Da 110 settimane insieme!!!

L'Istrice | Internet&CoNewsDigest | eBookNewsDigest | Il Catalogo
Dialettando.com | Diario del '900 | The Web Park Speaker's Corner
Simonelli Bookstore | i SeBook | Vuoi fare pubblicità? | Home Page

AUGURI Da Simonelli Editore



di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale

11 gennaio 2004

 

 

 

 

 

n. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38
39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51  52  53  54  55  56  57  58  59  60  61  62  63  64  65  66 67 68 69 70 
71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103
104 105 106 107 108 109 110

Gli astrofili vogliono vederci chiaro
e per questo chiedono il buio

Sembra un controsenso e invece non lo è, perché il buio è il linguaggio del cielo e attraverso di esso parlano le stelle che ormai poverine costituiscono un gregge sempre più sparuto.

Io non so dove sia questo monte Mucrone e probabilmente non sarò il solo a non saperlo, ma non ha importanza la sua ubicazione, perché questo monte è salito sulla ribalta della cronaca per il fatto che è stato illuminato a giorno e la cosa ha fatto arrabbiare parecchio gli astrofili (nella fattispecie il “Gruppo astrofili W.Herschel” di Torino e la sezione “Cielo profondo” dell’Unione astrofili italiani) che hanno scritto una lettera a un giornale per mettere in evidenza il problema. In questi ultimi tempi, infatti, si è chiacchierato molto di leggi contro l’inquinamento luminoso e anch’io, nel mio piccolo, sono stato contattato da un politico che chiedeva lumi, è proprio il caso di dirlo, sulla luminosità del cielo notturno perché se ne stava a Roma a dibattere per l’appunto su questa legge e poi discuti e discuti e alla fine salta fuori che ti illuminano il monte Mucrone. Gli astrofili, dunque, vogliono vederci chiaro e per questo chiedono buio. Sembra un controsenso e invece non lo è, perché il buio è il linguaggio del cielo e attraverso di esso parlano le stelle che ormai poverine costituiscono un gregge sempre più sparuto.
A volte tento di immaginare le paure dei nostri progenitori di fronte al mistero del buio, doveva essere veramente una cosa tragica e terrificante, con silenzi di piombo e paure che attanagliavano l’anima e nemmeno le caldaie delle stelle a tutto vapore riuscivano, nelle notti senza luna, a confortare i timori del buio, questa nebbia scura che avvolgeva tutto quanto in una pece e probabilmente fu un ricordo come questo che suggerì a Hegel quella sua famosa definizione di Assoluto, una lunghissima notte in cui anche le vacche bianche sono nere e su questa storia delle vacche si scontrò con Schelling e credo che proprio sulla distinzione delle vacche crollò la loro amicizia, i filosofi son fatti così, a volte può bastare una vacca per mettere in crisi un rapporto e certo che le vacche non avrebbero mai immaginato di finire nei testi di filosofia come del resto non avrebbero mai immaginato di andare a pascolare dentro ai testi di matematica perché più di duemila anni fa Archimede sfidò gli intelligenti con un famoso problema dove non c’erano vacche e buoi, e lui disse, amico, se partecipi alla sapienza calcola il numero dei buoi del Sole che pascolavano nelle assolate pianure della Sicilia divisi in quattro gruppi ciascuno dei quali caratterizzato da colori diversi, il bianco, il nero, il fulvo e lo “screziato” e per facilitare, diciamo così la soluzione, passò anche sette indicazioni la prima delle quali suonava così: il numero dei tori bianchi deve essere uguale ai tori fulvi più 1/2 + 1/3 dei tori neri e gli altri sei ve li risparmio. Alla fine dell’enunciato il grande matematico concludeva: Amico, se mi dirai il numero esatto dei buoi e delle vacche nessuno dirà che sei ignorante, se invece non me lo dirai beh allora dovrai accontentarti di guardare alla televisioni i programmi con Pappalardo. Il fatto è che questo problema si risolve con un sistema formato da sette equazioni con otto incognite e un sistema come questo ammette infinite soluzioni e la soluzione minima ammette come risultato più di cinquanta milioni di vacche. Il problema, però, non è per niente facile e questo spiega perché alla televisione ci sia Pappalardo. Come dovevasi dimostrare.
Le vie del pensiero sono veramente infinite se dal buio siamo arrivati alle vacche, ma ho voluto raccontarvi queste cose per portare alla ribalta questa storia dell’inquinamento luminoso che sta rubando la poesia della notte, coi suoi silenzi e i suoi odori che sono più forti e soavi e poi dobbiamo batterci perché rivogliamo ancora una volta ammirare le stelle che non saranno numerose come le vacche di Archimede ma sono pur sempre una bella combriccola, un occhio normale ne può vedere al massimo tre mila, un niente al confronto di tutte le stelle della galassia che sono almeno cento miliardi (ma secondo altre stime potrebbero essere anche di più e se non ci credete andate a contarle) e sul numero delle stelle ho sentito recentemente un errore abbastanza grave inserito in un dialogo tratto dal film “Beautiful mind”, una cosa grave se si considera che il film racconta la vita di un matematico e dunque, se non ricordo male, a un certo punto il film presenta una scena notturna e uno dei protagonisti alza gli occhi al cielo e dice di aver contato sette mila stelle.
A questo punto i casi sono due: o aveva contato le stelle due volte oppure era sbronzo e ci vedeva doppio. Fate voi. Ma se illumineranno il monte Mucrone di stelle se ne vedranno molto meno. E un cielo povero di stelle impoverisce l’anima. Il cielo è come il mare, ispira grandi sentimenti e ci fa serntire più buoni. Ma se illumineranno il monte Mucrone le stelle saranno sempre meno e noi ci ritroveremo cattivi. Ecco perché dobbiamo augurarci che nel cielo tornino a pascolare le stelle.

Franco Gàbici


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
Basta una e-mail a ed@simonel.com per riceverlo comodamente a casa contrassegno

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 


 

 

 

© Copyright by Simonelli Editore
Vietato copiare o linkare senza autorizzazione
Any copy or link is forbidden without permission.