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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale


 

20 maggio 2003

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Ha preso il via il “Giro d’Italia”, che evoca antichi ronzii metallici lungo le strade al caldo tepore della primavera. Il “Giro” era, ed è ancora si capisce, un avvenimento nazionale tant’è che quando passava per le vie della città nelle ore mattutine, i dirigenti scolastici (allora si chiamavano Presidi o Direttori didattici) concedevano agli insegnanti il permesso di uscire dall’aula per poter assistere con le scolaresche al passaggio della carovana dei girini, che snodava le sue colorate proglodditi per la gioia di noi bambini. “Proglottide” è termine che ho imparato in seconda liceo scientifico quando nell’ora di scienze di studiavano le tenie (di cui uno degli esempi è il famoso “verme solitario”) e se non ricordo male queste tenie avevano uno sviluppo a segmenti, che si chiamavano “proglottidi” e il primo, che conteneva la testa della tenia, era dotato di certi “uncini” che si chiamavano “scolici”. Beh, se considerate che tutto questo risale all’anno scolastico 1958-59, c’è da dire che la mia memoria si è ben conservata e che a quei tempi anche a chi studiava poco come il sottoscritto restava sempre qualcosa in testa. Ma il merito era tutto della terribile professoressa Carolina Moro Surdi (originaria di Udine, dove era nata nel 1890) che ci faceva studiare come matti al punto che dopo più di quarant’anni posso fare citazioni dotte per raccontare il “Giro d’Italia”.

Il “Giro”! Negli anni Cinquanta e Sessanta la carovana era preceduta dai festosi mezzi della pubblicità che gettavano in pasto al pubblico qualsiasi tipo di prodotti: campioncini di dentrifici, penne biro, carte geografiche con sopra disegnato l’itinerario della corsa, mazzi di carte, giochi dell’oca… insomma un vero paradiso soprattutto per noi ragazzini.

Poi tutti in aula a comporre pensierini e a sognare il magico mondo delle due ruote.

E la sera alla radio si ascoltava “Giringiro”, la “rivista” del dopocorsa firmata dalla premiata ditta “Garinei & Giovannini”, anticipatrice dei programmai di intrattenimento sportivi (vedi “Il processo alla tappa” condotto da Sergio Zavoli). In una di queste trasmissioni, e precisamente quella che faceva da contorno all’edizione del 38°Giro, Cia Mannucci, la voce femminile del mitico “Quartetto Cetra” (gli altri, se vi interessa saperlo, erano Antonio Virgilio Savona, marito di Cia, Tata Giacobetti e Felice Chiusano), lanciò la “Ninna nanna alla maglia rosa”. E la maglia era “rosa” per imitare il colore della “Gazzetta dello Sport” che organizzava la corsa (il “Tour de France” adottava invece la maglia “gialla” per il leader della corsa perché il quotidiano sportivo “L’Equipe”, organizzatore della kermesse, si stampava su carta di colore giallo).

Il grandissimo Totò nel 1948 interpretò anche un film (“Totò al giro d’Italia”, regia di Mario Mattoli, con Isa Barzizza, Walter Chiari e tutto un contorno di campioni del pedale: Coppi, Bartali, Magni, Cottur, Kubler, Bobet…) dove cantava, sull’aria di una famossima romanza lirica, “La maglia rosa, la maglia rosa, è quella cosa che mai non riposa…”.

Si pedala sulla grande ruota del tempo, gli anni passano, horae quidem cedunt et dies et menses et anni, nec praeteritum tempus unquam revertitur, nec quid sequatur sciri potest… e purtroppo si pedala a senso unico, come impone il secondo principio della termodinamica, che non è facile da spiegare, ma che tuttavia condiziona tutto il nostro vivere e la nostra evoluzione. Tutti dovremmo conoscere questo “secondo principio”, come scrisse Percy Snow in quel suo libello “Le due culture” che Ludovico Geyomat tradusse e fece pubblicare da Feltrinelli nel 1964 e che avrebbe dovuto innescare un interessante dibattito e invece siamo ancora fermi ai box e noi “poveri” scienziati ci sentiamo in colpa se non conosciamo il “greco” o la “filologia” mentre dall’altra sponda non esiste altrettanta corrispondenza biunivoca. E mentre scrivo Mercurio è da poco “transitato” sul grande disco del Sole nella quasi indifferenza generale. In fondo anche Mercurio è un “girino” che è transitato per le strade del mondo senza però essere preceduto da pubblicità e clamori. È passato nel silenzio sul bel faccione del Sole, tutto butterato di macchie. Quel puntino pareva un insignificante brufolo e invece ha un diametro di più di 4 mila Km, è transitato lentamente sul Sole ed è sparito intorno alle 12.30 di mercoledì 7 maggio come prevedevano le precise leggi della meccanica celeste. Nessuno gli ha dato un premio, nessuno lo ha osannato. Mercurio è un oscuro gregario che pedala e pedala nel silenzio, come certi “girini” senza nome che stanno attraversando le strade d’Italia.

Franco Gàbici

La citazione latina è tratta da: Cicero, De senectute, 19.

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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