A fine settembre nascono I Libri dell'Istrice - Cultura, Attualità & Molto Altro -
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Primo titolo:
Franco Gàbici «Gadda - Il dolore della cognizione»
Una lettura scientifica dell'opera gaddiana - Isbn 88-86792-40-9

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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale
                       

1 Settembre 2002

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Eliot nella sua Terra desolata, The Waste Land, ha scritto che aprile è il più crudele dei mesi. Certo, avrà avuto indubbiamente le sue buone ragioni, ma secondo me il mese più crudele è agosto, sissignori, agosto, il mese delle ferie, delle vacanze, della spensieratezza, con la gente che se ne va al mare o ai monti o a casa del... (lo disse anche Manzoni, nei Promessi Sposi, cap.7,24) per ritemprarsi dalle fatiche del lavoro e per poi tornare a casa più stanchi di prima. Sì, proprio agosto, perché in questo mese sono trapassati molti miti e molti idoli, a cominciare da quel 5 agosto di quarant'anni fa quando i giornali annunciarono la morte di Marylin Monroe, la bellissima di Hollywood, la svampita "Zucchero" di A qualcuno piace caldo"... 5 agosto 1962.
Me ne stavo seduto su una panchina in un ridente paesino delle dolomiti in Val di Fassa (cosa avranno poi da ridere questi paesini, devo ancora scoprirlo) a leccarmi le ferite dell'esame di maturità che avevo appena sostenuto e tutte le mattine, prima di andare in giro per boschi e per valli andavo all'edicola per il rituale acquisto del quotidiano, che poi leggevo fumandomi la prima sigaretta della giornata (a quei temi fumavo, mentre oggi sono un accanito antifumatore). La notizia di quella morte mi lasciò secco.
Avevo allora da poco compiuto diciannove anni e ancora mi mancava la visione tragica della vita, ma dentro avvertii un impercettibile clic, un interruttore che aveva fatto scattare qualcosa. Per bacco, era scattato l'interruttore che aveva fatto saltare per sempre gli anni dell'adolescenza e del liceo, quegli anni che erano iniziati con grande pompa nell'ottobre del 1957, quando sulla testa cominciava a volteggiare lo Sputnik. Era iniziata allora la mia avventura liceale scientifica, a dispetto di quanti invece volevano che intraprendessi gli studi classici. Mi avevano pure accompagnato a fare quattro chiacchiere con il segretario della scuola, ma l'edificio era vecchio e fatiscente e poi puzzava di vecchio, come vecchie erano le barbe dei filosofi, il greco e tutta quella mercanzia, mentre io avevo in mente il liceo scientifico, prima di tutto perché al liceo si era pure iscritto mio cugino Gigi che per me era una specie di modello vivente da imitare e da seguire, poi perché il liceo scientifico era un bell'edificio tutto nuovo, all'avanguardia e poi perché durante l'intervallo era pure concesso di fumare, mentre quelli del classico dovevano fumare nei cessi nascondendosi come ladri. Tutte motivazioni d'alto bordo, come vedete, ma a farla corta andai al liceo scientifico e quella mattina d'agosto di quararant'anni fa ebbi la sensazione che l'avventura fosse veramente chiusa per sempre, una specie di manzoniano addio ai montiá Eravamo giunti ad un capolinea, ad una fermata d'autobus, tanto per fare il verso a un famoso film della Marylin.
E tutto questo accadeva d'agosto.
Ancora in agosto, nell'estate che precedette la grande avventura liceale, moriva Oliver Hardy, il grassone della premiata ditta Laurel & Hardy, l'uomo dalle torte in faccia, al quale poi si sarebbe ispirato Osvaldo Soriano per il suo Triste, solitario Y finalá (è una lettura da fare, prima o poi, ve la consiglio. Fa molto chic).
E poi ancora (perché la lunga lista non è affatto finita) in un agosto di pochi anni fa moriva Tony Williams, la mitica voce dei Platters, quello del gorgheggio O-on-liy e in quell'agosto mi trovavo al mare a casa di un vecchio compagno di liceo che aveva organizzato uno dei soliti raduni dove si mangiano pesce buono e ricordi e quando la televisione ci passò il piatto freddissimo della morte di Tony, sull'allegra combriccola calò la tristezza che andò a mescolarsi con le paturnie serali delle valli che si spalancavano davanti a noi. Era verso il tramonto, l'ora che volge il desio e tutto quanto, l'ora in cui la mosca cede a la zanzara e dal nostro magico cielo dei ricordi era caduta un'altra stella.
E ancora in un agosto, mentre passeggiavo trainando il carrozzino che recava dentro il mio primogenito, mi giunse la notizia della morte di Elvis Presley. Non ho mai pazziato per lui, ma era pur sempre il re del rock e i suoi dischi volteggiavano allegramente sui piatti dei nostri giradischi.
E dopo questo elenco ditemi se non ho ragione di affermare che agosto è il più crudele dei mesi. È il più crudele dei mesi perché già i colori dell'estate si vanno stemperando sulla tiepida tavolozza dell'autunno (Autunno. Già lo sentimmo venire/nel vento d'agosto...), perché quando ritorni dal mare incominci a vedere sulla strada lo spettacolo misero delle prime foglie gialle accartocciate, perché le giornate si accorciano maledettamente e quando esci la sera è meglio portarsi dietro il pullover perché non si sa mai e perché hai nell'orecchio la dolce melodia di Umberto Bindi che nel 1963 cantava proprio, su versi dettati da C.Rossi, vacanze, vacanze calde e brevi, fragili come nuvole che il vento disperderà, quando il cielo di settembre scolorirà ogni cosa, noi vivremo i nostri giorni all'ombra dei ricordi potrei recitarla tutta, perché sono un maledetto appassionato di musiche di quegli anni e mentre mi canticchia per il capo questa melodia mi viene in mente che pure Bindi è passato.
Bindi! Le sue musiche erano un vero banco di prova per noi principianti strimpellatori di chitarra, che non si trovavano di fronte il solito banalissimo giro armonico coi quattro accordi do, la minore, re minore settima (che quasi sempre, però, si semplificava con il più spicciolo re minore) e sol settima, perché lui usava accordi ostrogoti del tipo "do9" o "sol5diesis" e altre astruserie che dimostravano come questo Bindi fosse veramente un grande musicista. Ma ora anche lui non è più.
Ecco - cantava Bindi - la musica è finita, gli amici se ne vanno... E in questo caldo agosto lo ricordo come una delle voci dei miei anni perduti.

Franco Gàbici

 

I riferimenti danteschi rimandano ai canti: VIII del Purgatorio, quello della valletta dei principi con Nino Visconti e Corrado Malaspina (Era già l'ora che volge il disio/ai navicanti e intenerisce il core vv.1-2) e al XXVI dell'Inferno, il mitico canto di Ulisse e Diomede (come la mosca cede a la zanzara/vede lucciole giù per la vallea vv.28-29).
I versi sull'autunno sono l'incipit di Autunno di Vincenzo Cardarelli.

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996).

 

 

 

 

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