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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

25 Novembre 2001

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Venezia l'ha proprio scampata bella! Fossero andati al potere i Futuristi, infatti, l'avrebbero sistemata a dovere, alla faccia di tutti i bei discorsi sul suo salvataggio. Per i Futuristi Venezia era una città da radere al suolo, magari spargendoci sopra il sale. E i Futuristi non è che dicessero così tanto per dire, perché loro avevano anche un programma ben dettagliato. Sentite un po' come avrebbero conciato la vecchia Venezia:
«Affrettiamoci a colmare i piccoli canali puzzolenti con le macerie dei vecchi palazzi crollanti e lebbrosi».
Coi Futuristi, dunque, Venezia avrebbe mutato volto e quando loro urlavano il loro slogan «Uccidiamo il Chiaro di Luna!» pensavano proprio a questa città, «vecchia Venezia fradicia di romanticismo!».
Perfino le gondole non avrebbero avuto futuro: «Bruciamo le gondole, poltrone a dondolo per cretini, e innalziamo fino al cielo l'imponente geometria dei ponti metallici e degli opifici chiomati di fumo, per abolire le curve cascanti delle vecchie architetture».
La Luna, dunque, non si sarebbe più specchiata da sola nella laguna, ma avrebbe condiviso il tremulo specchio dell'acqua con "opifici metallici" e "ciminiere" perché il progetto futurista prevedeva la trasformazione del Canal Grande, opportunamente "allargato e scavato", in "un gran porto mercantile".
I Futuristi, dunque, avevano già immaginato Porto Marghera e la conseguente industrializzazione della città, con una Luna spaesata a passeggiare fra i tralicci. La stessa sorte è toccata anche a Ravenna, unita a Venezia dal destino e dalla storia, con la sola differenza che mentre ho visto spesso sui muri manifesti con la scritta "Salvate Venezia", non ne ho mai visti con la scritta "Salvate Ravenna". Ravenna, che un suo poeta definì «città vecchia e cogliona», ebbe comunque il suo profeta in Diego Valeri, che vi soggiornò negli anni Dieci del secolo scorso quando insegnava lettere all'Istituto tecnico. E su Ravenna scrisse pagine avveniristiche, profetizzando che sul canale Candiano (l'alter ego del Canal Grande) si sarebbero specchiate le ciminiere, mentre gli urli delle sirene avrebbero rotto il silenzio della sua pineta. E oggi Ravenna è proprio così.
Ravenna e Venezia. Città d'acqua. L'acqua è la culla della vita. Le due città non moriranno mai.

Franco Gàbici

 

Le citazioni sono tratte da:
Marinetti, Boccioni, Carrà, Russolo, "Contro Venezia passatista" (27 aprile 1910).

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

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