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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

6 Gennaio 2002

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Se cercate in una enciclopedia la voce "Girolamo Segato" troverete che questo illustre sconosciuto, nato a Vadana (Belluno) nel 1792, è ricordato come esploratore e geografo che si guadagnò fama per avere redatto alcune mappe dell'Africa (in particolare, "Atlante del basso e alto Egitto" in due volumi). Segato, però, era anche chimico e come tale riuscì a ottenere un'ambra artificiale talmente trasparente che lasciava intravedere le forme e i colori dei corpi in essa racchiusi.
Ma Segato non si fermò qui, perché il Nostro si cimentò nell'arte di pietrificare i tessuti umani. Una specie di imbalsamazione super, la cui idea gli balenò probabilmente durante un suo viaggio in Egitto fra sfingi, piramidi e faraoni mummificati. Glielo faccio vedere io ai faraoni, avrà detto. E una volta tornato a casa si mise ad armeggiare con filtri ed alambicchi per realizzare il suo sogno. E ci riuscì egregiamente.
Dopo aver esercitato la sua arte su insetti e piccoli animali, Segato si interessò anche dei tessuti umani e come riusciva a ottenere dagli studenti dell'ospedale di Santa Maria Novella qualche "pezzo" di corpo umano, lui lo trasformava in pietra come fosse stato Medusa in persona. Confezionò anche un campionario delle sue "pietrificazioni" componendo un "quadro" formato da 214 organi umani in diversi stati patologici. Una vera tavola anatomica che Segato presentò all'arciduca nella speranza di ottenere qualche finanziamento per le sue ricerche. L'arciduca, invece, rimase letteralmente pietrificato da quella macabra esposizione e alla fine del colloquio non solo gli negò i quattrini, ma gli proibì di utilizzare corpi umani da ridurre in pietra anche perché il clero cominciava a mormorare e ad accusarlo di empietà chiamandolo con disprezzo "mago egiziano".
Segato fu sempre osteggiato e gli fu negata la cattedra di "chimica tecnologica" nonostante avesse promesso che nella sua veste di docente avrebbe svelato il mistero dei suoi procedimenti. Niente da fare. Qualcuno cominciò persino a dubitare dei suoi esperimenti e gli lanciò il guanto di sfida. Hic Rhodus, hic salta: se era proprio bravo in questa insolita arte, il Segato avrebbe dovuto pietrificare un corpo umano tutto intero di fronte a una platea di medici e studenti. Segato però rifiutò l'invito per timore che qualcuno potesse carpirgli il segreto.
Alcuni amici, però, per ripagarlo di queste delusioni, gli prepararono un bel battage pubblicitario ottenendo che una sua relazione fosse letta di fronte alla Società medico chirurgica di Bologna. La stessa relazione fu pubblicata in un opuscolo che si apriva con due epigrafi composte da Luigi Muzzi, a quei tempi considerato il non plus ultra degli epigrafisti.
E così la fama di Segato cominciò a diffondersi e finalmente riuscì a ottenere quello che aveva sempre desiderato, vale a dire un busto umano da pietrificare, nella fattispecie il busto di una ventenne morta "etica", alias tisica.
Intanto fu annunciata l'uscita di un "Breve" papale che concedeva a Segato la licenza di pietrificare in santa pace. Preso dall'entusiasmo per questa concessione, Segato si incise un dito e dopo aver fatto uscire sangue a sufficienza lo pietrificò e ne fece due anelli, uno dei quali donò alla poetessa Isabella Rossi. Il "Breve", però, non fu affatto... breve perché giunse tardi, quando Segato era già morto a causa di una polmonite.
Quattro mesi prima della morte, Segato aveva notato che qualcuno aveva forzato la porta del suo studio per cercare di mettere mano sulle sue formule magiche e ciò fu sufficiente per indurlo a bruciare tutte le sue carte.
Segato morì a Firenze il 3 febbraio 1836 e si racconta che moltissimi si recarono nella sua abitazione per prendere carte o lembi di vesti per ricordo. Gli furono strappati perfino la barba e i baffi.
Il giorno della morte i teatri di Firenze erano tutti vuoti in segno di lutto. Le esequie si celebrarono in Santa Croce, dove trovò sepoltura. Sulla sua tomba avrebbe fatto incidere queste parole che riassumono tutta la sua vicenda scientifica: «Qui giace disfatto Girolamo Segato da Belluno che vedrebbesi intero pietrificato se l'arte sua non periva con lui».
Tutti i suoi lavori trovarono degna sistemazione nel Museo delle scienze di Firenze, dove gli fu eretta anche una statua. Ma il destino sembrò accanirsi ancora una volta su di lui perché la sua collezione fu spazzata via dalla disastrosa alluvione di Firenze del 1966.
Sic transit gloria mundi. A questo personaggio il Belli dedicò il sonetto 1713 dal titolo "La pietra de carne". In questo dialogo tra coniugi, il marito informa la moglie Vincenza che c’è un tale di nome "Girolimo Segato" che "ha ppijjato/tanti pezzi de carne de perzone,/e ccià ffatto a Bbelluno un tavolone/tutto quanto de màrmoro allustrato". Moglie, continua il marito, perché non ce ne andiamo zitti zitti a Belluno per vedere se questo signore è capace di compiere il miracolo "d’impietritte la lingua uguale ar core?".

Franco Gàbici

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

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