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di memoria, cultura e molto altro...

 

Rubrica ad aggiornamento settimanale

Ravenna, 21 giugno 2004

 

 

 

 

 

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Estate, andiamo, è tempo di spogliarsi...
Ma dicono che quest'anno il tempo sarà un po'  così. "Estate, sei calda come i baci che ho perduto, sei piena di un amore già passato…" cantava Bruno Martino

È arrivata l’estate, ma non facciamoci troppe illusioni perché il cielo è grigio-bianco e un venticello fresco accarezza il verde degli alberi. Dicono che sarà un’estate un po’ così, come del resto lo è stata anche la primavera. Tutto è un po’ così. Le stagioni son proprio diventate matte. Ennio Flaiano diceva però che l’estate era l’unica stagione degna di essere ricordata “Non c’è che una stagione l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno l’invoca, la primavera l’invidia e tenta puerilmente di guastarla”. Bruno Martino cantava “Estate, sei calda come i baci che ho perduto, sei piena di un amore già passato…” e già si immalinconiva pensando all’inverno, un vero inverno del suo scontento, “tornerà un altro inverno, cadranno mille petali di rose, la neve coprirà tutte le cose e il cuore un po’ di pace troverà”.
Estate, andiamo, è tempo di spogliarsi e proprio quarant’anni fa André Courréges, creatore di moda, mandava sulla passerella le sue ragazzotte con la gonna che si fermava a una spanna dalla rotula creando sospiri e proteste di quanti erano fedeli ad una morale costruita pazientemente con il doppio decimetro. E mentre i moralisti del centimetro andavano bofonchiando il loro scandalizzato “di questo passo dove andremo a finire?”, noi ragazzotti eravamo felici perché finalmente l’occhio poteva spaziare là dove prima non avrebbe mai potuto osare. Ma, come si dice, tutto è relativo e oggi la minigonna non scandalizza più nessuno, anzi considerando certi paludamenti la minigonna è indumento castigatissimo, una roba da educande insomma. Il tempo passa, dunque, inesorabile.
Estate, 21 giugno, solstizio. Una parola che può suonar strana, “come gnomone in Euclide o simonia nel catechismo”, parola di James Joyce che scrive queste considerazioni all’inizio dei suoi “Dubliners” (Gente di Dublino). Solstizio! E’ termine che deriva dalla locuzione latina “solis statio” e che significa “punto di fermata del sole”. Dal solstizio invernale ad oggi, infatti, il Sole si è arrampicato sulla volta celeste e il suo arco giornaliero si è via via presentato con sbadigli sempre più larghi fino ad oggi, giornata dallo sbadiglio più lungo che più lungo non si può. Davvero. Oggi, 21 giugno, avremo la notte più corta e il dì più lungo e in questa circostanza si coglie, forse, la caducità dell’estate, una stagione che appena nata inizia a morire. Dal 21 giugno in poi, infatti, il Sole comincia ad abbassarsi sempre più fino a cadere fra le grinfie dell’autunno. Se lo preferite, esiste anche una lettura meno tragica. Questa mattina, infatti, il sole all’alba ha fatto capolino nel punto più distante da Est (verso Nord) e da domani la nostra stella inizierà la sua marcia di avvicinamento al punto cardinale Est, che raggiungerà il primo giorno d’autunno.
Ma torniamo a Joyce, che inventò la lunga giornata di Bloom nel suo Ulisse proprio cinque giorni prima del solstizio estivo, vale a dire in quel 16 giugno che quest’anno è stato celebrato con particolare solennità perché era l’anno 1904 e dunque giusto un secolo fa. Però Joyce mica poteva sapere che il primo centenario del suo “Bloom’s day” sarebbe capitato proprio nel bel mezzo dei campionati europei della pelota e dunque in un momento in cui gli italiani ficcano la testa dentro al pallone e per un mese non riescono a vedere altro. Si parla solamente di formazioni, di schemi tattici, di rigori non concessi, di risultati a sorpresa. E siamo preoccupati se i nostri atleti si trincerano dietro al silenzio stampa, privandoci così delle loro succulente esternazioni, che farebbero invidia a un manuale di filosofia. Bocche cucite, dunque, anche se qualcuno ha violato le consegne esternando saliva a beneficio di un danese. Se ne parlerà ancora per molto tempo, state certi, soprattutto se la nostra avventura calcistica europea naufragherà. Ma qualche speranzella c’è ancora e la nostra qualificazione al turno successivo è legata a un filo. Insomma potremo dire che siamo proprio attaccati alla qualificazione con lo sputo. E in questo senso Totti è stato un profeta e anziché rifilargli tre giornate di squalifica dovevano dargli invece una medaglia. Il mondo va proprio alla rovescia!

Franco Gàbici

La citazione di James Joyce è tratta dal racconto “Sorelle” che apre “Gente di Dublino”. Nella versione mondadoriana degli Oscar (1973) si trova a pag. 41.


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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