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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

16 Giugno 2002

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Quando brilla il Sole il cielo è azzurro e le stelle non si vedono. Quando chiedo alla gente come mai le stelle non si possono osservare in pieno giorno, mi sento rispondere che la domanda è talmente banale da non meritare una risposta. È la luce del Sole, infatti, a nascondere tutte le stelle. Elementare Watson. E invece non è vero niente e questo è uno dei casi in cui il cosiddetto "senso comune" può condurre a conclusioni fuorvianti.
Neil Armstrong, quando il 21 luglio 1969 si trovò per la prima volta a passeggiare sul suolo lunare, aveva sopra di sé un cielo nero sul quale risplendevano le stelle insieme al Sole. E questo accade perché la Luna non è circondata da una atmosfera. Il caso delle Terra, invece, è diverso. La luce del Sole passando attraverso le particelle dell'atmosfera viene "diffusa" e noi "vediamo" il cielo azzurro. Ed è questo azzurro che ci nasconde la vista delle stelle.
Ho posto l'accento sul fatto che noi vediamo il cielo azzurro perché va specificato come questa esperienza sia legata esclusivamente alla morfologia del nostro apparato visivo. Se fossimo dotati di occhi diversi, sicuramente vedremmo un cielo colorato diversamente. Da ciò si deduce che non ha alcun senso porsi la domanda: «Di che colore è il cielo?». Tutto dipende dalla qualità dello strumento con il quale lo osserviamo.
Qualcuno, però, considerando il problema, giunse alla conclusione che se le stelle ci sono anche di giorno, queste in qualche odo devo essere osservate. E questo qualcuno si chiamava Aristotele, che come filosofo non era neanche niente male, mentre come fisico era un po' così. Secondo lo Stagirita (così chiamato dalla sua città natale Stagira) il problema si risolveva in maniera molto semplice. Sarebbe stato sufficiente calarsi dentro a un pozzo profondo e dal fondo guardare il cielo. Con grande sorpresa si avrebbe avuto la soddisfazione di vedere le stelle anche di giorno. Provare per credere! Ma l'autorità di Aristotele era tale da non mettere in dubbio le sue affermazioni e di questo era convinto anche lo stesso filosofo che non sentì mai il bisogno di verificare la bontà delle sue affermazioni.
Questa favola metropolitana tenne banco anche nel XVI secolo, quando Giovan Battista della Porta invitava i suoi lettori a veder le stelle in pieno giorno dal fondo di un pozzo. Bisogna discendere, scriveva della Porta, «in un pozzo cupidissimo, acciò che per una distanza grande & tenebrosa egli habbia a guardare il cielo, il quale sia sereno, si che senza detrimento dell'occhio di chiaro possa vedere le stelle».
Questa credenza ebbe anche una variante moderna. In tempi di industrializzazione crescente, l'effetto di vedere le stelle di giorno sarebbe stato raggiunto anche osservando il cielo attraverso un lunghissimo camino o una ciminiera.
E anche per Della Porta valeva lo stesso "provare per credere!". Ma evidentemente nessuno mai provò di calarsi dentro ad un pozzo per vedere le stelle di giorno, probabilmente trovando molto più pratico sbattere la testa contro il muro per ottenere lo stesso effetto visivo ma, «amoto ludo», solamente all'inizio del Novecento qualcuno si interessò empiricamente al problema calandosi personalmente dentro a un pozzo per andare a verificare se le intuizioni degli antichi avessero un minimo di credibilità. Lo fece un certo Ellison, che si calò in un cava profonda quasi 300 metri per avere la sorpresa di osservare uno spicchio di cielo terribilmente luminoso. L'altro esperimento fu condotto da un astronomo che approfittando del fatto che la lente obiettiva della torre solare del suo osservatorio era stata rimossa per una operazione di manutenzione, osservò il cielo dal fondo di questa torre lunga 25 metri e anche lui osservò un cielo molto brillante.
Morale della favola. La scienza non si fa con i "ma" e con i "se", ma si fa con le esperienze. E poi, come sostiene la saggezza popolare, soltanto la Luna si cerca nel pozzo e non le stelle! Ma allora è proprio impossibile osservare le stelle di giorno. Niente affatto. Si possono vedere in qualsiasi momento del giorno. Sapete come? Basta entrare dentro a un Planetario. E questo lo garantisco io, che vivo dentro a un Planetario da ormai vent’anni.

Franco Gàbici

 

La citazione di G.B.Della Porta è tratta dalla sua «De Miracoli et Meravigliosi effetti della natura prodotti», libro IV, cap.1.
«A moto ludo» traduce il nostro «a parte gli scherzi». La locuzione latina è tratta dalla prima Satira di Orazio, quella che inizia col famoso verso Qui fit, Maecenas, ut nemo, quam sibi sortem... e precisamente nel verso sed tamen amoto quaeramus seria ludo (I, 27).
«Qui fit Maecenas...» è declamato da Vittorio Gassman nel film Il successo (1963, regia di Mario Morassi) e il suo interlocutore, credendo si trattasse di un contemporaneo, candidamente gli risponde: «Non conosco questo Mecenate»!
Sull’argomento ha scritto un esauriente articolo l’amico Fabrizio Bònoli, astronomo dell’Università di Bologna. L’articolo Chi osservò le stelle dal pozzo? Si legge in «l’Astronomia», anno XIII, n.106, gennaio 1991, pp.17-23.

 

 

 

 

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