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«Ho
sbagliato sui Buchi Neri»
Parola di Stephen Hawking che ammette i propri errori. Morale? La
scienza non è legata a dogmi e gli scienziati sono aperti a tutte le alternative
perché solo grazie a questa mentalità la scienza può progredire
"Cari amici scienziati,
dopo trent’anni di meditazioni sono arrivato alla conclusione che mi
sono sbagliato sulla storia dei buchi neri”.
Questo in sostanza il
messaggio di Stephen Hawking, il famoso fisico che siede sulla cattedra
di Cambridge che fu di Isaac Newton, un pensiero che fa tremare vene,
polsi e magari anche glutei.
Certo, di strada ne abbiamo macinata sulla
comprensione del nostro universo. Dalla “mela” di Newton (sicuramente la
mela più famosa della storia dopo quella di Adamo ed Eva) ai “buchi
neri” di Hawking si sono susseguite ipotesi e teorie a go go per
spiegare come funziona il mondo e per fortuna c’è gente che ammette i
propri errori, così la scienza procede.
Non è il primo caso di pubblica
confessione di un errore da parte di uno scienziato (a quanto la prima
confessione pubblica di un errore da parte di un politico?). Anche il
grande Einstein fece ammenda dei suoi errori a proposito dell’universo
che si espande. L’idea non gli piaceva, anzi diceva che era da sciocchi
credere a una cosa del genere. Lui, però, che aveva regalato con la sua
“relatività generale” una nuova teoria della gravitazione e
conseguentemente una nuova spiegazione dell’universo, non si era accorto
che la matematica era più forte di lui e in effetti si trovò fra le mani
una formuletta secondo la quale l’universo stava gonfiandosi come un
panettone che lievita dentro al forno. E mentre il panettone lievita, i
chicchi di uvetta che stanno dentro si allontanano gli uni dagli altri.
Se chiamiamo “spaziotempo” il panettone e “galassie” l’uvetta, ecco
spiegato il meccanismo dell’espansione. Ma cos’è questa roba? avrebbe
esclamato il grande Albert, che immediatamente provvide a tirare il
freno a mano inserendo nelle sue equazioni un qualcosa, noto agli
specialisti come “fattore lambda”, il cui scopo era proprio l’arresto
dell’espansione. Ecco fatto, avrà dichiarato Albert, che poi alla fine
ha dovuto arrendersi all’evidenza e ammettere che quel “fattore lambda”
era da considerare uno degli errori più gravi della sua luminosa
carriera.
Anche gli scienziati, dunque, piangono e in questo caso il grande
Hawking ha ammesso a reti unificate di aver fatto un buco (ancorché
nero) nell’acqua.
Molti si chiederanno cosa cambierà nella nostra vita l’ammissione
dell’errore da parte dello scienziato inglese. Non cambierà proprio
nulla e se i buchi neri non sono più da considerare dei voracissimi
tritatutto, la nostra vita si dipanerà come si è sempre dipanata. La
morale che invece dobbiamo trarre da questa storia è che la scienza non
è legata a dogmi e che gli scienziati sono aperti a tutte le alternative
perché solo grazie a questa mentalità la scienza può progredire.
L’impresa scientifica è una eterna scalata e il vero scienziato è
consapevole che la piccozza piantata su una vetta non significa che abbia
raggiunto la altezza massima, perché altre vette sono dietro all’angolo
pronte per essere scalate.
E’ caldo, c’è afa, la gente si lamenta e pertanto questo non è il
momento più adatto per parlare di “buchi neri”, che rientrano nel
discorso della gravitazione universale. Dietro ad ogni “buco nero” c’è
la gravità che lavora, ma cosa sia questa gravità non lo sa ancora
nessuno. Noi conosciamo gli effetti della gravità, sappiamo che in
qualche modo è legata alla materia, sappiamo che se lasciamo un corpo
libero di cadere questo cade a terra, ma non sappiamo “perché” tutto
questo accada. La gravitazione resta pur sempre un enigma e Peter
Bergmann, un allievo di Einstein, ha proprio scritto un libro (oggi un
classico della letteratura scientifica) intitolato proprio “L’enigma
della gravitazione” (Mondadori). Anche Newton, poveraccio, che pure ne
aveva formulato la legge, non ha mai capito a fondo la questione e si
era ficcato dentro a uno straziante circolo vizioso. Che cos’è la
gravitazione? E’ quella cosa che fa girare i corpi attorno al Sole. Ma
perché i corpi girano attorno al Sole? Perché c’è la gravitazione. Senza
saperlo aveva inventato il moto perpetuo. E morì con questa spina nella
carne. Poi qualche secolo dopo arrivò Einstein che dette un’altra
soluzione, ma il problema della gravitazione in sé e per sé resta un
enigma.
Tutto iniziò a causa di quella mela che cadde sulla testa al grande
Newton. Su questa mela è stato raccontato tutto. Qualcuno si è pure
preso la briga di calcolare quanto fosse stato alto l’albero dal quale
cadde la mela più famosa della storia della fisica. Molto più curiosa la
storia (inventata, si capisce) del contadino che chiese invece a Newton
quanto costassero al chilo quelle mele. Quando si dice la praticità!
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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