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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale


 

11 maggio 2003

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Nell’estate del 1959 me ne stavo tranquillamente al mare, in località Marina di Ravenna, a godermi le meritate vacanze come si addiceva a un onesto studente che si era guadagnata la promozione in terza liceo scientifico. A questo punto vi chiederete cosa diavolo c’entri questo riferimento autobiografico con le mie settimanali “Bollicine” e invece, cari amici, c’entra eccome perché in quel luglio del 1959 si era sparsa la voce che il mondo sarebbe finito, proprio come è accaduto in questi giorni. Ricordo che la “Domenica del Corriere” uscì con la tavola del mitico Walter Molino raffigurante molta gente che aveva cercato rifugio sul Monte Bianco per scampare a un eventuale pericolo di maremoto. A me sarebbe dispiaciuto moltissimo se fosse accaduta la fine del mondo proprio in quella estate perché, se proprio volte saperlo, stavo divertendomi un sacco e pertanto grandissima fu la mia soddisfazione quando alla sera l’unico telegiornale della Rai (allora esisteva un solo canale e tanto bastava) annunciò la notizia dello scampato pericolo in un modo spiritoso. Non ricordo più esattamente le esatte parole, ma lo spiker disse più o meno che la fine del mondo era stata rinviata a data da destinarsi. Io mi stropicciai le mani dalla gioia e la sera facemmo “baracca” coi compagni di scuola per festeggiare lo scampato pericolo.

Non ricordo, per la verità, come avrebbe dovuto verificarsi questa fine del mondo, perché ogni fine del mondo è una storia a sé. Sappiamo, invece, come sarà questa fine del mondo appena annunciata. Tanto per cominciare (anzi, tanto per finire) la Terra smetterà di girare attorno a se stessa e così il Sole, che conseguentemente se ne starà immobile, ci arrostirà tutti quanti, a meno che la frenata non sia brusca, nel quale caso tutti noi saremmo stati catapultati in aria e andremmo tutti in orbita a danzare attorno alla terra. Diventeremmo tutti come satelliti artificiali e danzeremmo attorno alla Terra in un grande girotondo come cantava Sergio Endrigo che aveva musicato i versi di Paul Fort e cantava “…e se tutti i ragazzi, i ragazzi del mondo volessero una volta diventare marinai, allora si farebbe un grande ponte con tante barche intorno al mare…e se tutta la gente si desse la mano…” insomma si farebbe un girotondo colossale attorno alla terra e tutti diventeremmo più buoni. Immaginarlo non costa niente.

Il fatto è che non si farà proprio nessun girotondo e che la Terra continuerà a girare su se stessa e che la fine del mondo anche questa volta sarà rimandata a data da destinarsi oppure, a meno di colpi clamorosi, resterà fissata da quanto prevedono i canoni dell’evoluzione stellare che ha già decretato che la Terra finirà dentro alla “pancia” del Sole fra cinque miliardi di anni.

Tutte queste cose le andava raccontando tempo fa l’astronomo Girolamo Fracastoro durante una conferenza a Torino, quando a un certo punto uno del pubblico alza la mano e chiede al Professore: “Scusi, potrebbe ripetere?” e il Professore a ribadire: “La Terra finirà fra cinque miliardi di anni…” e a questo punto il signore del pubblico si mise a sedere commentando tutto soddisfatto: “Ah, meno male. Avevo capito fra cinque milioni di anni!”.

Dentro di noi c’è sempre un pizzico di eternità.

 

Franco Gàbici

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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