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Primo titolo:
Franco Gàbici «Gadda - Il dolore della cognizione»
Una lettura scientifica dell'opera gaddiana - Isbn 88-86792-40-9

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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

16 febbraio 2003

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Penso alla finestra che si affaccia sulla piazzetta del natio borgo selvaggio e un Giacomino che sul far della sera, ora delle paturnie, se ne sta ingobbito a vergare con la sua brava penna d’oca le tanto odiose-amate sudate carte, magari coi guanti alle mani che gli lasciano scoperte solamente le estremità delle dita per via del freddo. Ma senza scomodare il grande Giacomo ricordo che anch’io da ragazzo amavo sedermi accanto alla finestra e buttare giù su un quaderno, il classico Diario, le impressioni della giornata legate quasi sempre a situazioni amorose. Si capisce che non scrivevo con la penna d’oca, ma con la biro o con la Aurora 88 che aveva le cartucce d’inchiostro ricaricabili, e con questi attrezzi andavo compilando pagine e pagine di sospiri da fare invidia al più navigato giovane Werther o al suo sosia Jacopo Ortis.
Il Diario era una cosa romantica e pochi hanno saputo resistere al suo fascino. Kierkegaard ne scrisse uno da seduttore e alla fine degli anni Cinquanta, nel 1959, il mitico Neil Sedaka venne fuori col suo "The diary", un "45" Rca con la copertina nerissima accoppiato a "No vacancy" e che iniziava così: "How I’d like to look, into that little book…". Esiste anche una letteratura da diario e se non sbaglio deve esserci un paese in Umbria dove ogni anno si bandisce un concorso per un diario inedito. I cassetti degli italiani dunque sono pieni di diari e di sospiri. Ma attenzione, il moloc della tecnologia sta per spazzar via questo mezzo antiquato per sostituirlo con i floppy. State a sentire.
L’uomo del futuro si porterà appresso una mini telecamera con la quale registrerà tutto quello che riuscirà a vedere in una giornata e lo caccerà dentro ad un maledetto floppy. Mister Bloom memorizzò l’intera giornata del 16 giugno 1904 in migliaia di pagine e ne venne fuori l’Ulisse. Domani un pincopallino qualsiasi potrà avere il 16 giugno della sua vita intera. E dentro ci starà veramente di tutto: le bollette pagate e i libri letti, gli incontri con le persone e la partita allo stadio, i film visti, gli spettacoli a teatro, le serate davanti alla tivù, la vacanza d’estate o la passeggiata fuori porta, la nascita di un figlio e il matrimonio, gli incontri e le amicizie, gli amori e i dolori, le malattie, le cartelle cliniche, le morti e i sogni…tutto e tutto memorizzato dentro ad una quantità incredibile di floppy che, allo stato attuale della tecnologia, per una vita media di ottant’anni dovrebbero contemplare circa sette milioni, vale a dire una pila di dischetti alta 35 Km, una vera Babele che dovremmo portarci appresso per autoconsultarci continuamente. E se la tecnologia ci darà la possibilità di cacciar dentro anche i sapori e gli odori sarà un vivere continuamente le situazioni passate.
A Proust bastò un biscottino per partorire sette volumi, a noi uomini del futuro saranno sufficienti sette milioni di floppy per tenere sotto controllo tutto il nostro passato. Cambierà anche la psicoanalisi, potete star certi. Si andrà dall’analista e lo si avvertirà che fuori è parcheggiato un tir con dentro tutti i nostri floppy e lui dirà "bene bene, cominciamo dall’infanzia" e il paziente a rispondere "okey, partiamo dal floppy numero sei al numero 57", ma poi ci accorgiamo che l’analista non è una persona in camice bianco, ma un enorme computer, un Briareo dalle mille fauci a forma di cassetti "porta floppy" nei quali metteremo dentro tutta la nostra vita e poi faremo "invio" e il computer comincerà a ruotare e a far girare i floppy e sul terminale ripasseranno i momenti della nostra vita, guarda guarda questo ricordo me lo ero proprio dimenticato e si spalancheranno davanti i segmenti sepolti della nostra vita che la tecnologia farà rivivere. Poi il maxicomputer ci restituirà i nostro floppy e ci dirà che li ha ripuliti dai virus e che ora potremmo vivere tranquilli. Usciremo dallo studio dello "psicanalista-computer" uomini pressoché perfetti, senza emozioni e senza sentimenti. Saremo diventati tutti quanti dei robot. Non resterà, allora, che ordinare al guidatore del tir che vada a portare tutti i floppy alla più vicina discarica. E allora resteremo tutti nudi. La tecnologia, finalmente, ci avrà reso completamente idioti.

Franco Gàbici

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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