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La Stella Cometa? Un
clamoroso falso
Con l’approssimarsi del Natale torna a far capolino
quell’orrendo anacoluto astronomico che risponde al nome di “stella cometa” e in
tutto il mondo sulla capanna di Gesù Bambino si collocherà la stella con le
punte e con la coda. Si tratta, in verità, di un clamoroso falso astronomico che
tuttavia la tradizione continua a mantenere in vita. Le comete e le stelle,
infatti, non hanno niente in comune, essendo corpi appartenenti a categorie
diverse. Le stelle, ad esempio, sono caldissime e, come sanno tutti, brillano di
luce propria. Le comete, invece, riflettono la luce del Sole e poi sono corpi
molto più piccoli e ghiacciati. Sono delle “palle di neve sporca”, come ebbe a
definirle molto efficacemente l’astronomo Whipple, o se preferite dei sorbetti
che girano attorno al Sole. Ecco cosa sono le comete.
Veramente anch’io, quando preparavo il presepio per i miei figli, per diversi
anni ho messo sulla capanna la stella con la coda e dunque anch’io ho fatto
parte della schiera degli “untori” ai quali è affidato il compito di spargere
questo errore.
Dicembre sembra proprio essere il mese degli errori astronomici e infatti
proprio in questi giorni si è festeggiato Santa Lucia (la santa del 13 dicembre,
la “santa della luce” protettrice della vista), giorno al quale è associato il
famoso detto: “Santa Lucia, la notte più lunga che ci sia”. Poi si consulta un
almanacco astronomico e ci si accorge che non è affatto vero. E infatti la notte
più lunga (e, ovviamente, il “dì” più corto) dell’anno è quella del solstizio
d’inverno (21 dicembre).
Perché allora si va raccontando che la notte di Santa Lucia sia la più lunga
dell’anno? Molto semplice. Il detto è antichissimo e la sua origine è senz’altro
da ricercare in un'epoca in cui non vigeva il calendario nostro che, come è
noto, fu riformato da papa Gregorio nel XVI secolo. Prima della riforma il
solstizio cadeva proprio intorno al 13 dicembre e pertanto il detto era giusto.
Poi è arrivata la riforma del 1582 di papa Gregorio XIII, che fu necessaria
perché il calendario non andava più d’accordo col Sole. Ignazio Danti fece
notare al papa che la data dell’equinozio di primavera cadeva l’11 marzo
(anziché il 21) e tutto questo avrebbe inciso sulla determinazione della data
della Pasqua che, come penso saprete, è sempre legata al primo giorno
diprimavera. Se, a differenza del Natale, la Pasqua cambia sempre è perché viene
calcolata sulla luna: la domenica di Pasqua, infatti, è la domenica successiva
al primo plenilunio di primavera.
La riforma, allora, che fu promulgata il 24 febbraio del 1582 con una bolla del
Papa (che all’epoca aveva ottant’anni), stabilì che nel 1582 si sarebbe passati
direttamente da giovedì 5 ottobre a venerdì 16 ottobre, perdendo così 10 giorni
e facendo non certo la gioia di quanti avrebbero compiuto gli anni in quel lasso
di tempo. Scozzesi e genovesi, invece, esultarono non poco perché così si
risparmiarono di acquistare un regalino per quanti avevano perso il compleanno.
Per loro Gregorio XIII fu un gran papa.
Tutto questo per dire che dopo la riforma del calendario il detto di Santa Lucia
ha perso il suo tasso di verità, ma la forza della tradizione, come nel caso
della “stella cometa”, ha prevalso e oggi tutti continuano ancora credere che
nel giorno di Santa Lucia si verifichi la notte più lunga.
Per la notte più lunga, invece, come già abbiamo ricordato, occorrerà attendere
il 21 dicembre. Da quel giorno il Sole inizierà a salire lentamente
sull’orizzonte e conseguentemente i giorni si stireranno sempre più come tante
lucertole al Sole.
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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