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Rubrica ad aggiornamento settimanale
    

13 Gennaio 2002

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La tirannia del tempo è entrata nella storia con gli orologi e se non ci credete andate a leggervi quel passo di Aulio Gellio dove viene citata la feroce invettiva di un parassita affamato contro gli strumenti di misura del tempo. L'uomo, di fronte a un quadrante solare, si lascia andare a queste considerazioni:

Che gli dei mandino in rovina colui che per primo ha inventato le ore, e soprattutto quello che per primo ha posto qui un orologio solare!
Costui ha diviso a me misero la giornata in pezzetti.
Infatti quand'ero ragazzino il ventre era il mio unico orologio solare, di gran lunga il migliore e il più sincero di tutti codesti orologi: in un qualsiasi luogo avvertiva di mangiare, salvo quando non vi era nulla.
Ora, anche ciò che c'è, non lo si mangia, se non piace al sole; così a tal punto, ormai, la città è piena di orologi solari, e la maggior parte della gente ormai si trascina, scarna per la fame.

A quei tempi, si capisce, mancavano i secondi e i centesimi di secondo, ma ciò che stupisce è come la tirannia del tempo fosse ugualmente avvertita, proprio come la percepiamo noi oggi, uomini che stiamo vivendo nel terzo millennio con lo sguardo costantemente rivolto all'orologio. In ultima analisi, dunque, sembra che non sia cambiato proprio niente e l'uomo è sempre quello di prima.
Vi ho passato queste considerazioni sul tempo perché la leggenda dei Re Magi, che recentemente molti hanno rispolverato in occasione dell'Epifania, è in qualche modo associata alla metafora del tempo. E' una storia interessante, che si trova narrata in una edizione del Milione di Marco Polo (edita da Luigi Foscolo Fiorentino nel 1928) e che pochi conoscono. Marco, dunque, racconta che nella città di Sava erano sepolti tre vecchi saggi e che i loro corpi erano miracolosamente integri. Incuriosito, chiede spiegazioni alla gente del luogo e ne viene fuori questa storia.
In tempi lontani tre re si erano recati ad adorare un profeta appena nato portando in dono oro, incenso e mirra. I tre augusti personaggi, inoltre, non erano coetanei, ma ognuno rappresentava una diversa età: la gioventù, l'età matura e la vecchiaia.
Il primo ad avvicinarsi al profeta è il più giovane e grande è la sua sorpresa quando si trova davanti non un bimbo appena nato, ma un ragazzo della sua stessa età. E la stessa esperienza capita anche agli altri due, che si trovano di fronte un uomo della loro età.
Turbati e pensierosi i tre decidono allora di recarsi tutti insieme ad adorare il profeta e questa volta si trovano di fronte a un bimbo appena nato al quale offrono oro, incenso e mirra, mentre il bimbo ricambia il loro dono offrendo una piccola scatola chiusa.
La scatola contenava una pietra, con la quale Gesù voleva invitarli a restare saldi nella fede come pietre, ma i Magi non compresero il messaggio e gettarono la scatola in un pozzo. Immediatamente piovve dal cielo un fuoco inestinguibile, che i Magi raccolsero e conservarono dentro a una chiesa.
Scrive Mario Bussagli: Nel mostrarsi, ai Magi, con l'aspetto di quattro diverse età (infanzia, giovinezza, maturità e vecchiaia), il Cristo ripete la quadruplice incarnazione del Tempo senza confini . Chi ne volesse sapere più vada a consultare questo interessante lavoro dei due autori sui Magi.
Ricordo che nel presepio di casa mia i tre re Magi erano posti molto lontani dalla capanna e il compito di noi bimbi era quello di far loro compiere un piccolo passo ogni giorno, per portarli il 6 gennaio proprio davanti alla culla del Babino Gesù. Eravamo piccini, ma inconsapevolmente utilizzavamo i Magi come misuratori di un tempo che si materializzava in una dimensione spaziale. Spazio e tempo, dunque, erano uniti in un unicum all'interno del quale le due categorie risultavano quasi intercambiabili. Ma a quei tempi chi lo poteva sapere! Per noi bambini i Magi erano mitici personaggi che una volta all anno facevano la loro comparsa nel presepio in mezzo ad altre statuette. A noi bastava questo. A complicare le cose ci avrebbe pensato successivamente la vita (e lo studio).

Franco Gàbici

 

La citazione si trova in A.Gellio «Le notti attiche», 3.3.5.(Bologna, Zanichelli, 1985 a cura di Franco Cavazza). Aulo Gellio ricorda che il brano è citato in Boeotia, una commedia attribuita a Plauto.
L'invettiva è riportata anche in D.S.Landes «Storia del tempo. L'orologio e la nascita del mondo moderno», Milano, Mondadori, 1984.
Le considerazoni sulla metafora del tempo sono tratte da:
M.Bussagli-M.G.Chiappori «I re Magi. Realtà storica e tradizione Magica», Milano, Rusconi, 1985.

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

 

 

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