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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

14 Aprile 2002

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Quest'anno ricorre il secondo centenario della nascita di Victor Hugo (era nato a Besançon il 26 febbraio del 1802), ma non mi sembra che l'avvenimento sia stato celebrato con particolare solennità. Questa specie di silenzio stampa dei letterati non mi avrebbe meravigliato se Victor Hugo fosse stato uno scienziato, vale a dire uno di quei personaggi che sono percepiti dai letterati coi contorni alquanto sfuocati, ma facendo parte della loro "repubblica" la cosa mi ha stupito e non poco. Sì, d'accordo, Hugo non è Proust e non è nemmeno Leopardi, però non è da buttar via. Se non altro è stato, almeno ai suoi tempi, uno scrittore di grande successo e i suoi Miserabili possono vantare ben cinque trasposizioni cinematografiche (una persino messicana, nel 1943) delle quali la migliore è senza dubbio quella francese del 1957 (regia di J.P.Le Chanois), con lo straordinario Jean Gabin (nella parte di Jean Valjean), Serge Reggiani e Bourvil.
E andando col pensiero a questo scrittore mi è venuta in mente l'idea che se tutta la letteratura fosse "riletta" in chiave interdisciplinare ne trarrebbe beneficio l'insegnamento e tutto il sistema scolastico. Ho frequentato in tempi lontani il liceo scientifico e non ho mai incontrato sui libri Victor Hugo, forse perché come lingua straniera era in programma il tedesco (e allora giù con Goethe, von Kleist, Till Eulenspiegel...), ma anche i miei amici del classico non credo abbiano avuto modo di avere un incontro ravvicinato con questo scrittore. Eppure un certo modo "binoculare" di osservare le cose avrebbe regalato (e potrebbe ancora, ovviamente) lezioni interessantissime. Di fisica, ad esempio. Sentite come si esprime Hugo a proposito delle leggi naturali e del rapporto fra uomo e natura: «Tuttavia, non esageriamoci la nostra potenza; qualunque cosa l'uomo faccia, le grandi linee della creazione rimangono: la massa suprema non dipende affatto dall'uomo. Egli può sul particolare, non sul complesso. Ed è bene che sia così». Si potrebbe aprire il dibattito sulle grandi leggi di conservazione, sui microsistemi e i macrosistemi partendo proprio da questa pagina di Hugo, per l'esattezza tratta da Les Travailleurs de la Mer (I lavoratori del mare, 1866). Non sarebbe fantastica una scuola fatta in questo modo?
E invece ricordo che quando in quinta liceo sbattemmo il naso sulle terzine del primo canto del Paradiso (universalmente conosciute come le terzine dei "cerchi" e delle "croci"), il professore di lettere si guardò bene dall azzardare una spiegazione, demandando tutto alla professoressa di scienze (era infatti feudo suo, perché si parlava di orizzonte, equatore celeste, eclittica e coluro equinoziale) a dimostrazione di un modo di concepire la cultura a compartimenti stagni e senza nessuna osmosi fra discipline diverse.
E dal momento che siamo passati alla geografia astronomica, tutti sanno che l'avvicendarsi delle stagioni dipende dalla inclinazione sul piano dell'eclittica dell'asse di rotazione terrestre. Fosse perpendicolare, addio stagioni e dunque niente primavera, la stagione tanto vagheggiata come luogo ideale di un passato che non torna più. Vogliamo, allora, mettere a piombo l'asse di rotazione? Niente di più semplice, ci dice ancora Hugo: «Piantate al Polo un piolo che arrivi fino al centro del globo, legate ad esso una catena, trovate fuori della terra un campo di trazione, abbiate dieci miliardi di attacchi di dieci miliardi di cavalli ognuno, fateli tirare, l'asse si raddrizzerà e voi avrete la vostra eterna primavera. Come si vede» conclude Hugo «non vi è da fare granché». Tutto semplice, dunque, anche se non sarebbe comunque facile trovare dieci miliardi di cavalli.
L'occhio indagatore della fisica potrebbe anche prendere in considerazione il segmento di viaggio dantesco che, alla fine della prima cantica, porta il Poeta e Virgilio fino alla montagna del Purgatorio passando attraverso un ideale tunnel che attraversa tutta la terra. Dante, che conosceva molto bene l'astronomia del suo tempo, credeva che la Terra fosse immobile al centro dell universo e probabilmente nessuno ha pensato che solamente questa particolare condizione del nostro pianeta ha consentito a Dante di attraversare indisturbato la Terra. Con la Terra in rotazione assiale, invece, tutto cambia, altroché, e le leggi della meccanica insegnano che un corpo lasciato cadere attraverso un tunnel che unisce i due poli è condannato a oscillare in eterno intorno al centro della Terra.
E il famoso luogo comune del gatto che, cadendo da qualsiasi altezza, arriva a toccare il suolo sempre sulle quattro zampe perché applicherebbe inconsapevolmente il famoso principio della conservazione del momento della quantità di moto? Anche questo argomento potrebbe essere utilizzato didatticamente. Non dico di andare a scuola portando un gatto dentro a una sporta e poi farlo volare dall'ultimo piano per vedere se le leggi della fisica siano veramente applicate, ma si potrebbe, che so?, leggere la pagina della Cognizione del dolore di Gadda che racconta certi esprimenti di Gonzalo.
Si potrebbe anche aprire un dibattito, ricordando che il 29 ottobre 1894 il fisiologo Etienne Jules Marey aveva presentato una sequenza di trentadue fotogrammi che riprendevano un gatto in caduta e che il comportamento del felino sembrava essere in disaccordo con il "principio" più sopra citato. E fu subito "gattomania", con tutti i capoccioni matematici a studiare il comportamento del gatto. Il nostro Giuseppe Peano nel gennaio del 1895 pubblicò sulla «Rivista di matematica» l 'articolo Il principio delle aree e la storia di un gatto e siccome era pure un tipo spiritoso raccomandò di condurre l'esperimento non con un gatto qualsiasi, ma con un gatto fidato! La fisica, ragazzi, è una cosa seria.

Franco Gàbici

 

Le citazioni da I lavoratori del mare sono tratte da: V.Hugo, Tutti i romanzi, Milano, Mursia, 1964, p.355.
La storia del gatto di Peano è in: H.C.Kennedy, Peano. Storia di un matematico, Torino, Boringhieri, 1980, p8. 86-87.

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

 

 

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