nuovi, lunari nuovi… ricordate il “venditore”
dell’operetta morale di Leopardi? Anche lui prometteva giornate felici
per soli trenta soldi, però a un certo punto del “dialogo” si legge: “Ma
questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti
male”. E non c’era nemmeno la finanziaria!
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon
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