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di memoria, cultura e molto altro...



Rubrica ad aggiornamento settimanale

10 novembre 2003

 

 

 

 

 

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Intanto devo dirvi che non amo guardare i programmi televisivi che vanno per la maggiore. I “grandi fratelli”, tanto per capirci (mi vanto di non aver visto nemmeno un secondo di quella acculturatissima trasmissione), le varie domeniche “in…” (cosa vorrà dire “in”? forse “in”-sulsa?), “c’è posta per te”, talk show e altra mercanzia equipollente. Devo però confessarvi una debolezza. Una sera ho visto “carramba che sorpresa”. Sì. Prima, però, mi ero fatto legare saldamente alla poltrona perché qualcosa mi avvertiva che, fossi stato libero, non sarei sicuramente arrivato alla fine. Legato alla poltrona ho dovuto sorbirmi tutto il programma e, credetemi, mi sentivo un po’ come Ulisse che passava lo stretto legato come un salame al pennone della sua nave per evitare gli ammaliamenti dei canti delle malefiche sirene.
Io, per la verità, dovevo far fronte soltanto a Raffaella Carrà ma, credetemi, non è stato uno scherzo. Mi son sorbito una bella scorpacciata di lacrime altrui, una erogazione di secreti lacrimali registrata anche dal barometro, che in quella situazione torceva il suo budello e faceva uscire dalla nicchia la donnetta con l’ombrellino (ricordate quei barometri da fiera sulla cui funzionalità non era igienico scommettere?), e mentre la donnina ombrellata faceva bella mostra di sé io avevo la sensazione di toccare con mano l’insulsaggine di un programma che ancora una volta dimostrava la stupidità endemica del popolo italiano. Non sono un genio, d’accordo, ma credo di essere dotato di quel minimo di intelligenza che mi induce a pensare in questi termini: se in casa mia arriva la telefonata della tivù che mi invita a partecipare al programma della Raffaella Carrà, non è che mi venga il sospetto che la Raffa abbia preparato per me un incontro con una persona che non vedo da trenta o quarant’anni? Anche un deficiente lo capirebbe. Milioni di italiani no. Mah.
“Sant’Addolorata! Non sono dei begli idioti gli uomini?”, esclama miss Douce proprio nel capitolo dell’Ulisse dedicato alle “sirene”, quello che inizia con tutti quei mozziconi di frasi messi uno sotto l’altro a partire dal capostipite “Bronzo accanto a oro udirono i ferrei zoccoli, acciaiosonanti” e il bronzo è miss Douce perché ha i capelli color bronzo, e fa il paio con l’oro, che è miss Kennedy che invece è bionda ed entrambe sarebbero le sirene, le sirene di Joyce, quelle sirene che “si accoccolarono dietro alla scogliera del banco…”, ma anche Claudio Baglioni usò quel termine, ricordate?, accoccolati ad ascoltare il mare, la canzone si chiamava E tu… ed era del 1974, certo questa è materia per dotti filologi e chissà se Baglioni stava pensando davvero a Joyce mentre componeva E tu…, magari no, anzi no quasi senz’altro, e dunque si tratta di una semplice coincidenza e poi “accoccolare” è pur sempre una traduzione e chissà cosa avrà scritto Joyce in originale, ma qui ci stiamo allontanando troppo dall’argomento iniziale e stiamo smarrendo la stella polare e l’orientamento perché quello che volevo dirvi era semplicemente che i programmi televisivi sono quello che sono, ma finalmente la nostra mamma tivù era riuscita a programmare una trasmissione straordinaria, che mi aveva pure messo dentro una grande frenesia. L’idea era straordinaria e mi riferisco all’Isola dei famosi. Quando ne sono venuto al corrente avrei voluto scrivere al direttore generale della Rai per esprimergli tutta la mia riconoscenza, perché un programma così sottendeva un’idea geniale. Carrambissima che idea, mi sono detto! Pensate un po’, riunire in un’isola deserta tutti i divi e le dive della nostra tivù! Roba da Einstein, da premio Nobel! Poi, purtroppo, vengo a sapere che tutti i divi ad uno ad uno ritornano dall’isola… pensate, invece, quanto sarebbe stato bello e soprattutto quanto ci avrebbe guadagnato la tivù se tutti quei divi fossero rimasti là, in quella stramaledetta isola. Ce ne saremmo liberati per sempre! Poi la tivù, forte di questa esperienza, chissà, avrebbe potuto programmare anche l’isola dei politici, con tutti i nostri parrucconi relegati in un’isola e poi abbandonati a se stessi. Ah, che bello! E invece niente. Credevo per davvero che gli italiani fossero un popolo di geni e invece ne ho ricavato una delusione cocentissima. Ci meritiamo proprio l’isola dei famosi, anzi, meritiamo un arcipelago.
“Sant’Addolorata! Non sono dei begli idioti gli uomini?”.
Joyce mise in bocca queste parole a una sua sirena. Parole sante.

Franco Gàbici


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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