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Tutto scorre, tutto passa. Inesorabilmente. Come l'acqua del fiume
È bello guardarlo in tutta la sua calma azzurra ed è
bello ascoltare quel sottile brusio dell’acqua quando scorre fra le canne, unica
voce nel deserto di questa piatta pianura della bassa
Per motivi di lavoro mi reco spesso a Sant’Alberto, un paese a un tiro di sasso dalla mia città (Ravenna) famoso per aver dato i natali a Olindo Guerrini (ancorché anagraficamente nato a Forlì, Guerrini si è sempre ritenuto santalbertese in quanto la famiglia era originaria di questo straordinario paese) e per essere stato alla ribalta nazionale alcuni anni fa, con tanto di servizi televisivi, per aver dato vita al progetto “Un paese vuole conoscersi”, che è un vero esempio di mobilitazione generale di un paese alla ricerca delle sue origini e della sua storia. Il progetto, tra l’altro, era firmato da Cesare Zavattini.
Sant’Alberto è un paese che dorme sotto l’ascella del fiume Lamone e tutte le volte che vado in quel luogo mi reco sull’argine per vedere il fiume, che come una anguilla azzurra si snoda fra i campi accarezzati in questi giorni dal vento d’aprile che sa di primavera. Ma si chiedeva Cesare Angelini “che cos’è questa primavera che ci cala addosso e ci investe coi suoi fiori e odori, con la sua luce abbacinata, e con toni nuovi e indiscreti ti fruga, e accarezza e scopre? Tu cammini trasognato e sgomento, e resisti a lungo (…) vuoi essere coerente alle conquiste faticate… Ma l’effluvio dei glicini, il sole, lo sciacquio rilucente e beato delle foglie nel sole, il respiro del passante, una gonna chiara che contro le forme si sventaglia in palpiti di vento…”.
E concludeva affermando che “la primavera è una stagione difficile”, quasi in sintonia con Eliot quando scriveva che “aprile è il più crudele dei mesi”. Ma di fronte alla pazienza del fiume tutto si placa e la primavera torna ad essere una dolce stagione del cuore. Il fiume!
L’altra volta mi ero lasciato andare a considerazioni sul mare e oggi torno sul tema dell’acqua e voglio ricordare le parole di Guy de Maupassant: “Voialtri, abitanti delle strade, non sapete cosa sia il fiume. Ma ascoltate un pescatore quando pronuncia questa parola. Per lui, è la cosa misteriosa, profonda, sconosciuta, il paese dei miraggi e delle fantasmagorie, dove la notte si vedono cose che non esistono, si odono rumori sconosciuti, si trema senza saper perché, come nell’attraversare un cimitero: e infatti è il più sinistro dei cimiteri, quello in cui non ci sono tombe…”.
Così parlò Maupassant, uno scrittore che aveva l’acqua dentro di sé, canottiere e innamorato del fiume (“La mia grande, la mia sola assorbente passione, per dieci anni, fu la Senna”). E così sospinge la piroga della poesia: “La terra è angusta per il pescatore, mentre nell’ombra, quando non c’è la luna, il fiume è illimitato. Un marinaio non prova la stessa cosa per il mare. Il mare immenso è spesso duro e malvagio, è vero, ma almeno grida, urla, è leale; mentre il fiume è silenzioso e perfido. Non tuona mai, scorre sempre senza rumore, ma l’eterno movimento dell’acqua che fluisce è più spaventoso per me delle alte onde dell’oceano”. Il fiume è perfido e spaventoso come lo è il fluire del tempo, il tempo della nostra vita che si materializza nell’acqua, in questa azzurra metafora dentro la quale guizzano i ricordi. Per questo è bello guardare il fiume in tutta la sua calma azzurra ed è bello ascoltare quel sottile brusio dell’acqua quando scorre fra le canne, unica voce nel deserto di questa piatta pianura della bassa.
Chiudiamo qui la settimanale “Bollicina” non prima di aver rivolto un affettuoso pensiero alla voce di Enrico Ameri che si è spenta per sempre. Quella voce apparteneva alla stagione delle “radioline” che ti mettevano in sintonia con i riti pallonari. Il grande Enrico ha guadato il fiume ed è andato a raggiungere Carosio e Ciotti, indimenticabili colonne sonore di una stagione lontana.
Tutto scorre, tutto passa. Inesorabilmente. Come l’acqua del fiume.
Buona Pasqua.
Franco Gàbici Le citazioni di Maupassant sono tratte dal racconto “Sull’acqua”, che sta il “Racconti dell’incubo”, Torino, Einaudi, 1993, p.57.
Le riflessioni di Cesare Angelini si trovano in La stagione ispirata, un brano che si può trovare in “I frammenti del sabato”, Milano, Garzanti, 1952.
Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della
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Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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