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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale


 

9 marzo 2003

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Leggo sul giornale la notizia della morte di Hank Ballard, il cantante americano che iniziò come voce del rythm and blue e che nel 1958, quando da noi impazzavano Paul Anka e gli altri fratelloni americani, aveva inciso un 45 giri che recava sul “lato B” una canzone intitolata “The twist” (il “lato A” invece presentava “Teardrops on my letter”, che all’epoca fu un buon successo). Ballard si era unito ai Royals che per l’occasione avevano pure cambiato nome diventando “Hank Ballard and The Midnighters”. Fu dunque Ballard a tentare di lanciare il twist, il ballo che all’inizio degli anni Sessanta fece piroettare allegramente tutti gli italiani, che con quelle contorsioni parevano voler scrollarsi da addosso le micragne della guerra per godersi in sana allegria i primi tepori del boom economico.
Il twist! L’anno successivo il mitico Chubby Checker avrebbe tentato di lanciare “Let’s twist again”, ma evidentemente i tempi non erano ancora maturi e da noi si cominciava ad apprezzare i cantanti nostrani. In quel lontano 1959, tanto per fissare qualche coordinata, Umberto Bindi cantava “Arrivederci”. Da noi il twist esplose come una bomba alla fine del 1962, quando Peppino di Capri coi suoi occhialoni neri (immortalati in una serie di copertine di suoi 45 dalla matita di Guido Crepax), con la zazzera e con le sue stramaledette giacche di lamé fece impazzire tutti con la sua interpretazione di “Let’s twist again” nella quale aveva inserito applausi dal vivo unitamente alla performance del suo sassofonista Gabriele Varano. Sulla copertina del disco (Carisch VCA 26143), che era accoppiato con “Non siamo più insieme”, campeggiava una minigonna rossa con sopra la scritta “Twist”. Certe cose ti restano impresse nella memoria e le ricordi anche se, ahimé, sono passati più di quarant’anni.
E fu subito twist mania. Peppino cavalcò la tigre del nuovo ballo lanciando ancora “Saint Tropez twist”, “The jet” e “Speedy Gonzales”, ma anche gli altri cantanti mica se ne stavano con le mani in mano e ognuno lanciò un suo twist. Fra questi lo sbarazzino Edoardo Vianello che incise “Guarda come dondolo” relegandolo però al “lato B” del suo 45 estivo, che proponeva come di consueto la canzone per le vacanze che quell’anno era “Pinne fucile ed occhiali”, un 45 che recava in copertina Maria Grazia Buccella vestita da sub in posizione orizzontale.
“Pinne fucile occhiali”, “Guarda come dondolo”, “Saint Tropez twist” finirono pure nella colonna sonora del film di Dino Risi “Il sorpasso”, che vidi nel gennaio del 1963 col mio ex compagno di liceo Roberto C., che oggi fa il commercialista. Nel cast, oltre a Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant c’era anche la Catherine Spaak, mio idolo giovanile al punto da aver incollato su una “parete” del letto della mia stanzetta di universitario “fuori sede” una sua foto a colori prelevata da un rotocalco. Ah che tempi ragazzi! Ballavo il twist con una carissima compagna di liceo, Anna B., che adesso è ispettrice ministeriale e quando scendavamo in pista la gente smetteva di ballare per lasciare a noi la scena. Eravamo proprio bravi e se penso a come sono oggi, non riesco a immaginare queste mie disinvolture giovanili, che mi facevano cercare gli applausi e il consenso della platea.
Poi il “twist” passò per lasciare il passo al “madison”, anch’esso finito nella colonna sonora del “Sorpasso” e ancora una volta cantato dal Peppino. Ricordate “Don’t play that song”? Il suo “incipit” a suon di basso è accompagnato da una maliziosa inquadratura di conturbanti (per quei tempi, si capisce) “davanzali” femminili offerti alla platea dal grande effetto del “cinemascope”, che proprio quest’anno compie cinquant’anni.
Poi succede che la spyder di Bruno Cortona (Gassman) finisce fuori strada e quell’automobile con le ruote all’aria diventa il segno premonitore che quella stagione stava per finire. Nessuno se lo aspettava, ma in effetti le cose sarebbero andate proprio così. La bianca spyder in fondo alla scarpata diventa il simbolo tragico di ciò che sarebbe restato del nostro effimero boom, con dentro il twist, il madison e tutto il resto della nostra vita.

Franco Gàbici

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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