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La
televisione fa male alla salute
Non solo per la banalità di troppi programmi ma anche per
molto, molto altro...
Se andiamo avanti di questo
passo la televisione farà la fine delle sigarette. Oh sì. Qualcuno, infatti,
prima o poi farà scrivere sull’imballaggio dei televisori, oltre alle scritte e
immagini solite di “alto” e “basso”, l’avvertimento “nuoce alla salute”.
Giorni fa, se ricordate, il ministro Sirchia ha invitato gli anziani a non
portare avanti il programma di incitrullimento generale trascorrendo ore e ore
davanti alla tivù. A rimbambir la gente ci pensa, purtroppo, madre natura, che
pertanto non ha bisogno di additivi catodici. E adesso arriva l’altra notizia la
televisione induce la sedentarietà e perciò fa male alla salute. E tutto questo
arriva a cinquant’anni esatti dal tanto strombazzato compleanno. Come regalo non
c’è male.
Naturalmente ci sono state le reazioni degli addetti, passati immediatamente al
contrattacco. Mica è vero. La tivù è uno strumento educativo, altroché. E se non
ci credete guardate il “Grande fratello” o le “Isole dei famosi”. Ma Sirchia
doveva proprio farlo, perché lo richiede il suo ruolo istituzionale, che è lo
stesso che fa difendere la salute degli italiani e al tempo stesso gli vende poi
le sigarette, dove però sul pacchetto ci sono scritte che metterebbero in
ginocchio anche un elefante. Ma la gente continua a fumare come del resto
continua a guardar la televisione, che entrò nelle nostre case una cinquantina
d’anni fa senza che a nessuno venisse il sospetto di compiere una mala azione
che avrebbe condizionato tutta la vita sociale.
La radio era sicuramente meno vincolante. Sì, lo so, sto dicendo delle banalità,
ma c’è gente (e non faccio nomi) che scrivendo banalità è riuscita pure a
ingrossare il proprio conto in banca e si è creato fama e fortuna. La radio,
dunque, lasciava più libertà e soprattutto stimolava la fantasia. La
televisione, invece, ti spiattella davanti al naso tutto quanto e la fantasia si
atrofizza.
Altra banalità.
Purtroppo la nostra televisione è quella che è, ma anche chi la critica non sa
farne a meno. Magari la si accende e non la si guarda, però fa parte ormai
dell’arredo di casa e la sua presenza viene tollerata. Molti la usano come
sonnifero e, vi assicuro, è infallibile. Chi ha problemi di insonnia eviti di
andare in farmacia a fare incetta di sonniferi. Si sieda davanti al televisore e
il sonno è garantito. Per questo motivo molta gente si fa installare
l’apparecchio anche in camera da letto.
Parlare male della televisione sta diventanto ormai uno sport nazionale, ma a
nessuno è mai venuto in mente di lasciarla spenta. Abbiamo in mano uno strumento
potentissimo che si chiama telecomando, grazie al quale possiamo letteralmente
eliminare volti e programmi, ma evidentemente non abbiamo la cultura del
telecomando e quando lo abbiamo in mano pigiamo tutti i tasti possibili per
passare in rassegna le centinaia di canali che l’etere mette a disposizione. Ah
i bei tempi quando la televisione disponeva di un solo canale!
Poi nel 1961 arrivò il secondo canale e cominciarono le liti nelle famiglie nel
nome dell’amletico dubbio “partita” o “sceneggiato”. E siccome litigare non fa
bene alla salute, il benessere ha dato una mano a risolvere il problema e così
nelle case i televisori sono diventati due, quando non sono tre o quattro…
moltiplicati come la scopa dell’apprendista stregone. E ora siamo in mano a lei
e ai suoi umori. E invece quanto sarebbe più igienico e salutare camminare e
fare sport anziché piazzarsi davanti al televisore.
Il fatto è che ci manca il tempo e ogni giorno ha sempre una occasione che ti
impedisce di vivere in mezzo alla natura. Avevo già pronte le scarpette da
ginnastica per una bella scarpinata in mezzo ai pini. Andavo già accarezzando
l’idea di riempirmi i polmoni di aria salmastra e resinosa quando mi ha assalito
il pensiero che alla televisione trasmetteranno la partita di calcio. E così
finirà che mi siederò in poltrona. Proprio davanti alla televisione. Sì, quello
strumento nocivo che da mezzo secolo è entrato nelle nostre case.
Franco Gàbici.
Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della
cognizione di
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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