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Dalla terra squarciata dall'aratro escono i fumi
dorati dell'autunno e mentre vedo salire queste nebbioline mi tornano alla
mente le parole di una canzone che cantava Luigi Tenco: "adesso che il fumo
cancella l'estate, e il grigio ritorna scendendo su noi, la lunga vacanza
finisce per sempre, pure qualcosa di noi resterà…".
La canzone era intitolata
"Quello che conta" e faceva parte della colonna sonora del film "La cuccagna"
di Luciano Salce, che aveva firmato anche il testo della canzone, mentre la
musica era stata scritta dal mitico Ennio Morricone, alla sua seconda
esperienza cinematografica (per la cronaca, Morricone aveva esordito nel 1961
componendo la colonna sonora del film "Il federale" di Salce e interpretato da
Ugo Tognazzi).
Correva l'anno 1962, l'anno della mia maturità (scolastica, intendo dire) e
dei mondiali di calcio in Cile. Luciano Bianciardi pubblicava "La vita agra" e
da qualche anno era stato licenziato dalla Feltrinelli "per scarso
rendimento".
Scrive Bianciardi: "Mi licenziarono soltanto per via di questo
fatto che strascico i piedi, mi muovo piano, mi guardo intorno anche quando
non è indispensabile". E ancora: "La verità è che le case editrici sono piene
di fannulloni frenetici: gente che non combina una madonna dalla mattina alla
sera, e riesce, non so come, a dare l'impressione, fallace, di star lavorando.
Si prendono persino l'esaurimento nervoso".
Nel romanzo di Bianciardi è pure scritto un giudizio negativo su un famoso
giocatore di calcio, con tanto di nome e cognome… se i giornalisti sportivi,
anziché andare al "Processo" di Biscardi, se ne stessero a casa loro a leggere
e ad acculturarsi, imparerebbero tante belle cosine e potrebbero impreziosire
i loro articoli con qualche curiosità interessante.
In quell'anno 1962 Paolo Volponi usciva con "Memoriale". Era anche l'anno
della "Eclisse" di Michelangelo Antonioni e del "Sorpasso" di Dino Risi.
Gassman, nel "Sorpasso", ricorda proprio il film di Antonioni:
"Hai visto l'Eclisse?"
"Sì, è un film…"
"Io l'ho dormito, una bella pennichella. Bel regista Antonioni! Ha un Flaminia
Zagato, una volta sulla fettuccia di Terracina m'ha fatto allungà il collo!".
E in effetti quelle lunghissime sequenze iniziali senza nemmeno una parola
erano un po' così. Ricordo che vidi il film in un localetto di seconda o terza
visione quando ancora era costume andare al cinema di pomeriggio e il pubblico
dopo cinque minuti cominciò a rumoreggiare, a fischiare e a urlare
all'operatore: "Voce!". Evidentemente non era quello il pubblico più adatto
per l'Eclisse.
Accompagnandomi alla chitarra cantavo in riva al mare "Quello che conta",
circondato dagli amici di sempre, mentre il mare bagnava i nostri sogni di
liceali, tutti proiettati verso il futuro che per noi voleva dire università,
distacco da casa (abitando a Ravenna le università più vicine erano a Bologna
e a Ferrara)… si diventava uomini e si fiutava quell'inebriante senso della
libertà che mai più avremmo sperimentato. La stazione ferroviaria era a un
tiro di sasso da casa mia, in fondo a un lungo viale ombreggiato dai platani
che già stavano perdendo le foglie. "Intorno i platani si spogliano col
vento…", così cantava Tony Dallara (la canzone era intitolata "Non passa più")
e io abbandonavo per la prima volta la mia famiglia, con dentro alle scarpe la
voglia matta di camminare…
Ecco tutto quello che mi viene in mente quando vedo il fumo dell'autunno
salire dalla terra per mescolarsi al cielo grigio di questa stagione che
introduce dentro al buio dell'inverno, quel buio del quale abbiamo avuto un
acconto pochi giorni fa con quel terrificante "black out" che ha messo in
ginocchio il paese.
Su questo "black out" se ne sono sentite di tutti i colori, "tutti i colori
del buio" per l'appunto. Ma io ho un'idea peregrina in testa e mi piace
pensare che sia stato un "black out" programmato.
Ai primi di ottobre si è
sempre celebrata la giornata dell'inquinamento luminoso, per ricordare che
ormai la troppa luce nasconde le stelle e ci impedisce di contemplare la
magnificenza del cielo stellato.
Stai a vedere, allora, che qualche
appassionato astrofilo ha fatto in modo di mettere tutti al buio per indurre
la gente a guardare il cielo! Ma la gente non è più abituata all'oscurità e
quando le togli la luce le fai sì vedere le stelle, ma non q uelle del
cielo bensì quelle che le danzano attorno dopo aver sbattuto la testa contro il
muro a causa del buio. E così addio poesia.
Sono proprio tempi bui.
Franco Gàbici
Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della
cognizione di
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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