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In questa afosa estate in cui si parla (troppo) dei
soliti esodi e della "patente a punti", tornano buone le riflessioni di Ennio Flaiano sul "Codice
della strada". Il "Codice della strada", come già ebbi modo di scrivere in una
precedente "Bollicina", fu oggetto di una feroce, ma gustosissima, satira da
parte di Massimo Simili (che pubblicò da
Rizzoli "L’anticodice della strada"), un comico finissimo oggi ingiustamente
dimenticato.
La figlia di Simili, che si chiama Marina e che gestisce col marito Salvatore
la Azienda agrituristica Trinità a Mascalucia (CT), mi ha telefonato per
ringraziami. Scusate il riferimento personale, ma dovrò pur dire ai miei quattro
lettori che le "Bollicine" rimbalzano un po’ dappertutto!
Dunque Flaiano scrive nel febbraio del lontanissimo 1959 "Mi diverto a
leggere il nuovo codice della strada, che in certi passi sembra un libro di
lettura per bambini buoni. Qualche volta la ‘disposizione di legge’ si tinge di
consiglio affettuoso, e commuove" e a riprova della sua asserzione cita
l’articolo 15 che così recita (non pensavo che gli "articoli" fossero "attori" e
invece lo sono perché da che mondo è mondo li fanno sempre recitare) "I
conducenti, approssimandosi a un passaggio a livello, debbono usare la massima
prudenza al fine di evitare incidenti". L’articolo, però, (non lo dice Flaiano
ma lo dico io) non mi sembra un capolavoro di chiarezza. Innanzi tutto non
specifica se il passaggio a livello sia da considerare aperto o chiuso o
incustodito. E poi non è giusto caricare sulle spalle dei conducenti le
responsabilità di eventuali incidenti. La "par condicio" (che allora non
esisteva ancora) impone invece che anche il conducente del treno debba usare "la
massima prudenza". Flaiano, tuttavia, aggiunge che tutto questo è molto giusto e
suggerisce che "sarebbe anche buona norma di prudenza che i conducenti, nelle
giornate fredde, si coprissero bene".
L’articolo 128, invece, evidentemente ispirato a Stuart Mill, parla della
libertà dei ciclisti "I ciclisti debbono avere l’uso libero delle braccia e
delle mani e reggere il manubrio almeno con una mano". Flaiano aggiunge "e
pedalare almeno con un piede, per stabilire un principio". La cosa che non
capisco è quella citazione delle braccia e delle mani. Considerando che in
genere le mani sono attaccate alle braccia è chiaro che se il ciclista usa
liberamente un braccio dovrà usare liberamente anche la mano. Mah!
Nell’articolo 131, invece, la prosa si eleva fino al lirismo, "rifacendosi ai
nostri classici recenti (penso a Fucini, penso al D’Annunzio de ‘I pastori’) per
un senso agreste e desolato che pervade e illumina il quadro". L’articolo,
infatti, è questo "Gli armenti, le greggi e qualsiasi moltitudine di bestiame...
non possono restare sulle strade e, di notte, debbono essere preceduti da un
guardiano che proietta anteriormente luce bianca, e seguiti da un altro
guardiano che proietta posteriormente luce rossa".
Codice e anticodice. Ad ogni "cosa" corrisponde la sua "anti". Materia e
antimateria. Salvatore Dalì si era messo in testa di dipingere l’antimateria e
come lo venne a sapere, Emilio Segrè (premio Nobel per aver scoperto
l’antiprotone) prende carta penna e scrive al pittore "Egregio Signore, la sua
intenzione di dedicarsi alla pittura dell’antimateria è nobile e va aiutata.
Avendo anch’io dedicato i miei interessi a questo studio, mi permetto
inviarle due fotografie dell’antimateria, ottenute nei nostri laboratori
dell’università di Berkeley, California. L’antimateria è quel puntino segnato
con una crocetta...".
Commento di Ennio Flaiano "So di forzare la modestia del professor Segrè
raccontando quest’aneddoto. Ma non esito, poiché sarà certo di qualche utilità
ai molti pittori che abbiamo nel nostro Paese, quasi tutti preoccupati di dare
una veste scientifica alle loro ricerche".
Chiudiamo qui e andiamocene un po’ in vacanza. Ricordo tempi lontanissimi,
quando mi fu chiesto di tenere questa rubrica settimanale. Accettai, con
esitazione e forse anche con un po’ di paura. Ma la paura, dicono, faccia
novanta. E questa che leggete è proprio la bollicina numero novanta. Quando si
dice la saggezza popolare!
Franco Gàbici
Le citazioni sono tratte da Ennio Flaiano, Opere. Scritti postumi, Milano, Bompiani, 1988, pp.579 e 581-582.
Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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