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Primo titolo:
Franco Gàbici «Gadda - Il dolore della cognizione»
Una lettura scientifica dell'opera gaddiana - Isbn 88-86792-40-9

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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

12 gennaio 2003

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È da poco passato il 7 gennaio, festa del tricolore, e tutti hanno parlato della nostra bandiera e magari hanno ricordato anche il romagnolo di Lugo che la propose. Si chiamava Giuseppe Compagnoni e il suo nome è stato immortalato in quella prima delibera del 7 gennaio 1797: «Reggio Emilia, 7 gennaro 1797, ore 11. Sala Patriottica. Gli interventi sono 100, deputati delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. Giuseppe Compagnoni di Lugo fa mozione che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. Viene decretato».
Su Compagnoni ci sarebbe da dire parecchio, perché oltre ad essere stato un patriota, fu anche a modo suo uno scienziato divulgatore, come dimostra il suo "Chimica per le donne", un pamphlet che scrisse sulla scia di quell’altro famoso libretto di Francesco Algarotti "Newtonianesimo per le dame".
In questo gennaio che induce sentimenti patriottici, però, volevo parlarvi di un altro personaggio che morì proprio quarant’anni fa, nel 1963, e al quale dobbiamo la grafica dell’emblema della nostra repubblica, quell’emblema che magari vediamo tutti i giorni ma che, scommetto, pochi sono in grado di descriverlo. Volete provare a cimentarvi con questo esercizio di memoria? Ci siete riusciti?
Lo ammetto che non è facile e per questo motivo vi passo la descrizione esatta.
Simonelli Editore Nel nostro emblema figurano tre elementi essenziali: la stella a cinque punte, la ruota dentata e i rami di ulivo e di quercia annodati da un cartiglio sul quale sta scritto "Repubblica Italiana" (Ironia della sorte: quando fu bandito il concorso, si raccomandò agli autori di usare tutti i simboli che volevano tranne quelli che richiamassero i partiti politici. Il concorso vide la luce nel 1946 e dopo quasi sessant’anni ulivo e quercia hanno assunto nuovi significati che vanno al di là della botanica). La stella ha sempre fatto parte della iconografia dell’Italia, rappresentata da una donna con una stella in fronte e la troviamo fino al 1890 nello stemma del Regno unitario. La ruota dentata, invece, vuole esprimere che "L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro" (primo articolo della nostra Carta Costituzionale). Il ramo di ulivo significa la volontà di pace, mentre la quercia simboleggia la dignità del popolo italiano. Entrambi sono stati scelti perché rappresentano le specie più diffuse del nostro territorio.
Interessante la vicenda di questo bozzetto, che inizia nel 1946 con il concorso che prevede un premio di 10 mila lire ai primi cinque prescelti. Per la cronaca i partecipanti furono 341 per un totale di 637 bozzetti presentati. Ai cinque vincitori una apposita commissione impone un tema ben preciso, una cinta turrita a forma di corona circondata da una ghirlanda di fronde della flora italiana. In basso deve esserci la raffigurazione del mare, in alto la "stella" e le parole unità e libertà. Simonelli Editore
Vinse Paolo Paschetto, che si aggiudicò un ulteriore premio di 50 mila lire per questo bozzetto. Poi, a ben guardarlo, il bozzetto non piacque più e qualcuno irriverentemente lo chiamò "tinozza" e così si andò un altro concorso, del quale però non è rimasto alcuna traccia. Si presume che il nuovo bozzetto avrebbe dovuto privilegiare in qualche modo il tema del lavoro e anche questa volta il concorso fu vinto da Paschetto il cui bozzetto fu leggermente ritoccato e approvato e il 5 maggio del 1948 il presidente Enrico De Nicola firma il decreto legislativo n. 535 che segna la nascita ufficiale del simbolo della nostra Repubblica.
Paolo Paschetto, che era nato il 12 febbraio 1885 a Torre Pelice (Torino), fu per più di trent’anni professore di ornato all’Istituto di Belle Arti di Roma. Esperto in bozzetti, firmò anche alcuni francobolli, dei quali forse i più famosi apparetengono alla serie "serie Democratica", prima serie di posta aerea della Repubblica emessa nel 1945-46 (gli altri tre valori furono firmati da A.Lalia). Il bozzetto di Paschetto raffigura un aereo sul quale si vede in trasparenza una stretta di mano.
E così in questo gennaio patriottico abbiamo ricordato anche il grafico Paschetto, che morì quarant’anni fa il 9 marzo del 1963.

Franco Gàbici

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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