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di memoria, cultura e molto altro...

 

Rubrica ad aggiornamento settimanale

Ravenna,
8 ottobre 2004

 

 

 

 

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C'è una supernova tricolore
L'ha appena scoperta Stefano Moretti nella galassia NGC 6946 che dista da noi dieci milioni di anni luce... pensate la supernova è esplosa dieci milioni di anni fa...

Si chiama “SN 2004 ET” ed è una supernova, come si dice, fresca di giornata, scoperta pochi giorni fa da un astrofilo romagnolo (è di Forlì) associato alla Associazione astrofili ravennati Rheita (Arar). La notizia ha fatto il giro del mondo e anche se non è da premio Nobel è pur sempre una notizia di fronte alla quale occorre cavarsi il cappello. Lo scopritore, per la cronaca, si chiama Stefano Moretti, ha 39 anni e da più di dieci anni stava dando la caccia ad un oggetto di questo genere, così, per la sola soddisfazione di scrivere il suo nome nel grande libro dell’astronomia. Per la sua scoperta ha utilizzato il telescopio dell’Arar, che ha sede a Bastia (l’osservatorio è dedicato a “Don Dino Guerrino Molesi”, un sacerdote storico e astrofilo), una località a circa 25 Km da Ravenna e in tutti questi ultimi anni di caccia si è “sparato” qualcosa come 15 mila osservazioni della volta celeste.
La notte della scoperta era illuminata da una Luna in fase di plenilunio e la sera non era per nulla adatta all’osservazione, ma Stefano Moretti ha puntato il telescopio sulla galassia NGC 6946 e ha notato, facendo il confronto con fotografie precedenti, che c’era un puntolino nuovo. Immediatamente è partita una telefonata all’osservatorio di Asiago e qui i professori Ulisse Munari e Tomaz Zwitter hanno dato la conferma che quell’oggetto in effetti era proprio una “supernova”.
Ora, detta così, sembrerebbe una notizia di poco conto, ma se ci si riflette un po’ sopra allora si scopre che la notizia ha dell’eccezionale. Questa supernova, infatti, è stata scoperta in una galassia che dista da noi 10 milioni di anni luce e già questo è un dato sconvolgente perché significa che la “supernova” è esplosa non adesso, ma 10 milioni di anni fa, quando ancora non c’erano né Berlusconi né Fassino né buona parte della combriccola dei nostri politici (per Andreotti, invece, devo verificare). Il telescopio, dunque, ha catturato un evento lontanissimo nel tempo e che solamente oggi è entrato in contatto con noi, a dimostrazione di quanto grande sia il nostro universo, un dato sicuramente confortante perché vuol dire che sarà sempre in grado di contenere tutte le idiozie nostre e delle generazioni che verranno. E c’è da stare allegri perché il mercato delle idiozie sembra essere in attivo anche se, devo dire, bisogna sempre e comunque distinguere. Pensate che da una decina d’anni un apposito comitato si diverte ad assegnare, in margine al prestigioso Premio Nobel, un premio “ignobel” per le cose apparentemente senza senso e quest’anno, mentre il Nobel è andato a tre fisici americani per i loro studi sulle forze che tengono insieme i quark, il premio “ignobel” è andato ad altri due scienziati che hanno presentato uno studio sulla fisica dell’hula-hop, ricordate?, quel cerchione di plastica colorata che andava di moda all’inizio degli anni Sessanta e che tutti noi ci siamo messi in casa e ci siamo divertiti a farlo ruotare attorno ai nostri lombi fino il giorno in cui qualcuno lo mise al bando per via che, a suo dire (e magari avrà avuto anche ragione), tutti quei contorcimenti avrebbero sconquassato la spina dorsale.
Eppure c’è una fisica della hula-hop così come c’è una fisica dello yo-yo. Insomma la fisica entra proprio dappertutto e di questo ce ne accorgeremo tutti il prossimo anno, perché il 2005 è stato proclamato “anno della fisica”.
Ma torniamo al Nobel della fisica di quest’anno perché c’è una curiosa coincidenza. Quest’anno, come ricorderete, si è celebrata in tutto il mondo la mitica giornata di Bloom, il personaggio dell’Ulisse di Joyce e il termine “quark” è stato preso dalla joyciana “Finnegan’s Wake”. Il fisico Murray Gell-Man non sapeva come battezzare questo nuove particelle e, chissà perché, si è ricordato di una misteriosa frase, “Three quarks for Muster Mark”, della famosa “Finnegan’s”, una frase che non si sa bene cosa intenda significare e che in qualche modo fa riflettere sulle difficoltà della fisica. Fisica e letteratura, dunque, si danno la mano e Percy Snow sicuramente sarà soddisfatto.

Franco Gàbici.

Percy Snow scrisse alla fine degli anni Cinquanta il pamphlet “Le due culture”, che fu tradotto e lanciato in Italia da Ludovico Geymonat. E’ un saggetto di poche pagine che deve essere assolutamente letto.


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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