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A
cena con Mario Luzi
Era
a Ravenna ospite d'onore di "Novecento, un secolo di poesia". Il 1914, l'anno
della sua nascita fu davvero un grande anno: nacque anche Giuseppe Berto...
Voi non ci crederete, ma sabato
sera ero a cena con un compagno di tavola d’eccezione. Sì, d’eccezione, perché
ne hanno parlato tutti i mass media, giornali e tivù, che hanno ricordato sia il
suo novantesimo compleanno sia la sua recente nomina da parte del presidente
Ciampi a “senatore a vita” che in qualche misura lo risarcisce del mancato Nobel
per la Letteratura, per il quale ogni anno si parla di una sua candidatura. Beh,
a questo punto avrete già capito di chi sto parlando. Di Mario Luzi, uno dei
poeti più grandi del nostro secolo sul quale, dal 1914 ad oggi, ha spalmato la
sua vita, le sue esperienze, il suo sentire.
Luzi era a Ravenna per festeggiare in anticipo il suo
compleanno, invitato come ospite d’onore di “Novecento, un secolo di poesia”,
uno spettacolo organizzato da “Ravenna Poesia”, un sodalizio culturale creato da
Maria Giovanna Maioli, che da anni lavora per diffondere il verbo della poesia e
in un mondo in cui la gente si rincretinisce a suon di Grandifratelli o di
Isoledeifamosi, credetemi, non è impresa per niente facile.
Ma Maria Giovanna continua a lavorare e a dar voce ai suoi
poeti, dei quali è amica e confidente, fin dai tempi dell’amicizia con Eugenio
Montale, che così si espresse nei suoi confronti: “Giovanna Maioli sa cogliere
come nessun altro l’intimo respiro di ogni composizione poetica”. E se non
conoscete Maria Giovanna, procuratevi il suo Cd “Harmonia mundi”, nel quale
troverete (cito i poeti in ordine rigorosamente alfabetico per non far torto a
nessuno) Bertolucci, Cardarelli, D’Annunzio, Gatto, Leopardi, Luzi, Montale,
Pascoli, Pozzi, Saba, Solmi, Ungaretti e Zanzotto.
Che emozione, ragazzi, cenare da “Scaì” spalla a spalla con un poeta, e che
poeta!, che Maria Giovanna ha voluto sistemarmi accanto anche se non ho voluto
tediarlo con le mie chiacchiere se non altro perché pochi minuti prima aveva
rifiutato cortesemente, come è nel suo stile, una intervista di Rai 3 perché era
molto stanco e poi sapeva che il giorno dopo lo avrebbe atteso un’altra giornata
pesante.
Pensavo che il 1914 è una annata buona, come si dice dei
vini, perché pochi mesi prima avevamo festeggiato un altro novantenne, don
Francesco Fuschini, del quale ho parlato alcune “Bollicine fa” e poi, se proprio
lo volete sapere, anche mia mamma Ines ha compiuto proprio quest’anno i suoi
novant’anni e ancora nel 1914 nacque un personaggio a me molto caro ma che
purtroppo non è più, intendo dire il carissimo Giuseppe Berto del quale proprio
quest’anno non solo ricorre il novantesimo della nascita ma anche i quarant’anni
del suo Male oscuro, un libro che in un a settimana si aggiudicò il Campiello e
il Viareggio lasciando di stucco i suoi critici e detrattori che “obtorto collo”
dovettero riconoscergli che aveva scritto un libro veramente innovativo e che
era riuscito comunque ad affermarsi nonostante non appartenesse al clan di
Moravia e di tutti i sinistrorsi, che gli fecero sempre guerra non perdonandogli
di aver abbandonato i temi sociali (quelli, tanto per dire, che aveva trattato
ne “Il cielo è rosso” e ne “Il brigante” tanto per citare due titoli).
E mi fa piacere sapere che quest’altr’anno, nel febbraio del
2005, il Consolato generale d’Italia e l’Istituto di cultura di Los Angeles
organizzeranno una rassegna dedicata allo scrittore, molto conosciuto negli
States, dove il “Male oscuro” fu tradotto col titolo “Incubus” (lo sapete,
invece, che Berto aveva intitolato il suo romanzo “Ambivalenza”?) e proporranno
anche una rassegna dei film tratti dai suoi romanzi, quasi tutti di grande
successo e di “cassetta”, dei quali ricordo soprattutto “Anonimo veneziano” che
a suo tempo fece fare gli straordinari alle mie glandole lacrimali e poi “La
cosa buffa” con Gianni Morandi (quello sì che era buffo) e la Ottavia Piccolo e
poi “Oh Serafina!” e via via fino a “Il male oscuro” che credo abbiano visto in
pochissimi perché, nonostante la regia di Mario Monicelli, il film si regge
solamente sulla interpretazione di Giancarlo Giannini e poi, cari miei, nel film
c’è un errore clamoroso degli sceneggiatori. Una inquadratura, infatti, mostra
un primo piano della macchina da scrivere che ha un foglio inserito sul quale
sta scritto l’incipit del “Male oscuro”, quando invece i bertiani sanno che il
capolavoro al quale sta lavorando il protagonista e del quale chiacchiera
continuamente come una fissazione nel corso del suo romanzo autobiografico (i
famosi tre capitoli limati oltre i quali non riesce ad andare) è “La cosa
buffa”.
Completerà le manifestazioni una mostra del pittore Sandro Sanna ispirata ai
luoghi e agli scritti di Giuseppe Berto.
Sono partito da Mario Luzi e sono arrivato a Giuseppe Berto.
Le strade delle “Bollicine sono veramente imprevedibili.
Franco Gàbici.
“Harmonia Mundi” è edito da “Tocadisco’s sas”, Via del Verrocchio 4, 40138
Bologna.
E-mail: info@parametrimusicali.com.
Vi consiglio anche di visitare il sito www.ravennapoesia.it.
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cognizione di
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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