n.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
100
101
102
103
104
105
106
107
108
109
110
111
112
113
114
115
116
117
118
119
120
121
122
123
124
125
126
127
128
129
130
131
132
133
134
135
136
137
138
139
140
141
142
143
Leo Longanesi e il cane a sei zampe
Dalla "faccenda" del marchio dell'Eni,
appunti per ricordare un grande scrittore tanto scomodo quanto divertente del
quale tutti si rammenteranno nel 2005 a cento anni dalla nascita.
"Le foglie del giardino sono già
rossicce e l’anima - dice una signora – l’anima ripiega su se stessa al primo
vento d’autunno. Certo, il difficile, ora, è trovare una pelliccia per quell’anima…”.
Vi passo questa frase mentre osservo le foglie della mia Vite
americana che sta regalandomi la solita macchia rossa sul muro del mio cortile,
divorando il verde e tingendolo di un rosso caldo. Ah, dimenticavo di dirvi che
la frase che ha aperto questa ennesima Bollicina (ma quand’è che vi stancherete
di leggerle?) è di Leo Longanesi, un personaggio del quale si parlerà molto
perché il prossimo anno cadrà il centenario della nascita, avvenuta a
Bagnacavallo nel 1905.
Bagnacavallo, un paese a un tiro di sasso da Ravenna, ha
avuto il suo momento di gloria quando il grande Albertone vi calò per
interpretare il film “Il presidente del Borgorosso Football Club”. Il film è di
Luigi Filippo D’Amico, è del 1970 e nel cast, insieme ad Alberto Sordi, troviamo
anche il grande calciatore Omar Sivori e Tina Lattanzi che, se non lo sapete, è
stata la “doppiatrice” di Marlene Dietrich, della Greta Garbo e della Joan
Crawford. La fama del paese, dunque, restò legata a quel filo, perché in Italia
la fama la creano il cinema e la televisione. Lo dimostra il fatto che se siete
un cretino qualsiasi rimarrete tale per tutta la vita, ma se siete un cretino
qualsiasi e la vostra cretinità viene fatta passare attraversi i tubi catodici
di mamma tivù, state pur certi che diventerete dei divi. Questa è la legge della
vita.
Chi, seguendo le gesta del presidente del Borgorosso avrà mai
pensato che quel paesino della Romagna aveva dato i natali a Leo Longanesi?
Credo proprio nessuno e pensare che anche il grande Leo ha
avuto il suo quarto d’ora di celebrità per la faccenda del “cane a sei zampe”
che reclamizza l’Eni. Si fece, infatti, il nome di Leo Longanesi ma sembra che
le cose non andarono così. Il “cane a sei zampe” che sputa fuoco sarebbe opera
di Luigi Broggini, che si aggiudicò
il concorso bandito dall’Eni nel 1952 ma che
non volle mai comparire. E quelle sei stramaledette zampe sottendono significati
filosofici perché, nella spiegazione ufficiale dell’Eni, starebbero a
significare la somma delle quattro ruote dell’automobile con le due gambe
dell’uomo, una operazione matematica sballatissima perché tutti ricordano che
fin dalla scuola media ci veniva insegnato che i termini delle addizioni
dovevano essere rigorosamente omogenei e che non si potevano sommare “mele” e
“pere” e così le sei zampe del cane sputafuoco è un clamoroso errore matematico
che in effetti ha partorito il mostro che reclamizza la benzina e che
raffigurerebbe una sorta di centauro moderno che si identificherebbe con la
simbiosi uomo-macchina.
Per il concorso (che prevedeva i bozzetti di due manifesti e
l’immagine di una colonnetta di benzina) venne messo in palio la somma di 10
milioni di lirazze, mica una bazzecola per quei tempi, e i bozzetti presentati
furono quattromila. La giuria, composta anche di artisti e di esperti della
comunicazione (ancora non si parlava di mass media) lavorò sodo e furono
necessarie quattordici sedute nell’ultima delle quali, tenuta a Merano nel
settembre del 1952, fu dichiarato vincente il “cane a sei zampe”. Risultava
essere uscito dalla fantasia di Giuseppe Guzzi ma alla fine venne fuori che in
realtà Guzzi era stato solamente il rifinitore perché l’idea era in realtà di un
grande artista che preferiva l’anonimato e allora cominciò a levitare la
leggenda metropolitana che dietro a quel marchio si celava in realtà il nome di
un grandissimo personaggio e fra i nomi emerse in particolare quello di Leo
Longanesi, che a quei tempi sputava tutto il suo intelligente fuoco proprio come
il cane della Eni.
Beh, devo dire che anch’io avevo dato credito alla leggenda
metropolitana e pensavo che il cane fosse opera di Leo. Peccato davvero. Ma Leo
resta un grande anche senza cane a sei zampe. Alcune sue massime dovrebbero
essere ricamate sul bavero di tanta gente. Sentite queste. Dopo aver definito
“giornalista” come quel tale che “sa spiegare al pubblico quel che egli stesso
non ha capito” passa alla definizione di giornalismo “Non è un’arte, è una
tecnica, un modo particolare di preparare il lettore alla sorpresa finale. Ogni
parola va scritta in funzione dell’ultima riga, per rendere soddisfatto il
lettore di aver perduto tempo a leggere l’articolo”.
Salacissimi anche i suoi commenti. Gordon Craig disse che “L’Italia non avrà mai
un teatro perché gli italiani, che recitano già per strada, sono incapaci di
recitare sul palcoscenico”. E Leo aggiunse “qualcosa di simile accade nei
confronti del Parlamento”.
Grandissimo Leo, che sicuramente non riceverà i tributi che si merita perché
qualcuno non ha dimenticato il suo passato di fascista. Ma Leo dimostra che
l’intelligenza non ha quartiere e che può sbocciare ovunque. E poi Leo, a
differenza di molti intellettuali o presunti tali, aveva il coraggio di dire
sempre quello che pensava e passava tutti col filo della sua ironica spada. E
dava frecciate roventi.
Diceva Leo “l’espressione ‘il popolo sovrano’ racchiude il
rimpianto della monarchia”. Gli italiani sono poco amanti del lavoro? E’ logico,
naturale. Una repubblica fondata sul lavoro, infatti, diceva Leo, non ambisce
che al riposo. Leo la sapeva proprio lunga.
Franco Gàbici.
Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della
cognizione di
Franco Gàbici
Basta una e-mail a ed@simonel.com per
riceverlo comodamente a casa contrassegno...e ora anche in
versione
SeBook, SimonellielectronicBook, l'Economica
On Line
Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
© Copyright
Simonelli Editore
Vietato copiare o linkare senza autorizzazione
You may nor reproduce or create a link to this WebPage
without our prior permission.
|