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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

11 Novembre 2001

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Alzi la mano chi ha sentito parlare di Mario Morasso! Sto scrutando l'immensa platea dei miei lettori ma non mi sembra di notare arti alzati. Ed è un peccato, perché questo Morasso è un tipo che vale la pena di essere conosciuto, soprattutto da parte di quanti si interessano delle problematiche legate alla modernità, alle macchine e a tutte quelle robe lì. E poi, vuoi mettere una citazione di Morasso nel bel mezzo di una discussione dotta! Roba da stendere l'uditorio.
Intanto diciamo che Morasso nacque a Genova nel 1871, e che dopo essersi laureato in giurisprudenza decise di fare il giornalista. Lo troviamo, infatti, redattore capo alla "Gazzetta di Venezia", che a quei tempi era diretta da Ferruccio Macola, un nome che - potete giurarlo - sarebbe rimasto in eterno nel grande dimenticatoio della storia se non fosse salito alla ribalta della cronaca per avere ucciso in duello Felice Cavallotti. Tutto questo non c'entra nulla con Morasso, ma il particolare non è da poco perché rende molto bene l'idea dei tempi in cui visse il nostro personaggio.
Morasso, che negli ultimi anni della sua vita si dedicò totalmente al giornalismo tecnico sportivo, fondò anche il settimanale "Motori, Cicli & Sports" e dal momento che i tempi stavano marciando in tutta fretta lo stesso Morasso modificò la testata inserendovi anche il termine Aero, per cui la rivista divenne "Motori, Aero, Cicli & Sports" .
Morasso è stato definito razzista, colonialista, nostalgico, militarista, codino, puritano, imperialista e reazionario, ma la cosa che stupisce è che nonostante questo poco lusinghiero palmares di virtù il Nostro fu un accanito propugnatore del mito della velocità e della macchina e sognò un mondo solo meccanico, facendosi paladino di una modernolatria che faceva a cazzotti con le sue idee reazionarie. Tant'è che sulla sua rivista ospitò un articolo di Achille de Caro dove si legge Io mi immagino l'architettura futura, quando l'aviazione sarà diventata di comune dominio, quando l'automobile aereo sarà facile, sicuro ed universale come oggi lo è la bicicletta. Da un tipo come Morasso, dunque, ci si aspetterebbe perfino la meccanizzazione della scopa delle streghe, ma poi pensi sempre alle sue idee reazionarie e allora non capisci più nulla. Ma, come recitava la chiusa di «A qualcuno piace caldo» (1959) di Billy Wilder, nessuno è perfetto e sicuramente non lo era nemmeno Morasso che in quanto al futuro la pensava proprio alla rovescia di come la pensava Samuel Butler, del quale abbiamo riferito nella precedente bollicina. Se Butler non sopportava le macchine, Morasso andava vagheggiando un futuro di macchine e automi e poco prima che Capeck uscisse con «R.U.R.» (il romanzo in cui per la prima volta compare il termine robot) scriveva: non ci sembrerà più impossibile che in un avvenire lontanissimo sia sparsa per il mondo una specie vivente, novissima e chimerica, una folla strana di individui metallici, di automi invulnerabili, mostruosi e docili, genitura vera dell'uomo e forse sua erede e continuatrice sul nostro pianeta assiderato.
Il fatto è che Morasso fu legato al futurismo e fu indicato sulla rivista sofficopapiniana "Lacerba " come precursore del marinettismo (nel senso di Filippo Tommaso Marinetti) e ancorché io diffidi non poco di gente che lancia proclami contro il plenilunio (sono un leopardiano e come tale amante di questa fase lunare), il Morasso mi ha subito incuriosito, ma ormai la bollicina è piena da scoppiare e mi dispiace assai perché Morasso è una matrice infinita di curiosità. Pensate, ha perfino scritto sulla bellezza del cannone affermando che la sua è come la linea dell'anfora e della carena, come il profilo della colonna dorica.
Considerate questo un primo assaggio. Il Morasso credo meriti qualche altra bollicina.

Franco Gàbici

 

N.B. I corsivi sono tratti da:
Achille de Caro, La conquista dell aria e la sua influenza nell arte («Motori, cicli & sports», 1 novembre 1908).

M.Morasso, La nuova arma (la macchina), Torino, Bocca, 1905 [ristampato nel 1905 da Treves].

M.Morasso, La nuova guerra/Armi-combattenti-battaglie, Milano, Treves, 1914.

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

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