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Quella sera d'estate una viaggiatrice...
Era austriaca, si chiamava
Elisabeth, cercava un albergo nei giorni di ferragosto e....
Le “Bollicine” non sono
un diario, però questa vicenda della mia vita credo meriti di essere
raccontata perché coinvolge personaggi di grande spessore. E’ una storia
interessante e credo che non stonerebbe affatto in una di quelle tante
rubriche che appaiono oggi sui quotidiani e riviste e che raccolgono le
cosiddette “storie d’estate” perché questa che sto per raccontarvi è
proprio una storia d’estate, di una estate di molti anni fa, talmente
tanti che non ricordo più esattamente l’anno, ma dovrebbe essere il
1955. E il personaggio coinvolto si chiamava Elizabeth.
Tutto qui?
Sì, tutto qui, però aspettate e andate avanti nella lettura.
E’ una caldissima sera d’estate del 1955. A quei tempi le famiglie erano
solite la sera andare a prendere il gelato sotto il fresco dei platani
del viale della stazione accanto alla millenaria basilica di San
Giovanni Evangelista e mentre noi ragazzini ci divertivamo un sacco a
cavalcare i leoni del monumento dedicato all’Italia, le nostre mamme,
nonne, zie e amiche (erano le donne, infatti, che accudivano i figli) si
intrecciavano la lingua a suon di chiacchiere.
Fu proprio nel bel mezzo di una chiacchierata che si fa viva una
turista. Dice di essere austriaca, ma parla benissimo la nostra lingua e
chiede l’indicazione di un albergo dove passare la notte. Il centro è a
pochi passi dal luogo e mia zia si offre per accompagnarla e io
allegramente me ne vado con loro. Mentre si cammina verso il centro la
turista ci informa che non pretende di certo l’albergo di lusso ma che
si accontenta anche di una modesta locanda.
Il periodo, però, non è dei migliori perché siamo a ridosso del
Ferragosto e in effetti i primi approcci con gli alberghi e le locande
si risolvono in un nulla di fatto. Gira e gira e gira alla fine si
riesce finalmente a trovare un buco, la turista si dimostra felice e noi
ce ne andiamo. Prima di uscire dalla locanda, però, mia zia getta
un’ultima occhiata verso l’interno e nota con sorpresa che la turista è
stata sistemata in un letto di fortuna piazzato nel sottoscala. Sì,
d’accordo, l’albergatore aveva detto che aveva il tutto esaurito e che
la signora avrebbe dovuto accontentarsi ma quella sistemazione sembrava
proprio un insulto.
Noi italiani siamo capaci di grandi gesti e infatti mia zia, colta da
un’ondata di pietà, fece presente all’albergatore che quella non era una
sistemazione degna e pertanto fece la proposta alla turista di lasciar
l’albergo perché sarebbe stata ospitata nella nostra casa. In questa
maniera avremmo contribuito a consolidare l’immagine dell’Italia
accogliente ed
ospitale. Ma non credo che mia zia avesse agito pensando all’Italia e
alla sua immagine.
Così Elizabeth venne a dormire a casa nostra e vi restò per qualche
giorno.
In Romagna l’ospitalità è sacra e mia nonna, che era la reggitrice della
casa, prepara per il giorno dopo un pranzo che avrebbe sfamato un intero
pullman di turisti ma grande fu la sorpresa quando Elizabeth, rientrata
alla base dopo il suo grand tour attraverso i nostri fantastici
monumenti, fa presente che lei si nutre solamente con arance e latte
pastorizzato.
Poi, naturalmente, si parla del più e del meno ed Elizabeth ci informa
che abita a Vienna e che ha un fratello “professore di musica” che si
chiama Erich.
Grazie e tanti saluti. E invece succede che alcuni mesi dopo mi trovo a
raccontare questo episodio al nostro medico di famiglia, il dottor
Oddone De Lorenzi, che è pure un vecchio amico di mio padre e al dottor
De Lorenzi, che nel suo studio ha un quadretto che raffigura le mani di
Arturo Toscanini mentre sta dirigendo, vengono i lucciconi agli occhi
quando sente il nome di Erich Kleiber.
"Ma non sai", mi dice, "che Kleiber è il più grande direttore
d’orchestra del mondo e che voi avete avuto la fortuna di ospitare la
sorella?"
E mi invitò a scriverle per avere una foto di Erich con tanto di
autografo. Ricordo che scrissi ad Elizabeth e che lei mi rispose molto
gentilmente dicendo che suo fratello purtroppo era morto da poco (Erich
morì nel 1956) e comunque mi allegò alla lettera una foto di Erich che
poi passai al dottore.
Ho raccontato tutto questo perché ho appena letto sui quotidiani che è
morto Carlos Kleiber, figlio di Erich (come tutti hanno scritto) e
nipote di Elizabeth (che nessuno, però, ha scritto). Mi ero sempre
proposto di avere un incontro con Carlos, forte della mia vecchia
amicizia con Cristina, che è la moglie del maestro Riccardo Muti, altra
“bacchetta” fenomenale. Mi sarebbe piaciuto informare Carlos che io e la
mia famiglia siamo stati amici di sua zia e che fu ospitata nella nostra
casa anche in anni successivi. Mi sarebbe piaciuto saperne di più sulla
sua vecchia zia, quella turista austriaca che si fermò a parlare con mia
zia in una lontana notte d’estate mentre io, ancora con i calzoni corti,
mi divertivo a cavalcare i leoni di sasso bianco attorno al monumento
dell’Italia. Franco Gàbici
Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della
cognizione di
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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