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L a sera del 28 giugno
1992 Los Angeles rimase completamente al buio a causa di un black out dovuto a
un terremoto che aveva sconquassato la città, ma il fatto eccezionale è che i
losangelesi telefonarono allarmati a tutti i centralini della polizia per
chiedere informazioni su tutte quelle misteriose luci che stavano sospese in
cielo e che sembravano minacciosi ufo alla conquista della città, come
accadeva nei romanzi di Wells e in particolare nella “Guerra dei mondi”.
Le
“misteriose luci” in realtà erano le stelle, che evidentemente i losangelesi
mai avevano visto a causa del fortissimo inquinamento luminoso che ha
letteralmente trasformato la poesia delle nostre notti. Ragazzi, che
tristezza! Sembra impossibile, ma l’inquinamento ha veramente guastato tutto e
finalmente sembra che in questi giorni sia stato presentato un progetto di
legge italiano per cercare di mettere un freno a questi inquinamenti che ci
nascondono i più suggestivi e fantastici fenomeni naturali.
Ve lo immaginate
oggi un Giacomo Leopardi che se ne sta a scrutare il cielo da Los Angeles?
Chissà che porcherie di poesie sarebbero venute fuori! Per fortuna, invece, il
vecchio Giacomo poetava dal suo “natio borgo selvaggio” tutto immerso nel buio
delle notti, che a quei tempi erano veramente notti. I poeti hanno sempre
osservato il cielo e qui non posso non ricordare il mio (nel senso della romagnolità) Giovanni Pascoli che fin da bambino osservava il grande scenario
della natura traendone suggestioni e ispirazioni. E tutto questo lo doveva a
sua madre: “Io sento che a lei devo la mia abitudine contemplativa, cioè, qual
ch’ella sia, la mia attitudine poetica. Non posso dimenticare certe sue
silenziose meditazioni in qualche serata, dopo un giorno lungo di faccende,
avanti i prati della Torre. Ella stava seduta sul greppo: io appoggiava la
testa sulle sue ginocchia. E così stavamo a sentir cantare i grilli e a veder
soffiare i lampi di caldo all’orizzonte. Io non so più a che cosa pensassi
allora: essa piangeva. Pianse poco più di un anno, e poi morì”.
Pascoli, più sopra,
lamentava lo scempio della Natura ad opera della “crudele stupidità degli
uomini”, che aveva cancellato dal “bel cielo d’Italia” molte specie di
uccelletti. Fosse vissuto adesso, povero Pascoli!
E noi, uomini del
terzo Millennio, grassi e sazi di tutte le inutilità del progresso, chiusi
nelle nostre solitudini manco ci accorgiamo del cielo che ci sovrasta, di
questa realtà che è scritta dentro di noi e che Kant volle incidere perfino
sulla sua pietra tombale quasi a voler suggellare questa figliolanza stretta,
questa nostra dipendenza dal cielo, che con la sua bellezza ha sempre stordito
gli uomini, oggi smarriti nella salamoia della luce artificiale che ha
trasformato le nostre notti in eterni crepuscoli. Abbiamo paura del buio come
fossimo bambini smarriti e lontani dalle calde mani delle madri. Abbiamo paura
del buio e dei suoi fantasmi che picchiano sui vetri ad ogni calar di sera.
Volti, sorrisi, parole, ricordi…emergono dal buio e si mescolano alle stelle.
Non dobbiamo temere il buio, perché solo nel buio si possono ammirare le
stelle e immaginare viaggi fantastici sul mai domo Ippogrifo della fantasia.
Riavremo, dunque, il
cielo stellato per decreto legislativo. E tutto questo ci dimostra quanto
siamo lontani da un vivere in sintonia con la natura. Ritroveremo le stelle
nelle nostre notti. Auguriamoci soltanto di non provare la stessa paura che
terrorizzò gli abitanti di Los Angeles.
Franco Gàbici
Le riflessioni di
Giovanni Pascoli si possono leggere nella Prefazione ai Canti di
Castelvecchio che dedicò alla madre Caterina Alloccatelli Vincenzi.
Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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