n. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36
37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66
67 68 69
Leggo sul giornale la
notizia della morte di Hank Ballard, il cantante americano che iniziò
come voce del rythm and blue e che nel 1958, quando da noi impazzavano
Paul Anka e gli altri fratelloni americani, aveva inciso un 45 giri che
recava sul “lato B” una canzone intitolata “The twist” (il “lato A”
invece presentava “Teardrops on my letter”, che all’epoca fu un buon
successo). Ballard si era unito ai Royals che per l’occasione avevano
pure cambiato nome diventando “Hank Ballard and The Midnighters”. Fu
dunque Ballard a tentare di lanciare il twist, il ballo che all’inizio
degli anni Sessanta fece piroettare allegramente tutti gli italiani, che
con quelle contorsioni parevano voler scrollarsi da addosso le micragne
della guerra per godersi in sana allegria i primi tepori del boom
economico.
Il twist! L’anno successivo il mitico Chubby Checker avrebbe tentato di lanciare “Let’s
twist again”, ma evidentemente i tempi non erano ancora maturi e da noi
si cominciava ad apprezzare i cantanti nostrani. In quel lontano 1959,
tanto per fissare qualche coordinata, Umberto Bindi cantava
“Arrivederci”. Da noi il twist esplose come una bomba alla fine del
1962, quando Peppino di Capri coi suoi occhialoni neri (immortalati in
una serie di copertine di suoi 45 dalla matita di Guido Crepax), con la
zazzera e con le sue stramaledette giacche di lamé fece impazzire tutti
con la sua interpretazione di “Let’s twist again” nella quale aveva
inserito applausi dal vivo unitamente alla performance del suo
sassofonista Gabriele Varano. Sulla copertina del disco (Carisch VCA
26143), che era accoppiato con “Non siamo più insieme”, campeggiava una
minigonna rossa con sopra la scritta “Twist”. Certe cose ti restano
impresse nella memoria e le ricordi anche se, ahimé, sono passati più di
quarant’anni.
E fu subito twist mania. Peppino cavalcò la tigre del nuovo ballo lanciando ancora “Saint
Tropez twist”, “The jet” e “Speedy Gonzales”, ma anche gli altri
cantanti mica se ne stavano con le mani in mano e ognuno lanciò un suo
twist. Fra questi lo sbarazzino Edoardo Vianello che incise “Guarda come
dondolo” relegandolo però al “lato B” del suo 45 estivo, che proponeva
come di consueto la canzone per le vacanze che quell’anno era “Pinne
fucile ed occhiali”, un 45 che recava in copertina Maria Grazia Buccella
vestita da sub in posizione orizzontale.
“Pinne fucile occhiali”, “Guarda come dondolo”, “Saint Tropez twist” finirono pure
nella colonna sonora del film di Dino Risi “Il sorpasso”, che vidi nel
gennaio del 1963 col mio ex compagno di liceo Roberto C., che oggi fa il
commercialista. Nel cast, oltre a Vittorio Gassman e Jean Louis
Trintignant c’era anche la Catherine Spaak, mio idolo giovanile al punto
da aver incollato su una “parete” del letto della mia stanzetta di
universitario “fuori sede” una sua foto a colori prelevata da un
rotocalco. Ah che tempi ragazzi! Ballavo il twist con una carissima
compagna di liceo, Anna B., che adesso è ispettrice ministeriale e
quando scendavamo in pista la gente smetteva di ballare per lasciare a
noi la scena. Eravamo proprio bravi e se penso a come sono oggi, non
riesco a immaginare queste mie disinvolture giovanili, che mi facevano
cercare gli applausi e il consenso della platea.
Poi il “twist” passò per lasciare il passo al “madison”, anch’esso finito nella colonna
sonora del “Sorpasso” e ancora una volta cantato dal Peppino. Ricordate
“Don’t play that song”? Il suo “incipit” a suon di basso è accompagnato
da una maliziosa inquadratura di conturbanti (per quei tempi, si
capisce) “davanzali” femminili offerti alla platea dal grande effetto
del “cinemascope”, che proprio quest’anno compie cinquant’anni.
Poi succede che la spyder di Bruno Cortona (Gassman) finisce fuori strada e quell’automobile
con le ruote all’aria diventa il segno premonitore che quella stagione
stava per finire. Nessuno se lo aspettava, ma in effetti le cose
sarebbero andate proprio così. La bianca spyder in fondo alla scarpata
diventa il simbolo tragico di ciò che sarebbe restato del nostro
effimero boom, con dentro il twist, il madison e tutto il resto della
nostra vita.
Franco Gàbici
Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
© Copyright by
Simonelli Editore
Vietato copiare o linkare senza autorizzazione
Any copy or link is forbidden without permission. |