ell’estate del 1959 me ne stavo tranquillamente al
mare, in località Marina di Ravenna, a godermi le meritate vacanze come si
addiceva a un onesto studente che si era guadagnata la promozione in terza
liceo scientifico. A questo punto vi chiederete cosa diavolo c’entri questo
riferimento autobiografico con le mie settimanali “Bollicine” e invece, cari
amici, c’entra eccome perché in quel luglio del 1959 si era sparsa la voce che
il mondo sarebbe finito, proprio come è accaduto in questi giorni. Ricordo che
la “Domenica del Corriere” uscì con la tavola del mitico Walter Molino
raffigurante molta gente che aveva cercato rifugio sul Monte Bianco per
scampare a un eventuale pericolo di maremoto. A me sarebbe dispiaciuto
moltissimo se fosse accaduta la fine del mondo proprio in quella estate
perché, se proprio volte saperlo, stavo divertendomi un sacco e pertanto
grandissima fu la mia soddisfazione quando alla sera l’unico telegiornale
della Rai (allora esisteva un solo canale e tanto bastava) annunciò la notizia
dello scampato pericolo in un modo spiritoso. Non ricordo più esattamente le
esatte parole, ma lo spiker disse più o meno che la fine del mondo era stata
rinviata a data da destinarsi. Io mi stropicciai le mani dalla gioia e la sera
facemmo “baracca” coi compagni di scuola per festeggiare lo scampato pericolo.
Non ricordo, per la verità, come avrebbe dovuto
verificarsi questa fine del mondo, perché ogni fine del mondo è una storia a sé.
Sappiamo, invece, come sarà questa fine del mondo appena annunciata. Tanto per
cominciare (anzi, tanto per finire) la Terra smetterà di girare attorno a se
stessa e così il Sole, che conseguentemente se ne starà immobile, ci arrostirà
tutti quanti, a meno che la frenata non sia brusca, nel quale caso tutti noi
saremmo stati catapultati in aria e andremmo tutti in orbita a danzare attorno
alla terra. Diventeremmo tutti come satelliti artificiali e danzeremmo attorno
alla Terra in un grande girotondo come cantava Sergio Endrigo che aveva musicato
i versi di Paul Fort e cantava “…e se tutti i ragazzi, i ragazzi del mondo
volessero una volta diventare marinai, allora si farebbe un grande ponte con
tante barche intorno al mare…e se tutta la gente si desse la mano…” insomma si
farebbe un girotondo colossale attorno alla terra e tutti diventeremmo più
buoni. Immaginarlo non costa niente.
Il fatto è che non si farà proprio nessun
girotondo e che la Terra continuerà a girare su se stessa e che la fine del
mondo anche questa volta sarà rimandata a data da destinarsi oppure, a meno di
colpi clamorosi, resterà fissata da quanto prevedono i canoni dell’evoluzione
stellare che ha già decretato che la Terra finirà dentro alla “pancia” del Sole
fra cinque miliardi di anni.
Tutte queste cose le andava raccontando tempo
fa l’astronomo Girolamo Fracastoro durante una conferenza a Torino, quando a un
certo punto uno del pubblico alza la mano e chiede al Professore: “Scusi,
potrebbe ripetere?” e il Professore a ribadire: “La Terra finirà fra cinque
miliardi di anni…” e a questo punto il signore del pubblico si mise a sedere
commentando tutto soddisfatto: “Ah, meno male. Avevo capito fra cinque milioni
di anni!”.
Dentro di noi c’è sempre un pizzico di
eternità.
Franco GàbiciFranco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .