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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

17 Marzo 2002

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Avete mai letto la conclusione de La coscienza di Zeno? Ogni tanto me la vado a rileggere perché dentro trovo considerazioni e affermazioni che mi lasciano veramente senza fiato. Per la loro attualità. Pensate, Italo Svevo pubblicò il suo romanzo nel 1923 e di certo a quei tempi non si parlava dell'inquinamento come di un imminente pericolo per l'umanità. Le acque erano ancora petrarchescamente chiare fresche e dolci e i cieli erano stellati da morire. Svevo, invece, leggendo nella sfera di cristallo della sua poetica conclude che per questo triste e attivo animale (così definisce l'uomo) il futuro riserba veramente poche gioie. Anzi.
La vita attuale, afferma Zeno Cosini (protagonista del romanzo sveviano), è inquinata alle radici perché l'uomo ha inquinato l'aria, ha impedito il libero spazio. E il peggio, secondo Zeno, deve ancora venire, perché l'uomo potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze che potrebbero ritorcersi contro se stesso.
Nel 1923, per la verità, sembra che non ci sia nessuna forza minacciosa sull'orizzonte della fisica. D'accordo, si sta verificando al suo interno una grande rivoluzione (relatività e quanti) e, se proprio vogliamo trovare qualche profezia catastrofica, nel 1905 era uscita sugli Annalen der Physik una memoria di Einstein (Zur Elektrodynamik bewegter Körper) dove stava scritto che ogni atomo era da considerare una vera polveriera di energia. L'affermazione si traduceva in quella formuletta E = mc2 che tutti conoscono, ma che nessuno sa cosa diavolo voglia dire esattamente. Sta di fatto, però, che a quei tempi nessuno riteneva possibile che potesse esistere un "martello" tale da rompere il salvadanaio energetico dell'atomo. E bastava questo per dormire fra due guanciali di sicurezza. Negli anni Quaranta, però, la gente dovette ricredersi, perché i nuovi apprendisti stregoni, utilizzando due aggeggi (le "bombe atomiche") che sfruttavano la "rottura" del nucleo atomico, devastarono il Giappone.
Dunque, Cosini aveva proprio ragione quando commentava: un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli .
E qui Svevo-Cosini va a rispolverare l'antico mito di Prometeo che anziché rubare il fuoco agli dei va a rubare l 'esplosivo incomparabile e, novello Heautontimorumenos, combina la frittata cosmica. Quell'uomo fatto come tutti gli altri, in realtà, è degli altri un po 'più ammalato e per questo motivo s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ed ecco la conclusione: Ci sarà un 'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla formula di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.
Nel 1919 Edwin Hubble aveva scoperto, con osservazioni telescopiche, che le galassie si stavano allontanando le une dalle altre e da questa scoperta si immaginò che in tempi remoti tutte le galassie dovevano essere concentrate in uno stesso punto (fisicamente non è esatto dire che le galassie fossero riunite in uno stesso "punto", perché in quel "punto" ci stavano pure il tempo e lo spazio, per cui se lo spazio era dentro a quel "punto" non poteva esistere nulla "al di fuori" di quel "punto". Vedete, amici miei, come è difficile la fisica?). Quel "punto", poi, esplose (ipotesi del "big bang" o della "grande esplosione") e dal momento che quattro anni più tardi Svevo immagina questa "grande esplosione" può darsi benissimo che sia stato influenzato proprio dal "big bang".
Più sopra ho trascritto dal greco una parola lunga e complicata che significa "punitore di se stesso". Io non so il greco (e mi spiace, perché vengo dal liceo scientifico) ma quella parola che pare uno scioglilingua è il titolo di una nota commedia di Publio Terenzio Afro conosciuta anche come "la commedia dell'autopunizione" e che contiene la famosissima citazione: homo sum nihil humani a me alienum puto ("Uomo sono, e di quanto è umano nullo penso che mi sia estraneo").
Tutto questo mi ha suggerito l'ultima pagina del romanzo di Italo Svevo, che chiuse la sua vita il 13 settembre 1928 a causa di un incidente stradale, e dunque mentre stava viaggiando a bordo di uno di quegli "ordigni" che l'« animale uomo» aveva appena inventato per complicarsi la vita.

Franco Gàbici

 

Qui faccio riferimento a I.Svevo, La coscienza di Zeno, Milano, Dall'Oglio, [196915], pp.479-480.
L'articolo citato di Albert Einstein (che nella traduzione italiana è "Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento") arrivò in redazione degli Annalen il 30 giugno 1905. Fu pubblicato a pag. 891 nel volume 17. L'articolo era l'ultimo di una famosa triade. Questi gli altri articoli (il cui titolo è tradotto in italiano): Un punto di vista euristico relativo alla generazione e trasformazione della luce (è contenuta la scoperta dei "quanti") e Movimento di particelle sospese in liquidi in quiete, richiesto dalla teoria molecolare del calore (è contenuta la teoria del "moto browniano" che praticamente dimostra l'esistenza degli atomi).

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

 

 

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