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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

18 Novembre 2001

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In quell'uggioso tardo pomeriggio era strano che qualcuno suonasse alla porta della canonica per chiedere del parroco. Il paesino, infatti, non è che brillasse per la devozione dei suoi abitanti. Quella sera il parroco era in chiesa in tutt'altre faccende affaccendato e pertanto ad aprire la porta andò il vecchio genitore, che si trovò di fronte un tipo stralunato e dall'aspetto sicuramente poco normale. L'uomo che chiedeva del parroco, infatti, aveva i calzoni arrotolati sulle caviglie per evitare che le ampie pozzanghere e il fango lo inzaccherassero tutto quanto e quest'aspetto trasandato della parte terminale dei pantaloni finiva col riverberarsi su tutta la persona.
Il babbo del prete, pertanto, lo squadrò con sospetto da capo a piedi e non nascondendo tutte le sue diffidenze gli disse di attendere. Quindi, recatosi in chiesa, informò il figlio: "U i è d'là un cuntaden che ut zerca!" (Di là c'è un contadino che ti cerca).
Il parroco, allora, si portò immediatamente sulla soglia e come si trovò di fronte quell'uomo dall'aspetto un po' trasandato lo riconobbe immediatamente. Sì, era proprio lui e i due si abbracciarono.
La storia, ambientata intorno alla metà degli anni Sessanta a Porto Fuori (un paesino a un tiro di sasso da Ravenna), sarebbe banalissima se non fosse che i due protagonisti rispondono ai nomi di Giuseppe Berto e di don Francesco Fuschini. Giuseppe Berto è molto conosciuto e "ancorché limitatamente agli addettissimi ai lavori" lo è anche don Fuschini, il "pretino" amico dei letterati che in gioventù collaborò a "Il Frontespizio" e che Giuseppe Prezzolini definì il più grande scrittore cattolico vivente. Ancora più famosa è la chiesa di Porto Fuori, la "casa di Nostra Donna" ricordata da Dante: "In quel loco fu' io Pietro Damiano,/ e Pietro Peccator fu' nella casa/di Nostra Donna in sul lito adriano" (Paradiso, XXI, 121-123).
Era successo che don Fuschini aveva scritto sull'Osservatore romano una straordinaria recensione del Male oscuro e Berto, dopo averla letta, sentì il bisogno urgente di andarlo a conoscere di persona. E nacque una solidissima amicizia, tant'è che prima di darli alle stampe mandava sempre i suoi manoscritti a don Francesco, perché teneva moltissimo al suo giudizio.
Nella canonica di Porto Fuori è passato il fior fiore della letteratura italiana. Uno degli ultimi "visitatori" fu Marino Moretti, che abitava a Cesenatico e che con il "pretino" era in grande amicizia.
Ora don Francesco è chiuso nel limbo della vecchiaia, ha gli occhi sperduti nel vuoto e la canonica di Porto Fuori, senza di lui, non è più la stessa. Mi mancano le serate trascorse nella canonica con don Francesco di fronte a calde castagne e a un buon bicchiere di vino, con suo padre che fumava in silenzio il sigaro accanto alla stufa. Fuori la nebbia avvolgeva tutte le cose e il fiume portava acqua stanca al grande mare che respirava a un tiro di sasso. E noi discutevamo di letteratura. Quando ritornavo a casa pensavo che, chissà, un giorno anch'io avrei scritto qualcosa che mi avrebbe procurato fama. Ma lo spauracchio dell'ingegner Baronfo di gaddiana memoria era una stella cadente che fendeva la nebbia

Franco Gàbici

 

Questi alcuni libri di don Francesco Fuschini: L'ultimo anarchico (Girasole, 1980), Parole poverette (Rusconi, 1981), Mea culpa (Rusconi, 1990), Vita da cani e da preti (Marsilio, 1995).
L'ingegner Baronfo compare ne La Madonna dei filosofi di Carlo Emilio Gadda, un libro che consiglio vivamente di leggere.

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

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