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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale

Ravenna,29 febbraio 2004

 

 

 

 

 

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Viva la macchina che meccanizza la vita!
Scriveva Pirandello e aggiungeva: "Vi resta ancora, o signori, un po’ d’anima, un po’ di cuore e di mente?"

“La primavera sgocciolava dappertutto nella oscurità e la terra perdeva la rigidità invernale…”. Così scriveva Paolo Volponi nella sua “Macchina mondiale” e questo suo pensiero ben si adatta alla presente stagione, che il giovane Holden definirebbe “schifa”, perché fuori è buio e fa anche parecchio freddo nonostante la primavera sia alle porte e su questo sicuramente non ci piove perché il Sole sta lentamente rotolando sulla eclittica (un grado al giorno, per essere precisi) e sta per entrare dentro alla costellazione dei Pesci.
Sissignori, avete letto bene, intorno al 20 marzo il nostro Sole, pluff, si tufferà dentro ai Pesci e guizzerà insieme a loro per un mesetto per poi continuare il suo rotolamento infilzando una dopo l’altra le altre undici costellazioni dello Zodiaco sulle quali si cuciscono un sacco di discorsi con pochissimo sale, ma così è (anzi “non dovrebbe”) la vita.
Ma torniamo a Volponi, che all’inizio del suo libro si chiese: “Che realizzeremo in avvenire nel campo delle invenzioni?”, una domanda posta intorno alla metà degli anni Sessanta quando già in cielo volteggiavano i satelliti artificiali e si stava pensando concretamente alla conquista della Luna, come poi avvenne in quella memorabile notte del 21 luglio dell’anno di grazia 1969 e ancora oggi continuiamo a chiederci dove mai andremo a finire e ciascuno pensa soprattutto a cosa saremo capaci di inventare se continueremo a mantenere questo passo, un passo che fa paura. Lo confessò in una intervista il buon Indro Montanelli, che si ostinava a scrivere con la “Lettera 22” quando tutti attorno a lui scrivevano a colpi di mouse.
Al grande Indro non andava giù il “passo”, vale a dire il ritmo forsennato di questo progresso che non ti lascia il tempo di goderti una invenzione ma che te ne propone una dietro l’altra senza il tempo di assimilare e di sedimentare, insomma ci siamo masochisticamente ficcati in un vortice dal quale sarà difficile uscire, ma prima o poi dovremo segnare il passo sennò finirà che tutti gripperemo come macchine surriscaldate e pertanto qualcuno dovrà avere il coraggio di urlare “fermate il mondo, voglio scendere”.
E invece nessuno scende perché, come succede per tutte le azioni, si attende sempre che sia il vicino a farlo e così tutti ce ne andiamo a rotta di collo verso il nostro futuro dove ad aspettarci ci sono le voraci fauci delle macchine che abbiamo inventato noi, beh troppo facile tirar fuori a questo punto la storia dell’apprendista stregone e allora voltiamo pagina e ricordiamo invece Luigi Pirandello che su certi argomenti ha scritto un libro niente male, ve lo consiglio, si chiama “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” e sentite cosa dice:
 “L’uomo che prima, poeta, deificava i suoi sentimenti e li adorava, buttati via i sentimenti, ingombro non solo inutile ma anche dannoso, e divenuto saggio e industre, s’è messo a fabbricar di ferro, d’acciajo le sue nuove divinità ed è diventato servo e schiavo di esse. Viva la Macchina che meccanizza la vita! Vi resta ancora, o signori, un po’ d’anima, un po’ di cuore e di mente? Date, date qua alle macchine voraci, che aspettano! Vedrete e sentirete, che prodotto di deliziose stupidità ne sapranno cavare. Per la loro fame, nella fretta incalzante di saziarle, che pasto potrete estrarre da voi ogni giorno, ogni ora, ogni minuto? E’ per forza il trionfo della stupidità, dopo tanto ingegno e tanto studio spesi per la creazione di questi mostri, che dovevano rimanere strumenti e sono divenuti invece, per forza, i nostri padroni”.
Pirandello scriveva queste considerazioni all’inizio del Novecento quando il macchinismo non è che fosse poi così invadente, segno evidente che i poeti sanno vedere lontano e dunque le loro “cassandrate” sono da prendere in considerazione, ma purtroppo i poeti sono sempre delle voci isolate che cantano fuori dal coro.
Anche Leopardi ebbe da dire la sua contro il progresso, lo testimoniano la “Ginestra”, ma anche certi versi della “Palinodia al marchese Gino Capponi” che sembrano quasi anticipare il pericolo della “sars”. Ma figurarsi se adesso la gente se ne sta a pensare a Pirandello o a Leopardi, tutta presa com’è da un certo festival di Sanremo…

Franco Gàbici

La citazione di Paolo Volponi è tratta da “La macchina mondiale”, Garzanti (I Bianchi) 1973, p. 42.
Le considerazioni di Pirandello si trovano nei “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”, Garzanti (I grandi libri), p. 8


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Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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