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Ravenna,
21 marzo  2005


di memoria, cultura e molto altro...

rubrica ad aggiornamento settimanale
                                              



 

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Pedalando nella Primavera
Con il pensiero rivolto ai tanti letterati che hanno fatto l'elogio della bicicletta ma anche riflettendo sulle distrazioni della nostra informazione e sulla "santità" del calciatore Adriano...

La bella stagione, che finalmente sembra essere arrivata, invita alla bicicletta e pensando a questo ecologico mezzo di locomozione la mente corre ai tanti letterati che qui nella mia terra (la “solatia” Romagna) hanno pedalato. Forse, però, aveva ragione Francesco Talanti, bizzarro spirito romagnolo originario di Sant’Alberto (RA) nonché magistrale traduttore in vernacolo di alcuni canti del poema dantesco, quando commentò: “Romagna solatia…ovviamente se non piove!”. Ma torniamo alla bici. Una delle foto storiche di Alfredo Panzini ritrae lo scrittore con accanto la sua bici e anche don Francesco Fuschini ha posato con al fianco la sua bicicletta (da donna, ovviamente, come lo sono – o lo erano? – tutti i velocipedi dei preti). E poi Alfredo Oriani, che alla bicicletta ha pure dedicato un libro, edito anni fa da Longo Editore e curato dal mio amico Ennio Dirani, che da bravo cicloturista sa tutto sulla bicicletta. Devo averne parlato alcune bollicine fa. Anche Olindo Guerrini (alias Lorenzo Stecchetti) è stato un grandissimo cicloturista e fu uno dei primi presidenti del Touring Club Italiano, che quando nacque, nel 1894, si chiamava Touring Club Ciclistico Italiano e ciò giustifica come mai anche nell’attuale “logo” del sodalizio campeggi una ruota di bicicletta. L’antica anima del Tci ha il ronzio d’argento delle “razze” delle ruote. E siamo arrivati al dunque. Tutto questo bla bla, per dire che in Romagna pedalava un altro grandissimo letterato, il cesenate Renato Serra, che fu anche direttore della Biblioteca Malatestiana della sua città e che morì giusto novant’anni fa sul Podgora. Aveva appena trentun’anni e poco prima di morire aveva scritto Esame di coscienza di un letterato, e la circostanza non sfuggì all’acume dei critici militanti ai quali non parve vero di chiamare quell’opera “testamento spirutale” mentre Serra, chissà, non lo pensava affatto. Ma tant’è. Bellissime le sue riflessioni sulla guerra, le sue assurdità e la vita. “E la vita continua – scrive Serra - attaccata a queste macerie, incisa in questi solchi, appiattita fra queste rughe, indistruttibile. Non si vedono gli uomini e non si sente il loro formicolare: sono piccoli perduti nello squallore della terra; è tanto tempo che ci sono, che ormai sono tutt'una cosa con la terra. I secoli si sono succeduti nei secoli; e sempre questi branchi di uomini sono rimasti nelle stesse valli, fra gli stessi monti: ognuno al suo posto, con una agitazione e un rimescolio interminabile che si è fermato sempre agli stessi confini. Popoli razze nazioni da quasi duemila anni sono accampate fra le pieghe di questa crosta indurita: flussi e riflussi, sovrapposizioni e allagamenti improvvisi hanno a volta a volta sommerso i limiti, spazzate le plaghe, sconvolto, distrutto, cambiato. Ma così poco, così brevemente. Le orme dei movimenti e dei paesaggi si sono logorate nel confuso calpestìo delle strade; e intorno, nei campi, nei solchi, fra i sassi, la vita ha continuato eguale…”. Quella vita che per Serra “è rimasta, irriducibile nella sua animalità istintiva e primordiale, per cui la vicenda del sole e delle stagioni ha più importanza alla fine che tutte le guerre, romori fugaci, percosse sorde che si confondono con tutto il resto del travaglio e del dolore fatale nel vivere".
Ma chi ricorda più Renato Serra? Oh, intendiamoci bene, mica voglio proclamarmi difensore di alti valori né urlare come Giacomo (Leopardi, si capisce) “qua l’armi qua l’armi procomberò sol io” per difendere la nostra povera Italia. No. Era semplicemente una riflessione sulla qualità della informazione. Chi è a conoscenza, ad esempio, che il 2005 è stato dichiarato “anno mondiale della fisica”? Pochissimi, credo. In compenso tutti sono stati messi al corrente della dimostrazione di fede del calciatore Adriano che dopo aver segnato una rete ha alzato le mani al cielo e si è sollevato la maglietta per far mostrare alla platea pallonara una citazione dalla lettera dei Filippesi. E i giornalisti giù a scrivere sulla sua fede e su questo argomento ho pure letto una intervista al cardinal Tonini, che io considero un caro e vecchio amico (ci conosciamo dal 1975 e non è poco), insomma, possiamo star certi, ancora pochi gol e finirà dritto sugli altari insieme ai santi veri. Naturalmente i giornalisti hanno richiamato all’attenzione del lettore altri sportivi di provata fede, a cominciare dal nostro ex commissario tecnico della nazionale che durante le partite degli “europei” mostrava a milioni di telespettatori le sue abluzioni con l’acqua benedetta che gli aveva passato una sua sorella suora. Mah, più che fede io la chiamerei superstizione e poi, via, una fede profonda non si sposa con i conti in banca stramiliardari. I campioni della fede sono ben altri. Quelli che ho incontrato avevano la veste logora, le scarpe rotte e una dignità nella povertà che questi signori in mutande manco se la sognano e soprattutto avevano un sorriso radioso che ti indicava una strada sicura in mezzi ai rumori e alle distrazioni del mondo. E soprattutto non avevano bisogno, per dichiarare la loro fede, di sbottonarsi la tonaca per far leggere messaggi stampati sulla maglietta. Bastava la loro vita e la loro coerenza. Fine della predica.

  Franco Gàbici

   

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Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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