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Ravenna, 13 maggio 2006


 Sessanta anni fa nacque la Sisal...

  Qualcuno, con quel nome fatto così, potrebbe sicuramente scambiarlo per un pittore del Rinascimento e invece Massimo Della Pergola è stato un giornalista della “Gazzetta dello Sport”.
   Un giornalista sportivo come tanti? Nossignori.
  E’ stato un giornalista molto importante, ma purtroppo il suo nome non è molto conosciuto perché spesso succede che le invenzioni sopravvivano all’inventore. Insomma, a farla corta, Massimo Della Pergola è stato l’inventore della schedina del totocalcio (tutti conoscono la schedina, ma pochissimi Della Pergola), che si affacciò per la prima volta nel mondo dei sogni degli italiani il 5 maggio del 1946, vale a dire esattamente sessant’anni fa. Ecco perché oggi ho iniziato la Bollicina con un riferimento a Massimo Della Pergola.
  Il 5 maggio, poi, è una data illustrissima e così, a memoria, mi vengono in mente la morte di Napoleone (5 maggio 1821: Ei fu siccome immobile… ), la nascita di Kierkegaard (5 maggio 1813, a Copenaghen) e la spedizione dei Mille di Garibaldi (5/6 maggio 1860, da Quarto. I Mille in realtà erano 1088, più una donna, Rosalia Motmasson, che era la moglie di Francesco Crispi, “teorico” della spedizione). La schedina, dunque, non può di certo lamentarsi perché si trova a condividere il compleanno con altri importantissimi avvenimenti.
  Della Pergola, insieme ai colleghi Fabio Jegher e Geo Molo, aveva fondato la “Sport Italia Società A (responsabilità) Limitata”, tout court “Sisal” e la schedina fu una emanazione tant’è che gli italiani, quando andavano alla ricevitoria, dicevano: “Vado a giocare alla Sisal”. Due anni dopo, il 19 settembre 1948, il gioco diventò “totocalcio” ma mio padre diceva sempre che “andava a giocare alla Sisal”.
  Il primo montepremi di quel 5 maggio di sessant’anni fa fu di 463 mila e 146 lire, ottenuto dalle giocate di una sola colonna che aveva il costo di 30 lire. I segni convenzionali erano 1 X 2, però le partite da azzeccare erano solamente dodici (ci sono, però, due partite di riserva). Se lo aggiudicò un tale di Milano che azzeccò una schedina con cinque “1”, sei “x” e un solo “2”.
  Per quel primo gioco furono stampate 5 milioni di schedine, ma gli italiani ne giocheranno solamente 34 mila. Le schedine inutilizzate verranno poi regalate ai barbieri che le utilizzeranno per pulire i loro rasoi. La consuetudine si mantenne nel tempo e o ricordo benissimo che quando andavo dal barbiere notavo che chi si faceva “radere”, aveva su una spalla una schedina del totocalcio sulla quale di tanto il tanto il barbiere passava la lama del rasoio. E siccome quelli erano tempi sparagnini, per questa funzione veniva usata una mezza schedina! Il gioco, dunque, sembra partire col piede sbagliato e poi i giornali sono tutti indaffarati a parlare del referendum che da lì ad un mese avrebbe messo sul piatto della bilancia la Monarchia e la Repubblica. Invece ci si accorge che settimana dopo settimana la gente impazza e così va a finire che il Governo decide di “nazionalizzare” il gioco, che diventerà il “Totocalcio” gestito direttamente dal Coni.
  Molo, Della Pergola e Jegher ovviamente non ci stanno e faranno fuoco e fiamme contro il Ministero dell'Interno. Per sette anni si dibatte e a suon di carte bollate, ma alla fine i tre della Sisal restano con un palmo di naso e il Ministero non riconosce loro nemmeno la soddisfazione della loro geniale invenzione.
  I primi milionari andavano in pasto ai giornalisti e ai fotografi perché chi giocava apponeva dietro alla schedina nome, cognome e indirizzo. Nella primavera del 1947 Treviso fece registrare una vincita da capogiro: 64 milioni! Sul retro il fortunato vincitore aveva scritto la sua qualifica di “artigiano del legno” per cui uno immaginava che fosse un artista e invece fabbricava casse da morto. Probabilmente nell’ultima cassa che costruì vi chiuse dentro tutte le sue miserie e difficoltà!
  Nel gennaio del 1951 il “dodici” diventa “tredici”, magari in omaggio alla reputazione di questo numero e la locuzione “far tredici” entra trionfalmente nel lessico degli italiani.
Dal campionato 1951-52 le colonne diventarono due e la giocata arrivò al tetto delle 100 lire, poi dal campionato 2003-04 il “13” divenne “14” ma ci scommetto l’osso del collo che chi azzecca tutti i pronostici continuerà a dire: “ho fatto tredici!”.
  Massimo Della Pergola è morto lo scorso anno alla bella età di 94 anni (era nato a Trieste nel 1912). Don Bendazzi mi ha contagiato con quel suo giocare con le parole e coi numeri. E così ho fatto la somma delle due cifre che formano l’età di Della Pergola. Ne è uscito un bel “tredici”! La vita è proprio meravigliosa!

Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).

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Franco Gabici

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