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di memoria, cultura e molto altro...

 

Rubrica ad aggiornamento settimanale

Ravenna, 20 luglio 2004

 

 

 

 

 

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Quella sera d'estate una viaggiatrice...
Era austriaca, si chiamava Elisabeth, cercava un albergo nei giorni di ferragosto e....

Le “Bollicine” non sono un diario, però questa vicenda della mia vita credo meriti di essere raccontata perché coinvolge personaggi di grande spessore. E’ una storia interessante e credo che non stonerebbe affatto in una di quelle tante rubriche che appaiono oggi sui quotidiani e riviste e che raccolgono le cosiddette “storie d’estate” perché questa che sto per raccontarvi è proprio una storia d’estate, di una estate di molti anni fa, talmente tanti che non ricordo più esattamente l’anno, ma dovrebbe essere il 1955. E il personaggio coinvolto si chiamava Elizabeth.
Tutto qui?
Sì, tutto qui, però aspettate e andate avanti nella lettura.
E’ una caldissima sera d’estate del 1955. A quei tempi le famiglie erano solite la sera andare a prendere il gelato sotto il fresco dei platani del viale della stazione accanto alla millenaria basilica di San Giovanni Evangelista e mentre noi ragazzini ci divertivamo un sacco a cavalcare i leoni del monumento dedicato all’Italia, le nostre mamme, nonne, zie e amiche (erano le donne, infatti, che accudivano i figli) si intrecciavano la lingua a suon di chiacchiere.
Fu proprio nel bel mezzo di una chiacchierata che si fa viva una turista. Dice di essere austriaca, ma parla benissimo la nostra lingua e chiede l’indicazione di un albergo dove passare la notte. Il centro è a pochi passi dal luogo e mia zia si offre per accompagnarla e io allegramente me ne vado con loro. Mentre si cammina verso il centro la turista ci informa che non pretende di certo l’albergo di lusso ma che si accontenta anche di una modesta locanda.
Il periodo, però, non è dei migliori perché siamo a ridosso del Ferragosto e in effetti i primi approcci con gli alberghi e le locande si risolvono in un nulla di fatto. Gira e gira e gira alla fine si riesce finalmente a trovare un buco, la turista si dimostra felice e noi ce ne andiamo. Prima di uscire dalla locanda, però, mia zia getta un’ultima occhiata verso l’interno e nota con sorpresa che la turista è stata sistemata in un letto di fortuna piazzato nel sottoscala. Sì, d’accordo, l’albergatore aveva detto che aveva il tutto esaurito e che la signora avrebbe dovuto accontentarsi ma quella sistemazione sembrava proprio un insulto.
Noi italiani siamo capaci di grandi gesti e infatti mia zia, colta da un’ondata di pietà, fece presente all’albergatore che quella non era una sistemazione degna e pertanto fece la proposta alla turista di lasciar l’albergo perché sarebbe stata ospitata nella nostra casa. In questa maniera avremmo contribuito a consolidare l’immagine dell’Italia accogliente ed
ospitale. Ma non credo che mia zia avesse agito pensando all’Italia e alla sua immagine.
Così Elizabeth venne a dormire a casa nostra e vi restò per qualche giorno.
In Romagna l’ospitalità è sacra e mia nonna, che era la reggitrice della casa, prepara per il giorno dopo un pranzo che avrebbe sfamato un intero pullman di turisti ma grande fu la sorpresa quando Elizabeth, rientrata alla base dopo il suo grand tour attraverso i nostri fantastici monumenti, fa presente che lei si nutre solamente con arance e latte pastorizzato.
Poi, naturalmente, si parla del più e del meno ed Elizabeth ci informa che abita a Vienna e che ha un fratello “professore di musica” che si chiama Erich.
Grazie e tanti saluti. E invece succede che alcuni mesi dopo mi trovo a raccontare questo episodio al nostro medico di famiglia, il dottor Oddone De Lorenzi, che è pure un vecchio amico di mio padre e al dottor De Lorenzi, che nel suo studio ha un quadretto che raffigura le mani di Arturo Toscanini mentre sta dirigendo, vengono i lucciconi agli occhi quando sente il nome di Erich Kleiber.
"Ma non sai", mi dice, "che Kleiber è il più grande direttore d’orchestra del mondo e che voi avete avuto la fortuna di ospitare la sorella?"
E mi invitò a scriverle per avere una foto di Erich con tanto di autografo. Ricordo che scrissi ad Elizabeth e che lei mi rispose molto gentilmente dicendo che suo fratello purtroppo era morto da poco (Erich morì nel 1956) e comunque mi allegò alla lettera una foto di Erich che poi passai al dottore.
Ho raccontato tutto questo perché ho appena letto sui quotidiani che è morto Carlos Kleiber, figlio di Erich (come tutti hanno scritto) e nipote di Elizabeth (che nessuno, però, ha scritto). Mi ero sempre proposto di avere un incontro con Carlos, forte della mia vecchia amicizia con Cristina, che è la moglie del maestro Riccardo Muti, altra “bacchetta” fenomenale. Mi sarebbe piaciuto informare Carlos che io e la mia famiglia siamo stati amici di sua zia e che fu ospitata nella nostra casa anche in anni successivi. Mi sarebbe piaciuto saperne di più sulla sua vecchia zia, quella turista austriaca che si fermò a parlare con mia zia in una lontana notte d’estate mentre io, ancora con i calzoni corti, mi divertivo a cavalcare i leoni di sasso bianco attorno al monumento dell’Italia.

Franco Gàbici


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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