di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

16 Settembre 2001

n. 1

 

Iniziano le scuole e la mandria studentesca transuma dall'universo beato delle vacanze al mondo delle sudate carte che odora di inchiostro e di matite temperate. Iniziano le scuole e mi viene in mente l'aforisma di quel simpatico dissacratore che fu Leo Longanesi, personaggio della mia terra che morì proprio nell'anno (1957) in cui varcai per la prima volta la soglia del liceo. A quei tempi non conoscevo affatto Longanesi, altrimenti avrei condiviso i suggerimenti del "clown" Hans Schnier, sicuro che i suoi genitori avevano sbagliato di grosso a mandarlo a scuola (Era stato semplicemente un errore mandarmi a scuola più a lungo di quanto sia prescritto dalla legge; persino il periodo prescritto dalla legge era già troppo per me). Longanesi, infatti, uscì con questa sua opinione: «Tutto quello che non so l’ho imparato a scuola».
È una di quelle frasi che dice tutto e che non dice niente. Un vero capolavoro di nonsense che tuttavia deve far riflettere. Potremmo lanciare la proposta di farla incidere sui portoni di tutte le scuole del mondo.
E invece le scuole sono necessarie anche se avrebbero bisogno di qualche ritocco. Il simpatico "clown", ad esempio, era convinto che ci vorrebbero più frustate nella scuola. Ma poi aggiungeva subito, per evitare che qualcuno travisasse la sua opinione: specialmente gli insegnanti dovrebbero prenderne un bel po’ di più.
E invece ti condannano a studiare per raggiungere il "pezzo di carta" e per dare la possibilità al "clown", che aveva abbandonato la scuola prima del tempo, di tenere una conversazione, nel giorno del commiato, sull’erronea convinzione che la licenza liceale sia parte integrante della beatitudine eterna.
Longanesi era di Bagnacavallo e un paese con un nome come questo potrebbe essere scambiato, come avrebbe detto Giovannino Guareschi, per il paese più disgraziato dell’universo. E invece Bagnacavallo, oltre ad aver dato i natali a Longanesi, fu patria anche di Tomaso Garzoni, uno dei più straordinari poligrafi del Cinquecento, citato anche da Umberto Eco nel suo «Pendolo di Foucault», nella cui pagina iniziale la spiegazione della formula galileiana della legge del pendolo non è proprio un capolavoro di esattezza, lasciando spazio a qualche dubbio di illegittimità. Ma nessuno, a quanto pare, sembra essersene accorto. E poi a Bagnacavllo, nel 1970, è stato girato il film di Luigi Filippo D’Amico «Il presidente del Borgorosso Football Club» interpretato da Alberto Sordi e perfino da Omar Sivori. Ma questo, state pur certi, che a scuola non lo insegneranno mai. E allora stai a vedere che aveva ragione il vecchio Leo.

Franco Gàbici

 

N.B. I corsivi sono tratti da H.Böll, «Opinioni di un clown».

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

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