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Primo titolo:
Franco Gàbici «Gadda - Il dolore della cognizione»
Una lettura scientifica dell'opera gaddiana - Isbn 88-86792-40-9

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Rubrica ad aggiornamento settimanale


 

23 febbraio 2003

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La matematica, stando ai dati statistici relativi alle iscrizioni degli studenti alla facoltà, sembra essere in crisi. Leggo questo allarme sulla prima pagina di Tuttoscienze che ogni settimana confeziona il mio amico Piero Bianucci e la notizia non può passare sotto silenzio, perché la matematica è la matematica, che diamine. Certo, poverina, la matematica ha il difetto di essere una disciplina difficile (ma anche la fisica o l’astronomia mica scherzano) e soprattutto “astratta”, perché i matematici sembrano proprio navigare alcune spanne sopra i  crani dei comuni  mortali. Aprite un libro di "analisi" o di "matematica superiore" e ve ne renderete conto immediatamente.

E poi la matematica si porta dietro un antico peccato originale che affonda le sue radici in quei problemi assurdi che terrorizzavano gli alunni soprattutto delle scuole medie inferiori. I problemi avevano quasi tutti lo stesso scenario del bagno di casa, con la sola differenza che mentre una persona normale tappava la vasca e apriva il rubinetto per poter fare il bagno, il matematico apriva il rubinetto lasciando aperto lo scarico e, infischiandosene del contatore che segna l’inutile spreco del prezioso liquido, se ne stava pensoso sul limitare della vasca a verificare entro quanto tempo si sarebbe riempita. Valli a capire i matematici! Anch’io, nel mio piccolo, mi ero fatto un’idea abbastanza strana, che fosse gente un po' così.

E invece la matematica è la base di tutto. Per i Pitagorici "tutto è numero" e il grande Leonardo da Vinci scrive che "nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienza se essa non passa per le matematiche investigazioni".

Per Galilei, inoltre, il linguaggio della natura era "matematico" e non si scopre di certo l’acqua calda se si afferma che la matematica è il linguaggio della fisica.

E la "sezione aurea" dove la mettiamo? Provate a tracciare su di un foglio di carta dei rettangoli. Tracciatene pure in quantità industriale, ma quello in cui il rapporto fra la base e l’altezza vale 0.618… è sicuramente il più bello e il più armonico. E tutto questo per via della "sezione aurea". E sapete che cos'è questa "sezione aurea"? Considerate un segmento di estremi A e B e su di esso tracciate un punto C in modo che AC risulti essere "medio proporzionale" fra l’intero segmento AB e la parte che resta CB. Se AB vale 1, la sua "sezione aurea" vale proprio 0.618 e se non ci credete risolvete la proporzione che fa riferimento a questa figura:

A--------C----------------B

 

AB = 1

AC = x

CB = 1-x

 

1:x = x:(1-x)

 

da cui uguagliando il prodotto degli "estremi" a quello dei "medi" risulta:

 

1.(1-x) = x2

 

e dunque

 

1-x = x2

 

e ordinando

 

x2 + x – 1 = 0.

 

Ma questa è una banale equazione di secondo grado che, una volta risolta e scartato il valore negativo, dà come risultato proprio 0.618…

 

Non mancano le definizioni bizzarre. Bertrand Russell, che fra l’altro era un matematico, disse che "la matematica è quella scienza nella quale non si sa di quel che si parla e non importa se quel che si dice sia vero o falso". Fate voi.

Eppure la matematica riesce ancora a dare il suggello della veridicità ai ragionamenti. Si dice, infatti, che il tal ragionamento "è matematicamente dimostrato" e dunque non ci sono dubbi.

Non tutto però è così semplice. La proprietà commutativa stabilisce che AxB è uguale a BxA e questa certezza me la sono portata appresso fino a quando non mi sono cimentato, all’università, con lo studio degli "operatori" in meccanica quantistica, dove ho imparato, con mia grande sorpresa devo dire, che l’algebra degli operatori non è commutativa e che AxB non è affatto uguale a BxA. Mah!

Però c’è una faccenda che non ho mai capito. La matematica è esattezza, è rigore, è la cartina di tornasole per verificare le certezze, però quando uno comincia a dar di matto mica si dice: "Quello, poverino, si è messo a parlare in greco o a recitare la Divina commedia…". No. Si dice invece: "Quello, poveraccio, si è messo a dare i numeri!". I "numeri", dunque, diventano il ponte che mette in comunicazione il mondo cosiddetto "normale" con l’iperuranio della pazzia. Il cerchio si chiude e giustifica forse l’antico aforisma che genio e pazzia sono sempre andati a braccetto. E in effetti chi passa il proprio tempo nella stanza da bagno per riempire la vasca nella maniera più complicata, deve avere davanti a sé già la strada tracciata. E poi, diciamocelo, un po' di pazzia non guasta mai.

Franco Gàbici

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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