di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

14 Ottobre 2001

n. 1 2 3 4 5

 

Mi chiedono spesso cosa ne penso della vita nell’universo, se gli ufo esistono per davvero e se su Marte ci sono i marziani. Diciamo che sono possibilista, nel senso che, in linea di principio, se la vita esiste sulla Terra, potrebbe benissimo essersi sviluppata anche su altri pianeti simili al nostro, che disseminato nell’universo sono una infinità.
Il quesito è in realtà a coda di rondine, perché lascia spazio a due tipologie di esistenze, vale a dire la "vita vegetativa" e la "vita intelligente". Può darsi che da qualche parte dell’universo esistano batteri, mentre la certa dimostrazione che esistano esseri intelligenti (ma molto intelligenti) è fornita dalla circostanza che ancora nessuno di questi esseri sia ancora venuto fra noi. E se mai qualcuno di questi amici spaziali sbarcò nelle nostre plaghe, sicuramente deve essere scappato via dalla disperazione. Potete scommetterci.
Lo sostenne un astronomo buontempone (ma mica tanto) e la sua tesi è del tutto condivisibile. Basti pensare che tutto quello che viene trasmesso dalla nostra televisione viaggia su onde elettromagnetiche e pertanto naviga nello spazio. Telegiornali, soap opera, quiz scemi e scempiaggini varie sono diffusi nell’etere, per cui si può dire che ogni giorno mandiamo in diretta nello spazio la nostra stupidità.
Immaginate, allora, che un essere dall’intelligenza superiore alla nostra (mica ci vuole molto) capti qualche nostro programma, possibilmente uno del sabato sera. Penserà ai terrestri come esseri dalla mente assai poco sviluppata e pertanto l’incontro ravvicinato con la nostra specie sarà rimandato a tempi migliori.
E poi penso che non siamo ancora sufficientemente maturi per accettare l’idea che nell’universo esistano altri esseri simili a noi e se mai ne scoprissimo l’esistenza applicheremmo loro le nostre stupidissime categorie. Nell’universo non ha senso parlare di "alto" e di "basso", ma state pur certi che la nostra intelligenza, presa coscienza di eventuali forme di vita nell’universo, le suddividerà in due famiglie applicando ad esse una nuova forma di razzismo cosmico e pertanto chi abiterà "sotto" la nostra galassia sarà inevitabilmente bollato di "terrone cosmico".
Nel leopardiano Dialogo della terra e della luna il nostro satellite è abitato da creature infelici che non sono né uomini né bestie. E la terra chiede alla luna se lassù, con buona pace dell’Ariosto, sia finito per davvero tutto quanto l’uomo ha perduto, senno compreso. In caso che questo sia vero, dice la terra, io fo conto che tu debba essere così piena, che non ti avanzi più luogo.
Ma la luna dice che fra le sue valli e i suoi crateri non esiste nulla di tutto questo e così l’illusione che il nostro senno potesse essere a un tiro di sasso da noi sfuma.
Peccato. Saremo condannati in eterno a vivere senza senno.

Franco Gàbici

 

N.B. I corsivi sono tratti dall’operetta morale di Giacomo Leopardi «Dialogo della terra e della luna».

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

© Copyright by Simonelli Editore
Vietato copiare o linkare senza autorizzazione
Any copy or link is forbidden without permission.