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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

5 Maggio 2002

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«Ho ancora nel naso l'odore che faceva il grasso sul fucile mitragliatore arroventato»: così scriveva Mario Rigoni Stern nel suo libro di memorie "Il sergente nella neve" (1953) e doveva essere un odore robusto se gli si è conficcato in testa al punto da ricordarlo ancora molti anni dopo, quando la rotolante carovana degli anni aveva già portato lontano il cupo rumore delle battaglie.[Apro un inciso che non c'entra nulla con quello che vorrei dire con questa Bollicina, ma il mio cuore di pseudo-astronomo me lo impone. Rigoni Stern, dunque, dice anche di ricordare il quadrato di Cassiopea che gli pendeva sopra la testa, ma qui il bravo Mario deve aver confuso qualche stella, perché Cassiopea non forma un quadrato bensì una doppia V (Cassiopea è un grande evviva nel cielo!), mentre poco sotto troneggia il quadrato di Pegaso, quello sì che è un quadrato!].
Io non ho mai sparato con un fucile né ho mai fatto la guerra (però ci sono nato), eppure qualcosa di forte mi si è ficcato dentro alle coane ed è rimasto lì sopito per tanto tempo per riemergere pimpante di tanto in tanto [le coane. Ecco una parola che non fa di certo parte del lessico quotidiano, ma che io ricordo ancora benissimo perché ai tempi miei si andava a scuola per studiare e studiavano anche quelli che non si trovavano addosso particolari vocazioni allo studio - e la nostra insegnante di scienze, che si chiamava Carolina Moro, era terribile, ma oggi io so che le coane, dette anche narici interne, sono le membrane che ricoprono i tessuti interni del naso, così come so che le isole di Langerhans non sono una meta di vacanza esotica, ma stanno dentro al pancreas]. E questo qualcosa è l odore forte dell olio bruciato che si lasciavano dietro come una bava le fantastiche Mille Miglia, che proprio in questi giorni sono ritornate a rombare per le nostre strade. È il classico revival della primavera che riporta alla memoria una stagione mitica e irrimediabilmente chiusa per sempre. Eppure basta quell odore di olio bruciato per ridar corpo a fantasmi rombanti che hanno riempito le notti di maggio della mia infanzia e adolescenza.

Questa mitica corsa fa parte dei ricordi di una terra e non per nulla Federico Fellini ha inserito nel suo "Amarcord" un passaggio della corsa nel cuore della notte, perché la gara aveva il potere di coinvolgere anche quelli che non avevano nel sangue la passione dei motori.

I quotidiani sportivi riservavano pagine intere all elenco dei concorrenti, con tanto di numero di gara, perché seguire le Mille Miglia significava, soprattutto per i ragazzini, munirsi di giornale e matita e spulciare i nomi ad ogni passaggio. I numeri, neri su fondo bianco, erano dipinti sui fianchi delle auto e quando era stato individuato il nome del corridore, l'auto era già lontana. Ma il fascino era comunque indescrivibile. Ed era il fascino della notte. Già, perché le Mille Miglia attraversavano la mia città (Ravenna) a partire dalla mezzanotte, con le prime protagoniste traballanti che caracollavano sulle piccole ruotine lungo il corso principale della città e via via fino ai bolidi rossi dei campioni che irrompevano alle prime luci del giorno. E allora quell olio bruciato ha per me il sapore di quella maddalenine che un Proust «oppresso dalla giornata grigia e dalla prospettiva d'un triste domani» inzuppò nel suo tè pomeridiano. Chissà se Marcel aveva presente il passo dello "Zibaldone" in cui il grande Giacomo dice, dopo aver decantato gli effetti spirituali del suono: «E tuttavia osservate che gli odori, in grado bensì molto più piccolo, ma pure hanno una simile proprietà, risvegliando l'immaginazione ecc.» (Zibaldone, [158]).
Le Mille Miglia, l'olio bruciato e Leopardi. Strani itinerari della memoria, ma del resto dentro di noi abbiamo una complicatissima rete di neuroni attraverso la quale passa di tutto, compreso l'eterno flusso vagabondo dei ricordi. E poi ricordare è piacevole e fa pure bene alla salute. Sentite cosa scriveva Marziale: «Ampliat aetatis spatium sibi vir bonus: hoc est vivere bis, vita posse priore frui». Dunque, secondo l'opinione di questo grande poeta latino, gioire della vita passata (e dunque dei ricordi) significa niente meno che vivere una seconda vita. Per questo motivo ho ingranato la retromarcia e sono risalito fino ai tempi gloriosi delle Mille Miglia, quando l'odore dell olio bruciato si mescolava ai freschi odori della primavera e al garrire delle rondini, quando i bolidi ferivano la notte con lunghe lame di luce. Poi alle prime luci dell'alba il sogno svaniva e ci restava negli occhi e nel cuore il sapore di questa corsa che oggi viene restituita alla memoria per riproporre una delle tante pagine di quel libro che racconta il nostro come eravamo.

Franco Gàbici

 

Le citazioni sono tratte da:
M.Rigoni Stern, «Il sergente nella neve. Ricordi della ritirata in Russia», Torino, Einaudi, 1974, p.9.
G.Leopardi, «Zibaldone di pensieri»
M.Proust, «Alla ricerca del tempo perduto. La strada di Swann», Milano, Mondadori, 1970, p.46.
M.V.Marziale, «Epigrammi», X 23 7-8.

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

 

 

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