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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale


 

20 luglio 2003

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Ho chiuso l’ultima mia "Bollicina" con un riferimento alla Luna e riattacco di nuovo con il nostro satellite perché mentre sto scrivendo è tutto pieno della luce del plenilunio. Sulla Luna piena ci sarebbe da parlare all’infinito. Il plenilunio ha un fascino tutto particolare e nessuna anima sensibile rimane indifferente quando è bagnata dall’argento della Luna. Non parliamo poi dei poeti, che con la Luna hanno un feeling tutto particolare. Ma anche i musicisti non sono da meno. Ascoltate la "Suonata al chiaro di luna" di Beethoven e poi ditemi se non ho ragione. Gli arpeggi iniziali in "do diesis minore" sono veramente la fine del mondo e ascoltarli alla luce della Luna costituisce una esperienza veramente forte.

Consiglio i miei quattro lettori di andare a scovare i "Racconti" di Dino Buzzati e leggere d’un fiato "Plenilunio", che viene definito in questo modo:

"Era una delle cose più perfette inventate dalla natura e dall’uomo (e dico dall’uomo perché la luce di luna sulle case monumenti, ruderi, strade è molto più conturbante che negli ambienti selvaggi, deserti, montagne, savane, greti di fiume). E non costava una lira...".

Andatevi a leggere gli interrogativi che si pone Buzzati davanti al plenilunio ("che trasforma le povere parvenze del giorno in un paradiso in cui sarebbe bello naufragare per sempre"):

"Perché? Perché questa bellezza senza rimedio, struggente trasfigurazione del mondo, poesia allo stato puro? Perché? Da dove viene? Dal silenzio? Dall’immobilità sepolcrale delle cose? Dalla particolare luminescenza che assumono gli oggetti, gli edifici, i paesaggi? Dal fremito impercettibile della luce lunare sul prato, sulle piante, sui muri, sulla campagna intorno? Dalla sterminata pace? Dall’intensità esagerata delle ombre, vive e tenebrose come l’abisso di cui mai vedremo il fondo, dove un giorno precipiteremo? Non basta. Dal senso di mistero, allora? Ma che cosa significa mistero? Non se ne fa un continuo abuso? Dalla presenza, forse, alla base dei cespugli, dove il buio è più nero (e contemporaneamente nelle cavità deserte delle soffitte), la presenza di vecchi spiriti, elfi, gnomi, piccole fate, rospi, negromanti e profeti?

Ma gli spiriti, purtroppo, non esistono. O dalla presenza invisibile, quieta, rassegnata, senza amarezza né rampogne, dei nostri morti, di tutti quanti col mio stesso nome vissero in questa casa, e la amarono, e, sprofondati nel nulla durante il giorno, ora al richiamo dell’amica luna, la quale mutata non è mai, riaffiorano dalle pietre e dalla terra, e si distendono, lieve coltre di fosforescente nebbia, sul prato dove anch’essi giocarono bambini?".

Valeva la pena questa lunghissima citazione, una profonda meditazione che richiama il Leopardi quando scrive:

"si spiega perché piaccia la luce del sole o della luna, veduta in luogo dov’essi non si vedano e non si scopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; il riflesso di detta luce, e i vari effetti materiali che ne derivano".

Poi arriva il giorno e con esso sparisce come per incanto la poesia della Luna.

Avete mai osservatro la Luna "a giorno alto", si chiedeva Alfredo Oriani? "Invece di un astro pare un cencio, un avanzo di quegli aquiloni di carta che i fanciulli lasciano di marzo salire nel cielo". Ma per fortuna dei poeti la notte ritorna, scura colomba che reca nel becco il ramoscello dolce della poesia.

Franco Gàbici

 

Il racconto Plenilunio di Dino Buzzati si trova in D.Buzzati, Le notti difficili, Milano, Mondadori, 19863, pp. 309-313.
La citazione di Leopardi è tratta dallo Zibaldone, 20 settembre 1821, p. 1744.
Il brano di Alfredo Oriani si legge in Quartetto. Violino.

 

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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