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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale

Ravenna, 18 aprile 2004

 

 

 

 

 

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Fra "L'Isola del Tesoro" e "Il cucciolo"
Mentre fuori piove, continua inesorabilmente a piovere in questo matto aprile, ecco il ricordo del romanzo di Stevenson immaginato proprio in una giornata di pioggia e di quell'altro romanzo di Marjore Kiman Rawlings, scomparsa 50 anni fa, che ha commosso la nostra infanzia...

Piove, piove e ancora strapiove, oh se aveva ragione Eliot quando scriveva che aprile è il più crudele dei mesi; aveva proprio ragione specie se si pensa a questo aprile che sta recitando ostinatamente e ingiustamente la parte di novembre, con questa acqua che scende giù dal cielo bagnando e insultando la bella primavera che ancora stenta ad uscire.
Mentre la pioggia scende, penso che non tutte le piogge vengono per nuocere e infatti alla pioggia - lo sapevate? - dobbiamo essere in fondo riconoscenti perché grazie ad essa Robert Stevenson scrisse "L'isola del tesoro", un capolavoro della letteratura per ragazzi che poi alla fine si rivelò un capolavoro anche per gli adulti. Infatti Stevenson, che si era ritirato su di un'isola per curare la sua malferma salute e per poter dipingere all'aria aperta, durante una giornata di pioggia è costretto invece a starsene chiuso in casa e per caso si cimenta con il pennello regalando al figliastro il disegno della mappa di un'isola. Quell'isoletta dipinta in una giornata di pioggia stimolerà la fantasia di Lloyd, così si chiamava il figliastro, che pretende dal "babbastro" (si chiamerà così il padre di un figliastro? mah, fate voi) il racconto di una storia legata in qualche modo a questa isola che gli ha appena disegnato e lui, poveraccio, è costretto a inventarsi una storia che gli racconta a spizzichi e bocconi.
Succede che la storia piace assai e piace perfino agli altri componenti della famiglia e poi, come succede nelle storie, emerge dal nulla la figura del solito editore che fa la proposta di pubblicare la storia e in effetti così è, la storia esce a puntate come romanzo d'appendice, ma è composta in corpo tipografico troppo piccolo alla fine e senza nemmeno uno straccio di figura a renderlo piacevole e accattivante. Morale della favola: il fiasco è completo. Però l'Isola del tesoro aveva il destino segnato e infatti la storia verrà riproposta come strenna natalizia nell'anno di grazia 1883 e sarà grandissimo successo.
Mi piace richiamare questo romanzo perché ricordo di averlo letto, anzi riletto, alla venerabile età di quarant'anni e ne ricavai forti sensazioni e magari anche qualche emozione. Rimasi affascinato da questa storia divisa in due parti, la prima ambientata a terra e la seconda in mare alla ricerca di quest'isola, il tutto legato dall'io narrante del piccolo Jim Hawkins che si fa protagonista di una avventura archetipica che in soldoni si potrebbe tradurre nella ricerca dei tesori che sono dentro di noi e magari si potrebbe anche vedere in trasparenza alla storia certi miti rovesciati, quello di Edipo ad esempio, perché a quarant'anni mica si può leggere una storia semplicemente ma occorre deformarla e renderla più difficile, magari anche incomprensibile e toglierle quella semplicità lineare che magari avevamo colto alla prima lettura. Questo è il destino della letteratura per ragazzi e visto che siamo in tema mi piace ricordare anche il cinquantenario della morte di Marjore Kiman Rawlings (morta nel 1953).
Ma chi sarà questa Carneade?
Beh forse il nome non dirà granché, ma il suo romanzo famoso ci frarà scattare tutti sull'attenti perché ci troviamo davanti all'autrice del famoso "Il cucciolo" (nel 1946 ne fecero anche un film interpretato da un giovanissimo Gregory Peck a da Jane Wyman che poi sposò un certo Ronald Reagan, il tutto per la regia di Clarence Brown. La pellicola fu abbondantemente annaffiata dalle nostre lacrime, forse le prime della nostra vita. Che tenerezza pensare a quelle lacrime davanti a un cucciolo di cerbiatto. Veramente altri tempi).
"Il cucciolo"!
Ambientato in una Florida bucolica, il romanzo racconta anche le vicende di due famiglie, i Baxter (buoni e pacifici) e i Forrester (definiti orsi rudi e selvaggi) e di due loro figli, Jody Baxter (questo "Cucciolo" era talmente entrato nella nostra vita al punto che mia zia per molto tempo mi chiamò Jody e ancora adesso, che ha quasi novant'anni, qualche volta mia chiama ancora Jody!) e Icaro Forrester, un povero storpio che sembrava vivere di aria e di sogni.
Poi succede che il padre di Jody è morsicato da un serpente e sicuramente sarebbe morto se a qualcuno non fosse venuta l'idea di curarlo con il cuore e il fegato di un cerbiatto (non chiedetemi perché, ma la storia è proprio così) che poveretto passava da quelle parti, mors tua vita mea, d'accordo, però Jody lo vive come una colpa specie quando si rende conto che quella cerbiatta uccisa aveva lasciato un cucciolo solo e indifeso.
Eh, già, sarebbe bastato questo particolare per spargere una quantità discreta di lacrime, ma la storia continua perché il cucciolo diventa parte della famiglia ma crescendo combina solamente dei malestri, manda in malora per due volte il raccolto e vanifica tutta la fatica della famiglia e dunque alla fine l'unica soluzione sensata sarà quella di farlo fuori (ancora non c'erano gli animalisti) e qui le lacrime diventano torrenti in piena.
Ecco la storia del cucciolo sul quale abbiamo tutti lacrimato e che oggi invece farebbe ridere, ma noi che abbiamo pianto siamo anche in grado di capire che oggi quel cucciolo non era un semplice animaletto, bensì il simbolo della nostra infanzia, una "infanzia cerbiatta" impossibile da tenere a freno e in questo cerbiatto difficile da addomesticare si è consumata tutta la tragedia della nostra esistenza che altro non è se non il doloroso passaggio dall'Eden dell'infanzia alla giungla della maturità che ti fa assaporare subito il sale della vita.
Jody, dopo aver ucciso il suo cerbiatto, fugge di casa ma poi ritorna e si riconcilia col padre il quale lo esorta a restare fedele alla terra e a restare attaccato alla fatica e al lavoro (oggi un padre così si prenderebbe sicuramente una bella impallinata!). Fine della storia. E fine anche di questa bollicina suggerita dalla pioggia che cade impietosamente sulla primavera e che ricorda cuccioli e lontanissime isole del tesoro.

Franco Gàbici


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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