A 150 Anni dalla Nascita, Giovanni Pascoli visto da molto vicino...>>
di memoria, cultura e molto altro...
Ravenna, 29 agosto 2005
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settimane
...e se i letterati
avessero anche un po' di cultura scientifica?
Da
otto anni, sul finire dell’estate, il Park Hotel di Marina di Ravenna propone un
appuntamento con la poesia, organizzato dal Centro Relazioni Culturali e dalla
Capit. Marina di Ravenna è uno dei centri di divertimento della riviera
romagnola, ma alla fine di agosto lascia tutti di stucco perché riesce a
riempire il salone dei congressi del Park Hotel con gente che evidentemente non
gliene frega più di tanto del divertimento, ma desidera soltanto ascoltare
poesia. Cose che succedono qua, direbbe Giovannino Guareschi, in questa
fettaccia di terra romagnola dove d’estate il sole picchia martellate sulle
zucche della gente, ma dove si rispetta ancora la poesia. Incredibile, davvero.
E stavolta il menù presentava Giorgio Caproni, che non sarà Dante o Petrarca, ma
che dopo tutto è stata una delle voci più alte del nostro Novecento.
I poeti, però, non costituiscono merce commestibile e per loro si verifica il
paradosso in virtù del quale tutti li conoscono di nome, ma pochissimi conoscono
invece i loro versi e così queste serate hanno il merito di squadernare alla
gente i versi di un poeta (l’altra sera c’era Raoul Grassilli a dar voce a
Caproni) non prima di aver ascoltato qualche intervento critico che introduce
nel loro mondo poetico.
E mentre ascoltavo l’intervento critico di Daniela Baroncini dell’Università di
Bologna, molto chiaro e puntuale devo dire, mi son reso conto più che mai
di come sarebbe utile che anche i letterati avessero nel loro bagaglio culturale
un po’ di cultura scientifica, non quella fatta di formule e di teoremi, ma di
concetti, perché sono convinto che ne trarrebbe non poco giovamento tutta la
critica letteraria. Nel mio piccolo ho tentato di dimostrare quanto ho sopra
affermato col mio trattatello su Gadda (“Il dolore della cognizione”, edito
dalla bontà di Luciano Simonelli) e qualche considerazione scientifica, a mio
modestissimo modo di vedere, si potrebbe applicare anche alla poetica di
Caproni, soprattutto il Caproni cantore del “nulla”. La Baroncini ha
sottolineato più volte come il nulla di Caproni non fosse da considerare un
“nulla” vuoto, ma un “nulla” vivo, un “nulla” dinamico e mentre ascoltavo queste
considerazioni mi son venute alla mente i concetti fisici del “nulla” proposti
dalla meccanica quantistica. Nel mondo quantistico succedono cose pazze alle
quali è difficile credere e uno di questi paradossi è la vitalità del nulla che
è in grado, ad esempio, di “partorire” delle particelle, riproponendo quasi un
modello di “creatio ex nihilo” di biblica memoria. Le chiamano, se non ricordo
male, fluttuazioni statistiche del nulla.
Molto interessante anche la caproniana “dialettica tra essere e inesistenza”
che, secondo la Baroncini, “si traduce sul piano stilistico nella contrazione
del verso, scolpito nel deserto della pagina bianca e come inciso nel vuoto…” e
qui ha disquisito parecchio sul “bianco” associandolo al “nulla”. Il “bianco”,
però, nella fisica classica ha la stessa vitalità del “nulla” quantistico
perché, se ricordate, il bianco non è il “nulla” bensì il riassunto di tutti i
colori dello spettro e se non ci credete ritagliate un cartoncino, dividetelo in
tanti spicchi sottili e colorate ognuno di questi spicchi con colori diversi.
Poi, terminata la vostra opera d’arte, infilzatelo con uno spillo proprio al
centro e fatelo girare vorticosamente come per incanto il disco apparirà bianco.
L’esperimento è noto come “il disco di Newton” a riprova che il “bianco” in
realtà è una faccenda molto più complessa. Certo, queste sono considerazioni
buttate lì, però mi piacerebbe che arrivassero alla Baroncini per sentire il suo
parere. Sono convinto che anche la fisica e la scienza in genere potrebbero dare
una mano alla poesia e tutti ne trarrebbero giovamento. Ma forse tutto questo è
utopia. Però non disperiamo. Le due culture, in un futuro più o meno prossimo,
potrebbero fondersi e regalarci una vera cultura, con la “c” maiuscola.
Franco Gàbici
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Gadda - Il dolore della
cognizione di
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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