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E' severamente vietato di fumare...
Dalla vigilia di capodanno entrerà in vigore la
legge che vieta le sigarette nei locali pubblici ma fatta la legge...
Dunque, se ho ben capito, quest'anno
i cenoni di capodanno non potranno essere incensati a suon di sigarette, sigari
e pipe perché proprio alla vigilia delle feste più sbracate dell'anno entrerà in
vigore la legge che vieta il fumo nei pubblici locali, ma siccome oltre ad
essere un popolo di eroi, santi e navigatori siamo anche il popolo delle
"proroghe", già l'altra sera il Ministro della Sanità ha fatto capire che molto
probabilmente si lasceranno in pace i gaudenti fumatori, ma dall'inizio
dell'anno la legge sul divieto del fumo sarà fatta rispettare eccome, anche se
sappiamo benissimo come andrà a finire.
Per la prima settimana di gennaio multeranno a tutto vapore, ci sarà la caccia
forsennata alla sigaretta "pubblica", ci saranno discussioni a non finire poi
tutto tornerà come prima.
Siamo fatti così. I divieti proprio mal li sopportiamo. E poi, non so se avete
mai fatto caso ai cartelli che vietano ne esistono di due tipi, quelli con il
semplice "vietato" e quelli invece dove il "vietato" è preceduto dall'avverbio
"severamente" il che, tradotto in soldoni, vuol dire che chi fa le leggi
imponendo un semplice divieto sa già in partenza che troverà uno sparuto stuolo
di seguaci. E così, sperando in qualche effetto positivo, si aggiunge il
"severamente". Un avverbio che, a ben pensarci, fa proprio ridere.
Ho smesso di fumare (sissignori, fumavo anch'io) il 20 agosto del 1980 e
pertanto il prossimo anno festeggerò i venticinque anni di astinenza dal fumo e
devo dire che si sta benissimo anche senza sigarette anche se di tanto in tanto
mi assale una voglia malandrina perché in fondo fumare era bello e forse lo era
di più quando si fumava di nascosto, la prima sigaretta me la fumai nel bagno
del mio compagno di scuola Fulvio (allora si frequentava la terza media) con
dentro al cuore quantità incommensurabili di sensi colpa che tuttavia tentammo
di far sparire riempiendoci la bocca delle provvidenziali caramelle di menta per
cacciare l'acre sapore del fumo. Poi mi capitò la ventura di frequentare il
liceo scientifico che a quei tempi (era l'ottobre del 1957!) consentiva di
fumare a tutti durante l'intervallo e poi, dài, in fondo era bello estrarre
dalla tasca il pacchettino di sigarette e accenderne una, mica col fiammifero,
ma con l'accendino che, come oggi l'automobile, conferiva lo "status symbol" al
suo proprietario e così, ad esempio, chi aveva il "Ronson" (che pareva un
transatlantico in miniatura) era "in" e anche chi usava il "Colibrì" non era da
meno, mentre chi usava solo fiammiferi, distinti in cerini o Minerva,
apparteneva alla gleba, anche se di lì a poco, vedi il mondo com'è combinato, la
"bustina dei Minerva" sarebbe stata rivalutata niente meno che da Umberto Eco
(che, come ricorderete, non riesco proprio a leggere).
Ai bei tempi del liceo la sigaretta non solo era tollerata, ma era pure
reclamizzata tant'è che in tutte le riviste si trovava la pubblicità,
soprattutto per quelle americane che facevano atmosfera. Poi venne il
terrificante rapporto Terry e i fumatori a poco a poco furono ghettizzati sempre
più dagli igienisti che rivendicavano (a ragione, devo dire) la loro spettanza
di aria pulita. Ma siccome a questo mondo si può dire tutto e il contrario di
tutto ricordo che nel giugno del 1983 uscì in Italia un libro dal titolo "Il
fumo vi fa bene" (Rizzoli Editore) dove ci stavano dei concetti assolutamente
condivisibili, come questa considerazione che evidentemente non ha mai fatto
nessuno "Se - scrive l'autore, tal William T. Whitby, un medico australiano -
tutti i miliardi di dollari spesi nella grande battaglia contro il fumo fossero
stati stanziati per la ricerca, forse oggi avremmo una cura per il cancro. I
responsabili di questa grossa mistificazione - conclude il medico australiano -
devono essere puniti sarebbe un crimine ancor più grave se ciò non accadesse".
Nel libro si ricordava anche Giacomo I d'Inghilterra, talmente contrario al fumo
da scrivere una violenta invettiva contro i mali causati dal tabacco. I Gesuiti,
però, gli risposero che erano tutte balle e che fumare era cosa buona per il
corpo e anche per l'anima. E tanto per restare in ambito religioso Moorhouse,
vescovo di Manchester, così parlò "Fumo, e mentre fumo sono un cristiano
migliore".
Anche i laici, si capisce, vollero dire la loro.
Moliére ammonì "Un uomo che viva senza tabacco non merita di vivere".
Non mancano le situazioni da Guinness, come questa notizia apparsa su una
rivista medica nel 1977 presso i Semai, popolazione della Malesia, i bambini
cominciano a fumare a due anni, subito dopo l'allattamento, e nessuno si è mai
ammalato.
Aveva ragione Whitby? Mah.
Però, adesso mi vien da pensare che letteratura sarebbe senza la sigaretta? Ve
lo immaginate, ad esempio, uno sveviano Zeno Cosini senza la sua ossessiva
"ultima sigaretta" (U.S.)? Mi viene in mente "fumo negli occhi", la magica
canzone dei Platters, Smoke get in your eyes. Gettare fumo negli occhi era una
dichiarazione d'amore. Adesso passi da maleducato e ti appioppano pure una bella
multa. Vallo a capire il mondo!
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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