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Due anniversari per il mitico Nicolò Carosio
50 anni dalla sua prima telecronaca e già venti dalla scomparsa.
"Amici sportivi italiani in ascolto,
qui è Nicolò Carosio che vi parla e vi saluta…” il cavallo randagio della
memoria ha immerso le froge dentro alla greppia degli anni Quaranta del secolo
scorso e ha ripescato fra le biade e le lupinelle del tempo questa voce che
metteva in azione “staffe”, “incudini” e “martelletti” col tipico fruscio di
sottofondo delle radio, quando la voce del cronista stuzzicava la fantasia e ci
abituava all’esercizio dell’immaginazione, costruendo scenari e situazioni che
poi la televisione, con la prosa delle immagini, ha distrutto come neve al sole.
Ero bambino a quei tempi e ricordo che l’estate assolata mi portava l’odore
caldo del mare e la fatica del giro ciclistico di Francia, il mitico tour, che
nel pomeriggio veniva raccontato alla radio da Ferretti, quello dell’uomo solo
al comando. Ed era proprio così, i radiocronisti entravano in cronaca per
approssimazioni successive e con diversi blow-up, mica ti dicevano subito che
Coppi pedalava solitario in testa, macché, prima ti facevano lavorare con la
fantasia con sintagmi del tipo “un uomo arranca sulla salita” e magari
spendevano due parole
sul paesaggio e sulla fatica del pedalare, poi si passava alla descrizione
dell’abbigliamento, “la sua maglia è tricolore” oppure “è bianco celeste” (erano
i colori della Bianchi, la casa sportiva del Campionissimo), e infine quando già
il cuore palpitava di entusiasmi patriottici ti sparava il nome “il suo nome è
Fausto Coppi!”.
Ecco che cos’erano allora le radiocronache e se oggi le metto dentro a una
“bollicina” è per ricordare il mitico radiocronista Nicolò Carosio, la prima
voce del calcio, che in questo 2004 celebra due ricorrenze, la morte avvenuta a
Milano vent’anni fa (1984) e i cinquant’anni della prima telecronaca in diretta
di una partita di calcio.
Era il 24 gennaio 1954 e la platea dei telespettatori era rappresentata da pochi
intimi. Carosio, insieme a Vittorio Veltroni (responsabile del primo
telegiornale, ma soprattutto “scopritore” di Mike Bongiorno al quale affidò il
programma “Arrivi e partenze”) e Carlo Bacarelli (primo “mezzobusto” della Rai)
raccontò Italia-Egitto, che finì con lo schiacciante successo degli azzurri per
cinque reti a uno. Si giocava a Milano con questa formazione Costagliola;
Magnini, Cervato (Ballacci); Chiappella, F.Rosetta, Segato; Muccinelli, Ricagni,
Boniperti, Pandolfini, Frignani.
Si è sempre detto che Carosio tessesse le sue radiocronache indipendentemente
dagli accadimenti sul prato sicché le partite erano due, quella vera e quella
raccontata da lui che magari senza saperlo aveva inventato la prima cronaca
“virtuale” e poi si è sempre detto che la televisione abbia scoperto le sue
magagne, ma tutto questo mi sembra ingiusto perché Carosio è e resterà sempre un
mito e i miti bisogna accettarli così come sono e comunque le sue radiocronache,
con o senza il “quasi gol”, sono pur sempre da preferire alle telechiacchierate
che impidocchiano lo schermo dove non basta un solo telecronista perché occorre
il supporto del commento tecnico (il cronista dice entra in area, tiro, fuori di
un metro; il commento tecnico se avesse centrato la porta avrebbe fatto gol.
Della serie “se mia nonna avesse avuto le ruote…”) e poi c’è il collegamento a
bordo campo, e quello dal sottopassaggio e magari arriverà il giorno in cui,
come in “Viaggio allucinante”, miniaturizzeranno una troupe e la ficcheranno
dentro allo stramaledetto pallone così potrà racconterà l’evento con una
“dirtetta” che più diretta non si può). Io, se proprio volete saperlo, preferivo
la cronaca poco chiacchierata.
Una volta ebbi modo di rivedere lo spareggio Bologna-Inter per lo scudetto
1963-1964, vinto dal Bologna per 2 a 1, e il telecronista dall’Olimpico, manco a
dirlo, era proprio Carosio. Mi ero quasi deciso a portare a riparare il
televisore perché pensavo si fosse guastato l’audio e invece Carosio si limitava
a citare il nome dei giocatori, Perani, Bulgarelli, Haller, Nielsen… rete, rete,
ha segnato Nielsen, tutto qui, ma che fascino ragazzi. Adesso ogni azione di
gioco viene interpretata e sul calcio si riesce a fare perfino della filosofia.
Carosio era anche un impulsivo e una volta il suo tifo per i nostri colori gli
costò l’allontanamento dai microfoni. Fu durante i mondiali in Messico del 1970
quando se la prese con un “guardialinee” etiope che aveva segnalato un fuori
gioco a suo parere inesistente e lo apostrofò chiamandolo con disprezzo
“l’etiope”. Ne venne fuori un caso internazionale e i papaveri della Rai (i cui
epigoni oggi tollerano programmi da nettezza urbana e ostentazioni scollacciate)
lo sospesero all’istante.
Ma Carosio resterà sempre Carosio. Nel novembre del 2000 gli hanno pure dedicato
una targa nello stadio La Favorita di Palermo e l’allora sindaco Orlando lanciò
pure l’idea di innalzare un monumento alla “prima voce del calcio italiano”.
Grande Nicolò! La sua voce accompagnava le telecronache ancora in bianco e nero
e mentre il “cuoio” rimbalzava sul prato lui trasformava l’evento sportivo in un
elzeviro. La “voce” di Carosio rimarrrà per sempre nella colonna sonora degli
anni beati e il suo personalissimo stile resterà comunque irripetibile. Del
resto, con un nome così, non poteva essere diversamente. Anche suo illustre
omonimo, infatti, era solito non ripetersi (con il violino) perché la seconda
legge della termodinamica non consente di bagnarsi due volte nella stessa acqua.
Peccato! Franco Gàbici
Martelletti, incudini e staffe non son robe da maniscalchi, ma tre ossicini che
stanno dentro all’orecchio e che le mie reminiscenze liceali indicano come i
responsabili del nostro sentire.
In Italia-Egitto aprì le marcature Pandolfini al primo minuto. Poi pareggiò
l’Egitto. Nella ripresa, come si dice in “calcese”, gli azzurri dilagarono,con
reti di Frignani, Ricagni e una “doppietta” di Boniperti.
“Viaggio allucinante” è il titolo di un famosissimo film di fantascienza che
uscì nel 1966 per la regia di Richard Fleischer.
Il neologismo “mezzobusto” fu coniato da Sergio Saviane e apparve per la prima
volta in un servizio a stampa nel 1971.
Simonelli Editore consiglia di leggere:
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Franco Gàbici Sabato 24 gennaio, a Ravenna, il libro viene presentato
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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