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Con questa puntata sono 100
settimane che Franco Gabici regala ai lettori de
L'ISTRICE le sue deliziose
Bollicine in cui dà prova di come un autentico intellettuale possa riuscire ad
appassionare i lettori parlando di cultura senza noiosi cipigli e rivelando le
qualità di un autentico divulgatore. Grazie, Franco Gàbici. L.S.
I n principio era una bolla. Ma non una bolla qualsiasi, del tipo di quelle
che escono dalla cannuccia dopo averci soffiato dentro dell’acqua saponata, ma
una bolla di 10-35 metri di
diametro, un numero pazzo che voglio proprio scrivere, così ve ne fate un’idea
(e nel frattempo me la farò pure io), dunque 10-35 se proprio lo volete sapere vuol dire:
0,000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.01,
avete capito cosa vuol dire
questo accidenti di 10-35?
Una cosa
pazza, d’accordo, ma il nostro universo all’inizio, diciamo più o meno 15
miliardi di anni fa, era proprio fatto così e questa bolla si è comportata come
Venere che esce dalla schiuma del mare, ma in questo caso il mare è l’oscuro
mare del vuoto che però vuoto non è perché, così insegna la meccanica
quantistica, non esiste vuoto e allora avevano proprio ragione quanti
affermavano che la natura è affetta dalla sindrome dell’horror vacui e
pertanto dobbiamo rassegnarci che anche le zucche ritenute vuote non sono poi
così vuote, ma ci sta dentro sempre un po’ di sale (anche se non è facile
ammetterlo, ma la meccanica quantistica rompe i nostri tradizionali modi di
pensare), e da questo vuoto-schiuma dunque è nata quella bolla. Mi avete
seguito? Bene.
Ed ora rispondiamo a questa domanda: cosa fa, anzi "cosa potrebbe
fare" una bolla appena nata?
I casi sono due potrebbe rientrare nel suo
originario mare di vuoto oppure no. Le due possibilità erano equidistanti dalla
sua intenzione, ma ci si sono messi di mezzo i "campi scalari" (detti anche
"campi di Higgs") che l’hanno fatta lievitare in maniera un po’ esplosiva tant’è
che nel tempo record di appena 10-32
secondi (un tempo piccolissimo, d’accordo, ma ancora più breve dell’intervallo
che ci corre fra il segnale verde del semaforo e il suono del clacson del
cretino che ti sta dietro) la nostra bolla aveva già raggiunto le dimensioni di
un pompelmo. E poi via di corsa, dai pompelmi si è passato ai cocomeri e dai
cocomeri alle mongolfiere e via e via fino a questo bello schifo che è il nostro
mondo attuale.
E tutto questo perché è valido il famosissimo (nel senso che tutti lo
conoscono, ma nessuno sa cosa diavolo voglia dire) "Principio di
indeterminazione" di Werner Heisenberg che, riferito al tempo e all’energia, può
scriversi così:
dove h è la "costante di Planck" e
p è il famoso "pi greco", quello che
usualmente si adopera per calcolare la lunghezza di una circonferenza di raggio
r (2pr o l’area del cerchio da essa circoscritta,
pr2).
E se vi ho fatto fumare la cucurbita con tutta questa fisica, una ragione
c’é. Ho voluto festeggiare la mia centesima bollicina, che anche se non può
competere con quella che ha dato la scaturigine al nostro universo, è pur sempre
una "bolla", anzi una "bollicina". E anche le mie "bollicine" nascono da
"fluttuazioni" che avvengono dentro alla mia testa. Credetemi, non è facile
cavar fuori delle "bollicine" e presentarle bell’e confezionate ogni settimana.
A volte pure io sono curioso di sapere cosa ne verrà fuori e mentre mi chino
sulla tastiera seguo la danza delle falangi che produce un movimento
all’apparenza casuale. E invece niente avviene per caso, lo diceva anche Epicuro.
E anche le "bollicine" seguono questa legge ineluttabile.
Sono esagerato quando
affermo queste cose?
Mah. Per quel che mi riguarda posso dire che le "bollicine"
sono per me un bell’esercizio. Ricordo ancora la prima, anzi le prime, perché
decidemmo (l’editore Luciano Simonelli ed io) di dare inizio alla rubrica quando
si poteva disporre di una riserva. Poi col tempo si diventa sfacciati e
incoscienti e così arrivo alla fine della settimana con l’ansia di partorire una
"bollicina".
Sono stato presuntuoso a paragonare le mie "bollicine" con la "bolla"
iniziale?
Diciamo che mi è venuta così. Da tempo pensavo di commemorare la
"centesima" con una bolla grande come una mongolfiera, ma quando vuoi fare una
cosa grande ed egregia alla fine ti vien fuori una roba miserella. Come succede
alle montagne che assalite da un mal di pancia riescono a partorire solamente un
topolino e per giunta ridicolo. Parturiunt montes nascetur ridiculus mus… Lo
disse Orazio nella sua Ars poetica riprendendo una favola di Fedro.
Beh, anche per questa volta siamo arrivati alla meta.
Fuori piove ed è grigio
e io penso con un po’ di nostalgia a quella prima bollicina. Penso alla mia
bollicina come Gino Paoli pensava alla sua gatta.
"Ora non abito più là, tutto è
cambiato non abito più là, ho una casa bellissima, bellissima come vuoi tu. Ma
io ripenso a una gatta…".
In quel "ma" c’è tutta la forza struggente del
ricordo. La storia non si fa con i "ma", d’accordo, ma io non voglio fare della
storia. Voglio calcare i sentieri della memoria, che è una cosa diversa. Per
questo anch’io dico "ma" "ma" io ripenso a quella bollicina, che vide la luce il
16 settembre del 2001. Cento bollicine fa.
Franco Gàbici
La battuta del cretino che suona il clacson non è mia, ma di
Ennio Flaiano.
Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della
cognizione di
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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