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C'è una supernova tricolore
L'ha appena scoperta Stefano Moretti
nella galassia
NGC 6946 che dista da noi dieci milioni di anni luce... pensate la supernova è
esplosa dieci milioni di anni fa...
Si chiama “SN 2004 ET” ed è una
supernova, come si dice, fresca di giornata, scoperta pochi giorni fa da un
astrofilo romagnolo (è di Forlì) associato alla Associazione astrofili ravennati
Rheita (Arar). La notizia ha fatto il giro del mondo e anche se non è da premio
Nobel è pur sempre una notizia di fronte alla quale occorre cavarsi il cappello.
Lo scopritore, per la cronaca, si chiama Stefano Moretti, ha 39 anni e da più di
dieci anni stava dando la caccia ad un oggetto di questo genere, così, per la
sola soddisfazione di scrivere il suo nome nel grande libro dell’astronomia. Per
la sua scoperta ha utilizzato il telescopio dell’Arar, che ha sede a Bastia
(l’osservatorio è dedicato a “Don Dino Guerrino Molesi”, un sacerdote storico e
astrofilo), una località a circa 25 Km da Ravenna e in tutti questi ultimi anni
di caccia si è “sparato” qualcosa come 15 mila osservazioni della volta celeste.
La notte della scoperta era illuminata da una Luna in fase di plenilunio e la
sera non era per nulla adatta all’osservazione, ma Stefano Moretti ha puntato il
telescopio sulla galassia NGC 6946 e ha notato, facendo il confronto con
fotografie precedenti, che c’era un puntolino nuovo. Immediatamente è partita
una telefonata all’osservatorio di Asiago e qui i professori Ulisse Munari e
Tomaz Zwitter hanno dato la conferma che quell’oggetto in effetti era proprio
una “supernova”.
Ora, detta così, sembrerebbe una notizia di poco conto, ma se ci si riflette un
po’ sopra allora si scopre che la notizia ha dell’eccezionale. Questa supernova,
infatti, è stata scoperta in una galassia che dista da noi 10 milioni di anni
luce e già questo è un dato sconvolgente perché significa che la “supernova” è
esplosa non adesso, ma 10 milioni di anni fa, quando ancora non c’erano né
Berlusconi né Fassino né buona parte della combriccola dei nostri politici (per
Andreotti, invece, devo verificare). Il telescopio, dunque, ha catturato un
evento lontanissimo nel tempo e che solamente oggi è entrato in contatto con
noi, a dimostrazione di quanto grande sia il nostro universo, un dato
sicuramente confortante perché vuol dire che sarà sempre in grado di contenere
tutte le idiozie nostre e delle generazioni che verranno. E c’è da stare allegri
perché il mercato delle idiozie sembra essere in attivo anche se, devo dire,
bisogna sempre e comunque distinguere. Pensate che da una decina d’anni un
apposito comitato si diverte ad assegnare, in margine al prestigioso Premio
Nobel, un premio “ignobel” per le cose apparentemente senza senso e quest’anno,
mentre il Nobel è andato a tre fisici americani per i loro studi sulle forze che
tengono insieme i quark, il premio “ignobel” è andato ad altri due scienziati
che hanno presentato uno studio sulla fisica dell’hula-hop, ricordate?, quel
cerchione di plastica colorata che andava di moda all’inizio degli anni Sessanta
e che tutti noi ci siamo messi in casa e ci siamo divertiti a farlo ruotare
attorno ai nostri lombi fino il giorno in cui qualcuno lo mise al bando per via
che, a suo dire (e magari avrà avuto anche ragione), tutti quei contorcimenti
avrebbero sconquassato la spina dorsale.
Eppure c’è una fisica della hula-hop così come c’è una fisica dello yo-yo.
Insomma la fisica entra proprio dappertutto e di questo ce ne accorgeremo tutti
il prossimo anno, perché il 2005 è stato proclamato “anno della fisica”.
Ma torniamo al Nobel della fisica di quest’anno perché c’è una curiosa
coincidenza. Quest’anno, come ricorderete, si è celebrata in tutto il mondo la
mitica giornata di Bloom, il personaggio dell’Ulisse di Joyce e il termine
“quark” è stato preso dalla joyciana “Finnegan’s Wake”. Il fisico Murray
Gell-Man non sapeva come battezzare questo nuove particelle e, chissà perché, si
è ricordato di una misteriosa frase, “Three quarks for Muster Mark”, della
famosa “Finnegan’s”, una frase che non si sa bene cosa intenda significare e che
in qualche modo fa riflettere sulle difficoltà della fisica. Fisica e
letteratura, dunque, si danno la mano e Percy Snow sicuramente sarà soddisfatto.
Franco Gàbici.
Percy Snow scrisse alla fine degli anni Cinquanta il pamphlet “Le due culture”,
che fu tradotto e lanciato in Italia da Ludovico Geymonat. E’ un saggetto di
poche pagine che deve essere assolutamente letto.
Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della
cognizione di
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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