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di memoria, cultura e molto altro...

 

Rubrica ad aggiornamento settimanale

Ravenna,
22 settembre 2004

 

 

 

 

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Veder cader le foglie mi lacera dentro...
Tra i versi di Vincenzo Cardarelli e quelli di Giuseppe Ungaretti parliamo tanto dell'autunno che, come sempre,  anche quest'anno è arrivato puntualmente...

Ragazzi arriva l’autunno (22 settembre), come del resto è sempre accaduto da che mondo è mondo. I segni premonitori di questa stagione si avvertono nell’aria e nelle cose, le giornate si ingobbiscono, i colori si fanno più caldi e il giallo delle foglie impasta antiche malinconie.


Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
Soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano dei bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno,
una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno,
che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno
mi sento d'accordo
con gli uomini e con me stesso.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
dei viali d'ippocastani.

L’autunno, che già il poeta annusava nelle piogge d’agosto (non lambiccatevi troppo la testa perché ve lo dico io chi è il poeta in questione, è Vincenzo Cardarelli), io lo vedo invece attraverso l’ombra del “Cerchio d’Ipparco”, un antico strumento che ho fatto collocare proprio accanto al mio Planetario e che, se volete, potete anche installare nel vostro giardino di casa. Per tutto l’anno, questo cerchio proietta sulla sua base un’ombra ellittica la cui forma e posizione dipendono ovviamente dall’altezza del sole sull’orizzonte, ma quando il Sole si trova esattamente sul piano di questo cerchio succede il miracolo, perché l’ombra diventa una retta.
Il fenomeno si ripete anche il primo giorno di primavera (intorno al 21 marzo) e dunque i due giorni equinoziali sono caratterizzati da questa ombra sottile e rettilinea. Lo avevano intuito i Greci fin dal secondo secolo prima di Cristo. E dal momento che stiamo parlando di questioni astronomiche vi invito a osservare il cielo poco prima dell’alba, perché il pianeta Venere sta facendo di tutto per “far ridere l’oriente”, come diceva il vecchio Dante, che sull’astronomia la sapeva lunga, oh sì se la sapeva lunga.
Ma torniamo alla Luna, perché in questo periodo si comporta in maniera tutta particolare. Si legge nei libri che mediamente la Luna ritarda il suo sorgere di circa tre quarti d’ora al giorno, ma in questo periodo se consultate un almanacco astronomico vi accorgete che non è affatto vero perché la Luna ritarda invece il suo sorgere di appena una ventina di minuti. Pertanto si potrebbe anche affermare che l’astro bianco della notte si leva quasi alla stessa ora, sicché verrebbe fatto di esclamare, con Caronte, “Son le leggi d’abisso così rotte?”. E invece non si è rotto nulla ed è tutto normale. Il perché, però, è troppo complicato da spiegare. La Luna, infatti, mica si chiama Luna per nulla. E’ molto lunatica nei suoi comportamenti, tant’è che calcolare esattamente il movimento del nostro satellite è un’impresa veramente difficile.
Pensate che secondo una delle teorie più recenti dovuta al famoso “Bureau des Longitudes” di Parigi, per il solo calcolo della distanza Terra-Luna si tiene conto di ben 9618 fattori periodici e, di questi, 8644 sono determinati dalla attrazione dei pianeti. Un vero pasticciaccio. Ma nessuno pensa a queste cose, altrimenti si guasterebbe la poesia del cielo. Perché c’è un cielo per l’astronomia, ma c’è anche un cielo per la poesia. Un cielo che accoglierà presto le nebbie autunnali. Ma oltre le nebbie, come canta Giuseppe Ungaretti, ci sono sempre le stelle a consolarci:

Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle.
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore
del cielo.

Franco Gàbici

La poesia delle foglie è tratta dalla raccolta “Poesie d’amore” di Nazim Hikmet.


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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