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AUGURI Da Simonelli Editore



di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale

4 gennaio 2004

 

 

 

 

 

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Dopo 50 anni abbiamo la televisione che ci meritiamo
Ma
auguriamo alla nostra tivù un buon compleanno, come se fosse una vecchia zia che continuiamo a tenere in casa perché dopo tutto ci ha regalato dei momenti indimenticabili.

Mentre sto scrivendo questa "bollicina" ho la tivù accesa e da uno dei tanti programmi che da mezzo secolo vanno onorando il nostro Paese e concorrono ad elevare notevolmente il livello culturale dell'italiano medio si sta dicendo che questo 2004 sarà l'anno dei Pesci (zodiacalmente parlando, si capisce. Anzi, sarebbe meglio dire "zoticonalmente") e le conduttrici stanno pure annunciando, udite udite, che è in imminente uscita un loro libro, che andrà ad aggiungersi al nutrito parco dei best seller dei "tivu-writers" (mi son tolto lo sfizio di creare un neologismo, tanto per far qualcosa).
È sufficiente che il tuo volto sia veicolato, anche una sola volta, dagli elettroni del tubo catodico e tu sei già personaggio autorevole e vi assicuro che non sto parlando a vanvera perché un giorno, mentre passeggiavo per le strade della mia silenziosa Ravenna, ho incrociato un signore che mi ha puntato il dito contro dicendomi: "Lei l'ho visto alla televisione!". La televisione non era né la Rai, né Mediaset, bensì una tivù a diffusione regionale, ma tant'è, l'importante è comparire. Mi sono sentito famoso. Ecco cosa può la televisione, questo aggeggio micidiale che ci siamo messi allegramente in casa senza stare troppo a pensare alle conseguenze perché, lo si voglia o no, ha radicalmente cambiato la nostra vita e le nostre abitudini. Sto dicendo una serie di banalità, lo ammetto. Solamente Manlio Guberti viveva senza tivù ed era un grande.
La televisione!
Ricordate l'inizio di "Hollywood o morte?" (1956), ultimo film della copia Jerry Lewis & Dean Martin?
Dean Martin, prima dell'epifania del Fusijama contornato da una aureola di stelle che era il marchio della Paramount Vistavision, presenta la pellicola in questo modo "Questo film è dedicato a voi, a voi che siete scampati alla televisione…".
La televisione aveva messo in crisi persino il cinema e se i gestori al giovedì volevano le sale piene dovettero scendere a un compromesso e appiccicare sui manifesti dei film il cartello con su scritti che alle 21 precise il film, fosse anche nel bel mezzo della scena madre, veniva interrotto per consentire di assistere a "Lascia o raddoppia?".
Il primo quiz della serie entrò nelle nostre case il 26 novembre del 1955 anche se le case, devo dire, non erano molte, perché la televisione era roba da signori, ma per fortuna la gente si coalizzò e sospinta da quel senso della aggregazione tipico del nostro popolo nelle grandi occasioni (terremoti, disastri naturali e, in questo caso, disastri televisivi…) aderì a "collette" pur di dotare il circolo o la sala parrocchiale di questo diavolo d'una televisione. E così tutti al bar o dal prete per vedere Mike Bongiorno e senza dare soddisfazione al parente o all'amico danaroso che con vanesia misericordia metteva a disposizione il salotto di casa col duplice intento di far vedere il Mike ma di far pure crepare d'invidia i parenti poveri che non potevano permettersi il tubo catodico.
Poi arrivò il "boom" e tutti ci siamo messi in casa questo marchingegno senza immaginare nemmeno da lontano che quel parallelepipedo simbolo del progresso era in realtà un subdolo "Cavallo di Troia" al quale ingenuamente si spalancavano le porte. E tutta la famiglia si sedette al suo cospetto. In religioso silenzio.
E dopo cinquant'anni penso di poter affermare che abbiamo la televisione che ci meritiamo perché il suo schermo altro non è se non lo specchio sul quale si riflettono gli italici andazzi. C'è chi sostiene che la tivù sia condizionata dall'audience, un ragionamento che tradotto in soldoni vorrebbe dire che se i programmi sono scemi è perché la gente vuole i programmi scemi. Ma non credo che la gente sia scema. La gente, in realtà, mangia di tutto e sono certo che se la tivù avesse il coraggio di cambiare rotta ci troveremmo fra qualche anno con i programmi seri in prima serata e le "carrambe", "le poste per te" e le "lotterie di capodanno" alle due di notte. Dunque è il "cuoco" che ha paura di cambiar menù.
Ma non voglio iniziare l'anno mettendomi addosso i panni del saccente che si diverte a sparare apologhi. Auguriamo alla nostra tivù un buon compleanno, come se fosse una vecchia zia che continuiamo a tenere in casa perché dopo tutto ci ha regalato dei momenti indimenticabili. Ricordate la lunga notte dello sbarco sulla Luna? E quel fascino tutto bianco e nero come la Luna?
Ecco, se proprio lo volete sapere, a me piaceva di più quella televisione senza colore. Adesso invece hanno la mania di colorare tutto, anche i vecchi film. Vedere Stanlio e Ollio a colori è semplicemente stomachevole e Humphrey Bogart con il doppio petto blu sembra un funzionario del ministero. Bianco e nero non significa "grigio", ma significa dare spazio ai colori che sono dentro di noi. Non saprei esattamente cos'abbia inteso dire con questa frase a effetto. Mi è venuta così e così ve la passo.
E ora metto punto perché alla tivù sta per iniziare il programma…

Franco Gàbici

 


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 


 

 

 

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