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Primo titolo:
Franco Gàbici «Gadda - Il dolore della cognizione»
Una lettura scientifica dell'opera gaddiana - Isbn 88-86792-40-9

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di memoria, cultura e molto altro...




Rubrica ad aggiornamento settimanale
 

10 novembre 2002

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Il mio libro di testo di filosofia del liceo era il Lamanna, o meglio l'E.P.Lamanna, come si leggeva sulla copertina. Il frontespizio risolveva parzialmente l'enigma di quel misterioso "E.P" presentandolo come "E.Paolo", ma quella "E" restava sempre un mistero. Più avanti negli anni imparai che quella "E" stava per Eustachio, un nome un po' strambo che il suo proprietario nascondeva forse con qualche pudore. Il titolo, scritto in caratteri celesti su fondo bianco, recitava Il problema della scienza nella storia del pensiero con la precisazione "ad uso dei licei scientifici". Costava 950 delle vecchie lirazze e questa la dice lunga sulla vetustà del ricordo scolastico.
Su questo Lamanna abbiamo sudato non poco, perché alcuni filosofi erano proprio incomprensibili e ricordo bene l'impatto traumatico dell'idealismo, con la triade Fichte Schelling Hegel, che pareva la linea mediana della nazionale tedesca di calcio e invece erano tre filosofi che ci hanno fatto ammattire, in particolare Fichte (ricordo le perplessità di fronte a quel suo filosofare fatto di "io" e "non-io") ed Hegel (praticamente incomprensibile), mentre Schelling era il più abbordabile del trio e aveva tutta l'aria di essere una persona normale.
Allora ero giovane studente e non andavo interessandomi di certe cose, ma oggi posso dire che quel simpatico feeling poteva avere la sua origine non solo nella sua comprensione ma anche nel fatto che aveva un qualcosa che lo accomunava con la mia città, la vecchia e imperiale Ravenna. E magari pochi sanno che il primo, anzi la prima, a far conoscere in Italia la filosofia di questo Schelling (nel senso che tradusse una sua opera) fu una donna, e che donna ragazzi!, perché dicono che fosse la donna più bella del suo tempo. E nella sua famiglia la bellezza doveva essere evidentemente di casa, se è vero che una sua zia, Cornelia Barbara Rossi Martinetti, fu una delle ispiratrici del poema Le Grazie di Ugo Foscolo.
Questa donna, che dimostra come non sempre la bellezza stia al denominatore della frazione che indica l'intelligenza, si chiamava Marianna Bacinetti, anche se è più conosciuta come Marianna Bacinetti Florenzi Waddington, dove gli ultimi due cognomi stanno a indicare i due mariti che condivisero con lei parte della vita. Giovanissima, infatti, andò sposa al nobile Florenzi di Perugia secondo uno di quei soliti matrimoni combinati dai genitori ma una volta a Perugia la bella e intelligente Marianna convinse il marito a trasferirsi nella capitale per poter frequentare salotti che si addicessero al suo rango intellettuale e lo sventurato, come si dice manzonianamente, rispose.
Eh sì, perché Marianna a Roma incontrò gli occhi di Lodovico, futuro re di Baviera, e fu subito amore. Ne nacque un mènage a tre che continuò anche quando tutti e tre si trasferirono in Germania, dove il marchese Florenzi fu in qualche modo risarcito dalla nomina a "ciambellano" reale.
Rimasta vedova ritornò in Italia e sposò il londinese Evelyn Waddington, che si trovava in esilio nel nostro paese, poi anche questi morì e Marianna decise di dedicarsi completamente allo studio, al pensiero filosofico e anche alla cospirazione politica. È infatti tempo di Risorgimento e Marianna partecipa ai moti del 1831 trasformando la sua casa in un covo di patrioti. È anche in relazione con Gioberti e Rosmini e scrive feroci critiche contro i soprusi degli austriaci.
Fra il 1843 e il 1869 dà alle stampe più di una ventina di opere e l'anno dopo, il 15 aprile 1870, moriva a Firenze all'età di sessantotto anni mentre stava ordinando, per darlo alle stampe, il ricchissimo epistolario (quasi tremila lettere!) che raccontava la sua avventura amoroso intellettuale con Lodovico di Baviera.
Di Marianna Bacinetti si interessò anche Benedetto Croce (del quale ricorrono ormai i cinquant'anni della morte) che così scrisse: "Intorno a questa egregia donna, che visse a lungo in Germania e fu in relazioni personali ed epistolari con molti filosofi della prima metà del secolo XIX, si faccia una pubblicazione documentaria, che riescirebbe di grande importanza".
Marianna, infine, fu la prima donna ad essere ammessa alla Accademia delle scienze di Napoli.
Per onorarne la memoria i perugini dettero alle stampe una miscellanea intitolata Tributo di dolore.
Italia, patria di santi, eroi e navigatori, ma anche di donne intelligenti che pochi però, ahinoi, ricordano.

Franco Gàbici

 

Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 

 

 

 

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