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Primo titolo:
Franco Gàbici «Gadda - Il dolore della cognizione»
Una lettura scientifica dell'opera gaddiana - Isbn 88-86792-40-9

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Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

4 novembre 2002

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In questi giorni terribili caratterizzati dal proditorio tremare della terra si è tanto parlato del fenomeno sismico in generale e molti si sono posti la domanda di prammatica, se cioè sia possibile prevedere questi tremendi sussulti della Terra che causano lutti e rovine. La scienza ufficiale risponde no, mentre un sismologo autodidatta di Faenza di nome Raffaele Bendandi era convinto che i sismi si potessero prevedere e in diverse occasioni dette prova della validità delle sue teorie. Bendandi morì a Faenza fra la fine di ottobre e i primi di novembre del 1979 (la data esatta non è conosciuta, perché lo trovarono riverso nel suo "osservatorio"), aveva ottantasei anni ed era già conosciuto come "l'uomo dei terremoti".
Sui terremoti aveva idee tutte particolari che si discostavano dalle convinzioni della scienza ufficiale. Secondo il sismologo faentino, infatti, la causa dei terremoti non è "esogena", nel senso che non deve andare a cercarsi all'interno della Terra, ma "endogena", cioè va cercata al di fuori della Terra e precisamente in certe configurazioni planetarie dove la Luna giocherebbe un ruolo decisivo. Se la Luna, infatti, è responsabile del respiro della marea, eserciterà senz'altro una attrazione anche sulla crosta terrestre e quando questa azione è combinata con le posizioni di altri pianeti, scatterebbe un meccanismo che genererebbe il terremoto.
Bendandi ha sempre lavorato nel suo "osservatorio" pur sapendo di avere tutti contro, però lui le previsioni le azzeccava. Mi raccontava Lino Zauli, che fu il presidente della "Bendandiana" (l'associazione culturale che ha raccolto la sua eredità e che tenta di far luce sulla gran quantità di materiale che ha lasciato), che una sera rincasavano dopo aver trascorso una serata a giocare a carte al bar e quando si salutarono Bendandi gli disse:"Stai attento, perché stanotte tirerà il terremoto".
Zauli non badò a quella previsione, ma mentre stava steso sul letto a leggere il giornale, la casa tremò.
La scienza ufficiale, però, lo snobbò sempre e il povero Bendandi inutilmente consegnava a notai plichi sigillati con dentro le sue previsioni (che quasi sempre si verificavano) per tirare acqua al suo mulino. Niente da fare, fu sempre considerato un fuori legge!
Il segreto delle sue previsioni era contenuto in certi misteriosi diagrammi che gelosamente conservava e una volta, mostrando le sue carte all'amico Zauli, disse: «Queste sono le mie carte. Devi promettermi che quando sarò morto le brucierai!». Ma Zauli gli rispose che non avrebbe mai fatto una cosa simile e il giorno dopo, accanto alla stufa a legna, c'era un bel mucchio di cenere. Bendandi aveva provveduto a incenerire la parte più interessante del suo lavoro.
Oggi la associazione "Bendandiana", formata da fisici e da addetti ai lavori, tenta di carpire quel segreto che Bendandi si è portato nella tomba, proprio come succedeva nelle romantiche storie dell'Ottocento. Si sta lavorando molto e chissà che prima o poi non si arrivi ad una conclusione che faccia veramente scalpore, perché nessuno ancora è riuscito a prevedere questi terribili fenomeni.
Ma leggiamo cosa scriveva Bendandi il 24 giugno 1955: «Che poi i terremoti abbiano una effettiva origine cosmica, non può essere posto in dubbio, troppi sono gli elementi che l'avvalorano. Al 29 marzo dello scorso anno, un grave terremoto colpiva le coste meridionali della Spagna; e se noi consulteremo l'annuario astronomico, troveremo tosto che nel preciso istante che il suolo sussultava terribilmente convulso Ð seminando la rovina e il terrore sopra una vasta regione - la luna trovavasi a 297 gradi di longitudine. Passati sei mesi, al nove settembre alle ore 2, il terribile disastro si ripeteva: la zona colpita infatti era la costa settentrionale africana. La città di Orleansville in Algeria veniva letteralmente rasa al suolo dalle possenti forze endogene; ebbene se noi andiamo a consultare il già citato annuario, troveremo che anche per questo disastro la longitudine della luna era esattamente la stessa cioè 297 gradi!».
L'idea di fondo di queste teorie bendandiane lega strettamente la terra al cielo, ribadendo quindi l'unità del cosmo e delle sue leggi. Certo, non è facile dimostrare l'esattezza di questa intuizione, ma non è nemmeno facile dimostrare il contrario. O forse questa intuizione dell'autodidatta Bendandi sottende qualcosa che ancora non riusciamo a spiegare e che ci sfugge. Altri simili casi si sono verificati nella storia della scienza. Quando gli astronomi puntarono i loro strumenti su Mercurio, si accorsero che il pianeta si muoveva in modo diverso rispetto a quanto prevedevano le leggi di Newton (che per altro funzionavano benissimo per tutti gli altri pianeti). Per salvare Newton, allora, si inventò l'esistenza di un pianeta fra il Sole e Mercurio, chiamato Vulcano, e a questo pianeta (del quale si "calcolò" la massa e tutti gli altri parametri) si dette la responsabilità delle anomalie dei movimenti di Mercurio.
Poi un bel giorno arriva Albert Einstein e con la sua teoria della relatività generale spiega le "anomalie" senza ricorrere all'esistenza di questo pianeta.
Qualcosa del genere potrebbe accadere per le intuizioni di Bendandi. Chissà, forse il ruolo della Luna potrebbe nascondere qualcosa che ancora le nostre teorie non riescono a spiegare, ma in ogni caso l'ipotesi è decisamente intrigante e meriterebbe ulteriori approfondimenti.
E poi, gettando un'occhiata al calendario, i terremoti di questi ultimi giorni si sono verificati intorno alla fase della Luna Nuova, quando cioè la Luna è allineata con il Sole. Tutto questo può dire tutto o non può dire nulla. Sta di fatto che la terra continua a tremare e allora qualcuno potrebbe anche scendere dal pero per prendere in considerazione certe "teorie" per verificarle o per contestarle. Potrebbe anche trovarsi la chiave del problema, una chiave che giace sepolta sotto quel mucchietto di cenere accanto alla stufa di Bendandi.

Franco Gàbici

 

La citazione di Bendandi è tratta da L'uomo dei terremoti. Raffaele Bendandi a cura di Paola Lagorio e Alteo Dolcini, Faenza, Tools, 1992, pp.74-75.

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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