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di memoria, cultura e molto altro...

 

Rubrica ad aggiornamento settimanale
Sereno Ferragosto a Tutti la prossima rubrica alla fine del mese

Ravenna, 3 agosto 2004

 

 

 

 

 

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Ebbene sì, lo confesso
non riesco a leggere i libri di Eco
Ho provato con «Il nome della rosa», ho tentato ancora con  «Pendolo di Foucault», no, non ce la faccio e non leggerò neppure l'ultimo appena uscito...

Ogni volta che esce un libro di Umberto Eco cado in una crisi profonda e il motivo è presto detto. Un libro di Eco costituisce sempre un grande avvenimento nel campo culturale e nei salotti letterari non si parla d'altro. Recentemente mi ha pure telefonato una cara amica per dirmi che la lettura dell'ultimo libro di Eco la sta mandando in sollucchero e si augurava che pure io mi stessi solluccherando. E invece devo confessarvi che non mi riesce di leggere i libri del grande Umberto. E non riesco a capire il motivo. Forse uno psicologo potrebbe aiutarmi a sbrogliare questa matassa.
Tutto è iniziato con «Il nome della rosa».Il titolo entrò immediatamente a far parte della mia biblioteca personale, ma al primo tentativo di lettura naufragai vergognosamente. Tutti leggono Eco, tutti parlano di questa stramaledetta "rosa" e io non riesco ad andare oltre venti pagine? Non sia mai detto. Lascio decantare un po' il libro e nel frattempo evito di frequentare salotti per non essere coinvolto nella discussione e dopo qualche settimana riattacco. Niente da fare. Per me leggere Eco è come scalare una montagna.
A farla corta ho attaccato diverse volte «Il nome della rosa»e alla fine ho deciso di lasciar perdere anche perché non credo sia obbligatorio leggere Eco né mi risulta che nessun medico lo prescriva per trarne benefici alla salute. Dunque, si campa benissimo anche senza aver letto «Il nome della Rosa»e tanto per farmi un po' di coraggio potrei chiedere a Eco se lui per caso abbia mai letto«I principi della meccanica quantistica»di Paul Maurice Adrian Dirac. Lui potrebbe rispondermi che si campa ugualmente anche senza averlo letto. Giustissimo. E così siamo pari.
Poi uscì il «Pendolo di Foucault»con quella disquisizione iniziale intorno al "pi greco" non proprio corretta e soprattutto ricordo una sua intervista (di Eco, non del "pi greco") nel corso della quale lo scrittore faceva presente al mondo intero che lui aveva spedito suo figlio al Planetario di Parigi per fare non so bene cosa (sempre in funzione del libro, si capisce) al che ho pensato che poteva risparmiare i soldi del viaggio cercando anche un Planetario in Italia.
Poteva mandare il figlio anche a Ravenna, magari al mio Planetario, perché i programmi dei Planetari sono tutti uguali e anche noi abbiamo un Pendolo di Foucault (che però non funziona, ma cosa volete che sia un pendolo che non funziona di fronte a tutte le cose al mondo che non funzionano!). E poi in un'altra intervista Eco fece presente al mondo intero che lui andò in non so quale Planetario e provò una emozione fortissima al vedere il cielo che corrispondeva al giorno (anzi alla notte) del suo compleanno e la gente a pensare ah che idea geniale si è accesa nella testa di Eco! E invece Eco può rinnovare la sua emozione standosene a casa sua ad ammirare il cielo notturno il giorno del suo compleanno perché il cielo è sempre lo stesso e non è cambiato proprio niente da sessant'anni a questa parte.
Le circa tremila stelle che sono visibili ad occhio nudo si presentano sempre allo stesso modo e se proprio vogliamo cercare il pelo nell'uovo possiamo dire che l'unica differenza consiste nella diversa posizione dei pianeti, ma considerando che i pianeti visibili sono cinque e che Mercurio non si vede quasi mai e che è difficile vedere insieme anche tutti gli altri quattro, se su uno sfondo di tremila stelle cambia soltanto la posizione di due o tre luci (i pianeti) sfido chiunque a notare la differenza. Eco, dunque, sembra non avere idee molto chiare in fatto di astronomia ed evidentemente non le hanno nemmeno i suoi lettori.
Non credo che ai miei lettori interessi più di tanto essere messi al corrente che io non abbia mai letto Umberto Eco, ma qualcosa dovevo pur dire per chiudere questa Bollicina prima di andare qualche settimana in ferie. Tutti parlano di ferie e alla fine dovrò andare anch'io. Nella mia valigia delle vacanze si trovano decisamente più libri che calzini. Quasi quasi ci ficco dentro anche l'ultima fatica di Eco. E se poi non mi riuscirà di leggere nemmeno questa? Forse è meglio che la lasci fuori dalla valigia, mica voglio trasformare le mie vacanze in una tortura.
E buone ferie, cari lettori.

Franco Gàbici

Sereno Ferragosto a Tutti la prossima rubrica alla fine del mese


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Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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