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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

7 Ottobre 2001

n. 1 2 3 4

 

Dalle mie parti si usa il termine "incantato" per significare una persona "imbranata" e noi, intendo dire quelli della mia generazione, un po' "incantati" lo sono per davvero, oh sì se lo siamo. Me ne resi conto una volta, abbastanza tempo fa, mentre stavo cimentandomi, a beneficio del vispo fratellino di un amico, nel racconto de «Il lupo e i tre porcellini», una favola che mi era stata somministrata a suo tempo in dosi massicce e che io avevo accettato supinamente e acriticamente nel suo dipanarsi strutturale.
Dunque, giunto al momento cruciale della storia, racconto che mentre i tre porcellini stanno ritornando a casa allegri e giulivi il lupo cattivo sbarra loro la strada e ghignando come solamente un lupo cattivo è in grado di fare ammonisce minaccioso: «Questa sera verrò a mangiarvi!».
A questo punto la storia tradizionale prosegue con la fuga dei tre suini che una volta guadagnata la casa mettono in opera tutta una serie di strategie per far fronte agli attacchi dichiarati del lupo cattivo.
Il fratello del mio amico, invece, mi lasciò secco chiedendomi: «Perché non li ha mangiati subito?».
Ecco, questa se mai era una obiezione da imputare se mai all'autore della storia, ma in quel momento era rivolta proprio a me e io da bravo "incantato" non seppi cosa rispondere. Ma ne trassi una morale: non raccontate mai le favole, perché potreste sempre trovare qualcuno che vi guasta il piacere della narrazione.
Fu una esperienza terribile. Alla notte ebbi gli incubi e sognai che i nani di Biancaneve fossero settantotto, che la carica dei 101 venisse annullata per via che i cani dalmata non avevano raggiunto il numero legale e che i ladroni di Alì Babà fossero solamente quattro (e nessuno, pensa un po', iscritto al Psi o alla Dc).
Al risveglio, mi resi conto che le favole non si possono costruire con i "se" e con i "ma", anche se i "se" e i "ma" possono favorire le elucubrazioni o giocare con la categoria della "possibilità". Il musiliano Ulrich (l'uomo senza qualità), ad esempio, era convinto che se il rapporto fra la Chiesa e Galilei fosse stato diverso, sarebbe stata diversa anche la modernità.La Chiesa cattolica ha commesso un grave errore minacciando di morte un tal uomo [Galilei] e costringendolo alla ritrattazione invece di ammazzarlo senza tanti complimenti.. Il suo modo di considerare le cose, infatti, ha poi dato origine "in brevissimo tempo, se usiamo le misure della storia " agli orari ferroviari, alle macchine utensili, alla psicologia fisiologica e alla corruzione morale del tempo presente, e ormai non può più porvi rimedio .
Ma l'autorità lo fece ritrattare e noi oggi possiamo godere degli orari ferroviari (quando, si capisce, i treni li rispettano). Il lupo mannaro, invece, rinviò in un tempo successivo l'intenzione di divorare i porcellini. Così i nonni non furono depredati di un'altra favola da raccontare ai nipoti.

Franco Gàbici

 

N.B. I corsivi sono tratti da R.Musil, «L'uomo senza qualità».

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

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